Nice Time - Nice Time
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Regia: | Tanner Alain, Goretta Claude |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Alain Tanner, Claude Goretta; fotografia: John Fletcher; musica: Chas, McDevitt Sniffle Group, Pete Timlett, Susan Baker, Nancy Whiskey; produzione: British Film Institut-Experimental Fund; origine: Gran Bretagna, 1956-57; durata: 19’. |
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Trama: | Filmata in 16mm, quest’opera mostra la vita notturna del quartiere di Piccadilly. |
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Critica (1): | Il primo film di Tanner, dal titolo Nice Time, girato assieme a Goretta nel 1956/57 e premiato a Venezia nella sezione «film sperimentale». I fili diversi e di diversa provenienza penetrati, sino a quel momento, nel tessuto esistenziale e culturale di Tanner, finiscono per annodarsi strettamente entro questo primo tentativo (anche se è forse il caso di sottolineare che si tratta di un film a quattro mani, dove gli apporti dell’uno e dell’altro autore risultano difficilmente isolabili): le suggestioni delle avanguardie storiche si consumano tanto nella struttura complessiva della storia quanto nell’idea di montaggio; la sensibilità di sguardo del Free Cinema porta con sé l’attenzione alla strada e ai suoi abitanti, mentre, nell’insieme dell’operazione, gioca un peso rilevante la convinzione che sia necessario lavorare sulla commistione tra finzione e realtà per arrivare a «un punto di vista documentato».
Nice Time è un cortometraggio di 19 minuti, prodotto dall’Experimental Fund del B. F. I.; un livido e intenerito documentario sui divertimenti notturni e i comportamenti della gente a Piccadilly Circus, il cuore di Londra: una folla ritratta nello spazio d’una notte, nell’attesa per l’ora di inizio degli spettacoli, fra i suoni, le luci e i colorati richiami della pubblicità, gli incontri e gli addii, la ricerca dell’amore facile e le solitudini sotto le enormi insegne al neon, fino a quando tutti rientrano a casa, salvo qualche balordo e qualche puttana. Girato per venti sabato sera consecutivi, dopo l’uscita dal lavoro dei due registi, il film doveva restituire alo spettatore, come dice Tanner: «la Piccadilly notturna, vista da due stranieri». Punto di vista documentato, Nice Time non si regge sulla fiction, ma analizza, in montaggio spesso analogico, i diversi momenti e comportamenti, individuali e collettivi, della folla metropolitana del Sabato sera. Il tempo del film è idealmente quello compreso tra l’inizio dello spettacolo serale e l’alba: Nice Time si chiude infatti sugli ultimi ritardatari che ciondolano attorno al monumento centrale della piazza ormai vuota e la parola «fine» si sovrappone all’immagine della statuetta di Eros, in perfetta simmetria con il punto d’inizio del breve film. «Giravamo in continuità, dalle 22 alle 4 di mattina, quando anche l’ultima prostituta se n’era andata a casa», ricorda John Berger che, proprio in occasione dell’uscita del film (distribuito a completamento di programma con Dove volano le cicogne) incontrò per la prima volta il regista di cui sarebbe diventato, in futuro, lo sceneggiatore prediletto. Perfettamente circolare, Nice Time si apre con un’inquadratura della stessa statuetta che ritroveremo nell’immagine finale e con una rapidissima panoramica a scendere che scopre il primo personaggio notturno tra la folla. Completano la simmetria del film due camera-car, all’inizio e alla fine, che si rispondono tra loro e percorrono l’affollamento scomposto della gente seduta sui gradini del monumento, mentre l’immagine brulica di folla, di luci, di neon, di riflessi bagnati. È certo che gran parte del fascino di questo breve ritratto notturno (che ebbe all’epoca un notevolissimo successo di pubblicoi) sta proprio nella qualità un po’ sgranata dell’immagine, in qualche sbalzo di luminosità, in quel contrasto tra buio profondo della notte e luci sin troppo cariche che si rincorrono come stelle nell’inquadratura. Decalogo affettuoso e malinconico di comportamenti, tutt’altro che risolvibili nella formula «documentario sul cuore marcio della metropoli» utilizzata (per successive adozioni) da numerosi critici, Nice Time è, prima di tutto, la dichiarazione d’amore di due stranieri per un paesaggio sociale e umano completamente estraneo alla loro esperienza. Paesaggio abbrutito, fatto di solitudini, ma certo affascinante, colto «con rabbia» e passione nella sua componente poco ortodossa, di implicita rivolta. La notte, la folla: due nozioni inquietanti. La notte abitata dalla folla: due inquietudini sommate per far rivivere allo sguardo l’inarrestabile mutazione sociale e ambientale rivelata dallo spazio metropolitano. Piccadilly Circus, in Nice Time, funziona come nodo di scambio, centro del mondo, punto di irradiazione di quella civiltà dello spettacolo che, proprio negli anni ‘50, comincia a svelare il suo volto di massa, la propria tendenza irreversibile a mutare ogni cosa nella sua pallida o rutilante riproduzione. La concezione generale del film è sicuramente in debito con le modalità espressive dell’avanguardia storica, in particolare quando cerca di stabilire relazioni di attrazione e analogia tra oggetti e movimenti fra loro distanti o quando accentra la propria ricerca figurativa attorno all’immaginario di massa, privato di ogni «aura» e di ogni vocazione all’unicità. Nice Time guarda a Berlino: sinfonia di una grande città di Walter Ruttmann, almeno per quanto riguarda la scelta di mostrare la città in una parentesi temporale che colga il passaggio dall’animazione allo svuotamento, mentre i tempi di ripresa si accorciano o allungano per accompagnare la descrizione. Piccadilly Circus si rivela un contenitore perfetto: è così possibile, dal pieno della realtà colta sul vivo – e attraverso successive manipolazioni – isolare entro quello spazio chiuso l’idea stessa del movimento urbano, l’idea stessa di metropoli. Né a Tanner né a Goretta interessa, infatti, pedinare la realtà, i volti persi nella folla, i borghesi in attesa di spettacolo, i marinai in cerca di ragazze facili. A Tanner e Goretta interessa piuttosto come e cosa guardano gli abitanti di queste notti londinesi e cosmopolite, cosa avvertono nell’aria, come si trasforma, di notte, tra la folla, la loro percezione del mondo. Nice Time è un documentario antropologico, cui interessa cogliere i segnali di mutazione della specie, capire che distanza esiste, ancora, tra le facce livide di neon dei ragazzi in sala giochi e i flipper o i juke-box su cui si accaniscono freneticamente assorti, silenziosi, bagnati dal suono e dalla luce artificiale. Questa fase di mutazione della specie – il cui fascino è registrato con struggente tenerezza in Nice Time – non può sopportare né commenti descrittivi in f.c., né dialoghi reali. «Punto di vista documentato», sulla vita urbana nell’epoca del divertimento di massa, il film è costruito attorno a una colonna sonora interamente musicale, tutta ritmata sulle atmosfere jazz, country, blues e rock. Complice la base musicale, i rituali collettivi del sabato sera risultano svelati dall’uso del montaggio analogico e ironico al tempo stesso.
Piera Detassis, Alain Tanner, Il Castoro cinema |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Claude Goretta |
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