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Barbablù Barbablù

Regia:Carpi Fabio
Cast e credits:
Sceneggiatura: F. Carpi; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: Alfredo Muschietti; interpreti: John Gielgud (Barbablu), Hector Altiero (Federico), Maria Laborit (Bella), Susannah York (Teresa), Niels Arestrup(Gastone), Angelika Maria Boeck (Angelika), Silvia Mocci (Eva), Enzo Cosimi (Rinaldo), Margarita Lozano (Adele); produzione: RAI Due / Beta Film / Pont Royal Film; distribuzione: DAK; origine: Italia, 1987 colore; durata: 110'.
Critica (1):Un bellissimo esempio di film europeo, una riprova del contributo che il talento cinematografico italiano può dare a un'industria continentale messa in grado di reggere la concorrenza americana e giapponese sul piano della qualità. Tutto per merito di Fabio Carpi, un autore sempre vissuto in disparte (e ha motivo di vantarsene, vista la volgarità che comporta il successo), il quale per la sua ottava regia (in vent'anni, ma a pubblicare poesie cominciò nel '44) si é rifatto a un proprio documentario girato nel 1985: la lunga intervista a Cesare Musatti, patriarca degli psicanalisti italiani, che resta un'eccellente testimonianza umana e scientifica su quella singolare figura.
Passando dal vero alla fiction, Carpi ora immagina che, in una villa sul lago di Como, appunto un vegliardo della psicanalisi, battezzato affettuosamente "Barbablù" perché ha avuto cinque mogli, sentendosi prossimo alla fine abbia convocato i figli facendoli venire dalle più varie parti del mondo e nel contempo abbia accettato di concedere una lunga intervista a una troupe televisiva per lasciare ai posteri un lusinghiero ritratto di se stesso e della propria dottrina. Gli eredi riuniti in villa sono Teresa, un'attrice di teatro che non ha ancora avuto modo né di accasarsi né di fare carriera, un Federico, industriale l'articoli sanitari, con la moglie Bella la quale disprezza il suocero e gli altri parenti, uno scapestrato Gastone arrivato con la sua amichetta. In più ci sono i figli di Federico e di Bella, una coppia di fratello e sorella che sentono molta attrazione l'uno per l'altra, e un allievo fedele del luminare. Passano i giorni, il vecchio non muore (lo assiste l'ultima moglie, una devota contadina), anzi dà vivacissime risposte ai suoi intervistatori, e intanto noi entriamo sotto la pelle dei familiari. Scopriamo che Bella, una donna insoddisfatta e maligna, ha un amante lontano, che Teresa credendosi incinta tenta di farsi sposare dal discepolo di suo padre, che il figlio Gastone amoreggia con la serva di casa, che Federico si tormenta per l'ulcera e i rimorsi... Finché accade che il nipotino di "Barbablù", respinto dalla sorella, si uccide in motocicletta, e due camorristi vengono a prelevare Gastone. Rimasto solo con la nipotina, il patriarca si spegne serenamente: lascia l'esempio d'una vita insieme saggia ed egoista, d'un magistero scientifico al quale non s'é accompagnato il calore dell'affetto paterno. Più temuto che amato, "Barbablù" ha esortato a saper convivere col dolore, a reggere le delusioni del secolo e a esercitare l'indulgenza, ma non ha lasciato nessuna consolatoria certezza.
In compenso noi abbiamo conosciuto le nevrosi, le paure, i rancori, i capricci di tutti i convenuti, fissati ed espressi da Fabio Carpi con un'amarezza severa che rende il film nobilissimo. Mostrandosi di gran scuola nell'inventare le psicologie e i comportamenti, ricco come pochi di chiaroscuri, dotato come sempre di molta eleganza nella scrittura e nell'ambientazione (la scenografia é di Amedeo Fago, la fotografia di José Luis Alcaine), Carpi ha firmato uno dei suoi film maggiori. Da ammirare anche per come ha guidato interpreti autorevolissimi: il superbo John Gielgud nella parte del gentiluomo ultraottantenne, la gracile ma espressiva Susannah York in quella dell'attrice fallita, Maria Laborit nelle vesti acide di Bella. Carpi che dice d'avere scelto di rappresentare "le incrinature dell'anima" ancora una volta ha centrato il bersaglio. Pazienza se c'é chi preferisce vedere in Tv "Fantastico" o lo sceneggiato che pallidamente ricorda il libro del Manzoni. Ciascuno ha lo spettacolo che merita.
Giovanni Grazzini, Cinema '89 Laterza 1990
Critica (2):
Critica (3):
Critica (4):
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