Senso
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Regia: | Visconti Luchino |
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Cast e credits: |
Soggetto: tratto dal racconto omonimo di Camillo Boito; sceneggiatura: Luchino Visconti, Suso Cecchi D'Amico, Giorgio Bassani, Giorgio Prosperi, Carlo Alianello; fotografia: Aldo Graziati, Robert Krasker; montaggio: Mario Serandrei; musiche: da "Sinfonia N° 7 in Mi maggiore" di Anton Bruckner; scenografia: Ottavio Scotti; costumi: Piero Tosi, Marcel Escoffier; interpreti: Alida Valli (contessa Livia Serpieri), Farley Granger (tenente Franz Mahler), Heinz Moog (Conte Serpieri), Massimo Girotti (marchese Roberto Ussoni), Cristoforo De Hartungen (generale Hauptmann), Rina Morelli (Laura, la governante), Christian Marquand (un ufficiale boemo), Marcella Mariani (Clara, la prostituta), Sergio Fantoni (Luca, un patriota), Tonio Selwart (colonello Kleist), Goliarda Sapienza (una patriota), Tino Bianchi (capitano Meucci); produzione: Renato Gualino per Lux Film; distribuzione: Istituto Luce; origine: Italia, 1954; durata: 120'. |
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Trama: | Venezia, 1866. La nobildonna Livia Serpieri si innamora del tenente austriaco Franz Mahler e, pur sposata, intreccia una relazione clandestina. La donna finisce con il cedere alle insistenti richieste di denaro da parte di Franz arrivando a consegnargli i soldi necessari all'insurrezione che il cugino Roberto Ussoni, un patriota, le aveva consegnato affinchè li custodisse. Livia spera che in questo modo Franz possa corrompere i medici per farsi esonerare dal servizio militare, ma dopo aver scoperto che quei soldi, in realtà, gli sono serviti per divertirsi alle sue spalle, si vendica denunciandolo come disertore. |
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Critica (1): | La preparazione del film fu un lavoro lungo e travagliato, accurato e complesso. Una prima sceneggiatura, alla quale fu chiamato a collaborare anche Bassani, venne messa a punto nell’aprile del 1953. Oltre a Senso, portava come significativi titoli provvisori I vinti, Custoza, e Uragano d’estate, che sarà il titolo della seconda. Dall’una all’altra, ragioni produttive e la prudente opportunità di prevenire gli strazi censori del potere politico-militare, indussero gli sceneggiatori a ridimensionare il peso dell’interpretazione critica del Risorgimento. Ulteriori mutazioni intervennero con la collaborazione ai dialoghi di Tennessee Williams e Paul Bowles il cui apporto si fece sentire particolarmente nei duetti dei due protagonisti e nella loro definizione psicologica.
Questa serie di interventi stratificati ampliarono e modificarono sensibilmente il testo di partenza, accolto da Visconti come libretto d’opera su cui orchestrare una grande partitura audiovisiva. La novella di Boito, «scartafaccio segreto della contessa Livia», narrata in prima persona, ha la forma intimista del diario, in cui la protagonista racconta la storia della sua passione per un giovane ufficiale austriaco. Non negando il testo di partenza, anzi assorbendo e facendo fruttificare le suggestioni e gli spunti che contiene, la novella di Boito viene dilatata ad accogliere il quadro storico-sociale del 1866 nel quale fermenta la passione amorosa. I personaggi vedono mutato il loro peso relativo. La contessa Livia Serpieri cessa di essere protagonista assoluta. La vicenda non è più tutta filtrata dalla sua coscienza e memoria, ma c’è una dialettica tra il suo vissuto (che resiste nella voce fuori campo) e la dimensione intersoggettiva della storia. Cambiati i rappori muta la natura dei personaggi. Il polo accentratore non è più il compiaciuto e perverso gioco narcisistico di Livia ma la lotta dei narcisismi che costringe la donna al tradimento della propria ideologia sotto l’impulso irrefrenabile della passione. Cinico vile e abietto come Remigio Ruz, Franz Mahler, un po’ uomo e un po’ fanciullo, non è più solo una figura della memoria di Livia ma vita autonoma dotata di un’incredibile consapevolezza degli eventi che lo circondano. A lui si assegna il compito di dire la verità sulla guerra: «Cos’è la guerra in definitiva se non un comodo metodo per obbligare gli uomini a pensare e ad agire nel modo più conveniente a chi li comanda?».(...)
In un’intervista Visconti rivelò che il film avrebbe dovuto chiamarsi Custoza e concludersi sulle lacrime di un soldatino austriaco, un contadino (uno dei tanti costretti – come dice Franz – a «uccidersi per dei fatti che non li riguardano») che, ubriaco, canta e piangendo grida «Viva l’Austria!». La scena fu tagliata e Visconti girò un altro finale.
Luciano De Giusti, I film di Luchino Visconti, Gremese, 1985 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Luchino Visconti |
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