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Vita invisibile di Eurídice Gusmão (La) - Vida invisível de Eurídice Gusmão (A)


Regia:Aïnouz Karim

Cast e credits:
Soggetto: dal libro di Martha Batalha; sceneggiatura: Murilo Hauser; fotografia: Hélène Louvart; musiche: Guilherme Garbato; montaggio: Heike Parplies; scenografia: Rodrigo Martirena; suono: Waldir Xavier, Björn Wiese; interpreti: Fernanda Montenegro (Eurídice Gusmão), Carol Duarte (Eurídice giovane), Julia Stockler (Guida Gusmão), Gregório Duvivier (Antenor), Bárbara Santos (Filomena), Maria Manoella (Zélia), Nikolas Antunes (Yorgus), Fernanda Montenegro; produzione: Rt Features, Pola Pandora, Sony Pictures, Canal Brasil; distribuzione: Officine Ubu; origine: Germania-Brasile, 2019; durata: 139’.

Trama:Rio de Janeiro, 1950. Eurídice e Guida sono due sorelle inseparabili che vivono con i loro genitori dagli ideali conservatori. Immerse in una vita tradizionale, nutrono entrambe dei sogni: Eurídice vuole diventare una rinomata pianista, mentre Guida è in cerca del vero amore. Le loro scelte porteranno alla drastica decisione del padre di separarle. Le due sorelle prenderanno due strade diverse senza mai perdere la speranza di potersi ritrovare.

Critica (1):A guardare l’uso dei colori nei costumi e il modo in cui Karim Ainouz fa parlare le architetture si direbbe che A vida invisivel de Euridice Gusmao sia un omaggio a Douglas Sirk. Lo è sicuramente, nella misura in cui il film si confronta in generale con il melodramma familiare, anche attraverso il filtro di Pedro Almodòvar, giocando con un tono personale più composto e malinconico.
Tratto dal romanzo omonimo di Martha Batalha, caso letterario in Brasile negli ultimi anni, racconta la vita di due sorelle affezionatissime costrette a separarsi dal bigottismo del padre quando una delle due decide di partire per amore e torna sola e incinta. La sceneggiatura del regista con Murilo Hauser e Inés Bortagaray segue le due vite, quella movimentata e turbolenta di Guida e quella, appunto invisibile, della Euridice del titolo legandole con il filo sottile dell’affetto e del rapporto delle donne con i propri diritti.
Ambientato negli Anni ’50 fino ai giorni nostri, nei quali la presidenza Bolsonaro ha riaffermato le posizioni tradizionaliste e maschiliste della cultura brasiliana, il film di Ainouz deduce la propria prospettiva politica e le proprie posizioni dal racconto, dalla gioia del gesto della narrazione – nel film esemplificata dalle lettere che Guida scrive alla sorella e che fanno da filo rosso –, dalla cura nella ricerca estetica che sottolinea il lavoro sui personaggi, due complesse figure femminili che si confrontano con il tempo più che con la storia, con la psiche e con il corpo più che con l’ideologia.
Proprio come un Almodòvar meno esplosivo e più trattenuto, Ainouz costruisce il crescendo emotivo con calma e perizia, arrivando a commuovere lo spettatore in modo naturale e nel frattempo mostrando intelligenza nell’adattare allo sguardo e al cinema lo spirito letterario del racconto. E scovando il talento e il carisma di Julia Stockler, il cui sguardo e volto promette la potenza fiera e vitalmente sensuale di una Penelope Cruz degli esordi.
Emanuele Rauco, cinematografo.it

Critica (2):Diretto da Karim Aïnouz e sceneggiato da Murilo Hauser (con il supporto di Aïnouz e di Inés Bortagaray), La vita invisibile di Euridice Gusmão racconta la storia di Euridice, una giovane di diciotto anni, e di Guida, una ventenne, che nella Rio de Janeiro del 1950 sono due sorelle inseparabili. Le due vivono con i genitori e sognano un futuro roseo: una desidera una carriera di pianista mentre l'altra agogna un grande amore. A causa del padre, le sorelle saranno presto costrette a costruire le loro esistenze separate. Divise, si prenderanno cura del loro destino ma non rinunceranno mai all'idea di ritrovarsi un giorno.
Con la direzione della fotografia di Hélène Louvart, le scenografie di Rodrigo Martirena, i costumi di Marina Franco e le musiche di Benedikt Schiefer, La vita invisibile di Euridice Gusmão è stato così presentato dal regista in occasione della partecipazione al Festival di Cannes 2019 nella sezione Un certain régard: "La vita invisibile di Euridice Gusmão si ispira all'omonimo romanzo di Martha Batalha, pubblicato nel 2015. Si tratta di un libro che mi ha profondamente commosso quando l'ho letto, poco dopo la perdita di mia madre. Mi ha riportato alla mente alcuni dei più bei ricordi della mia stessa vita. Sono cresciuto nel nord est brasiliano degli anni Sessanta, una regione particolarmente conservatrice, negli anni Sessanta in una famiglia composta per lo più da donne, una sorta di anomalia in un contesto molto maschilista. Gli uomini della mia famiglia erano spesso partiti o assenti. In mezzo a una cultura profondamente misogina, sono stata molto fortunato a crescere in una famiglia in cui le donne erano al centro e gestivano tutto".
"Ciò che mi ha spinto ad adattare il lavoro della Batalha – ha proseguito il regista – è stato il desiderio di rendere visibili le tante vite invisibili del Brasile, vite come quelle di mia madre, di mia nonna, delle mie zie e di tante altre donne di quel tempo. Le loro vicende non sono state abbastanza raccontate dalla letteratura, dalla Storia o dal cinema. Qual'è stata la reazione di una donna degli anni Cinquanta quando ha avuto il suo primo rapporto sessuale con suo marito? Com'è si faceva a non rimanere incinta prima che arrivassero i metodi contraccettivi? Come avrebbe potuto una madre single crescere un figlio in un ambiente che l'avrebbe esclusa da ogni cosa? Non è possibile prendere queste domande alla leggera. Il romanzo ha avuto un successo incredibile perché si è avvicinato alle varie questioni con delicatezza e in maniera intima. Mio compito era quello di trovare la giusta chiave di lettura. La vita invisibile di Euridice Gusmão è un melodramma a tutti gli effetti, anche se oggi la nozione di melodramma è stata banalizzata dalle telenovelas, genere televisivo che quotidianamente è visto da milioni di spettatori in tutto il mondo. Volevo con il mio film rendere omaggio al melodramma e usare la sua estetica per disegnare una critica sociale della nostra epoca: volevo mettere in scena una storia in grado di far luce su un capitolo invisibile della storia delle donne".
"Ero determinato a raccontare una storia di solidarietà", ha concluso Aïnouz. "La mia è una storia che sottolinea quanto le donne siano più forti insieme invece che isolate, indipendentemente dalle loro differenze. Ho immaginato il film pieno di colori saturi e girato con la telecamera attaccata alle protagoniste, per restituirne vibrazione ed energia. Ne è venuto fuori un'opera intrisa si sensualità, musica, dramma, lacrime, sudore e mascara, ma anche di crudeltà, violenza e sesso... un lungometraggio che non ha mai paura di risultare sentimentale o eccessivo e il cui cuore batte all'unisono con quello delle mie due amate protagoniste, Guida ed Euridice".
Filmtv.it

Critica (3):

Critica (4):
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