Micki & Maude - Micki & Maude
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Regia: | Edwards Blake |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Jonathan Reynolds; fotografia: Harry Stradling; musica: Lee Holdridge; montaggio: Ralph E. Winters; scenografia: Jack Senter; costumi: Patricia Norris; suono: Jerry Jost; interpreti: Dudley Moore (Rob Salinger), Amy Irving (Maude Salinger), Amy Reinking (Micki Salinger), Richard Mullingan (Leo Brody), George Gaynes (dr. Eugene Giztski), Wallace Shawn (dr. Elliot Fibel), John Pleshette (Hap Ludlow), H. B. Haggerty (Barkhas Guillory), Lu Leonard (nurse Verbeck), Priscilla Pointer (Diana Hutchison), Robert Symonds (Ezra Hutchison), George Coe (governatore Lanford); produzione: Tony Adams, per Columbia Delphi III/B.E.E. production; distribuzione: CEIAD; durata: 117; origine: U.SA.,1984. |
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Trama: |
Un giornalista televisivo, trascurato dalla moglie avvocatessa in carriera, prende una sbandata per una violoncellista che resta incinta. Quando decide di divorziare scopre che anche la consorte attende un bebè.
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Critica (1): | Protagonista di quasi tutte le commedie di Blake Edwards è l'americano medio, senza problemi economici e di professione generalmente "liberal", sospeso tra due livelli di esperienza: quello del tran-tran quotidiano e quello dell'infrazione, per lo più di carattere sessuale. L'infatuazione del mediocre ometto di 10 per la bellissima Bo Derek, oppure il travestitismo sessuale di Victor Victoria ne sono validi esempi. In questo Micki & Maude ritroviamo il piccolo e buffo Dudley Moore nei panni dello svagato giornalista televisivo Rob Salinger, oppresso da una moglie che pensa solo alla carriera ed è poco disposta a dedicarsi alla famiglia, al punto da non volere bambini. Se la Micki di Ann Reinking appartiene al mondo della responsabilità e della realtà, la violoncellista Maude, impersonata da Amy Irving, che Salinger incontra casualmente durante un servizio su un quartetto d'archi cambogiano (sic), rappresenta, agli occhi del giornalista in crisi, il mondo dell'infrazione e della fantasia. E infatti, mentre nelle scene con la moglie Salinger è come costretto ad assumere un atteggiamento passivo, sulle difensive, sempre leggermente imbarazzato, nelle scene con la giovane Maude lo vediamo trasformato, assolutamente a suo agio, "liberato", fino alla sequenza emblematica in cui, davanti al televisore su cui passano le immagini di un film di mostri, si mette a mimare ciò che vede e aggredisce, letteralmente, la ragazza. La spontaneità e naturalità recuperate dal borghese americano nel rapporto con la ragazza non possono, però, mantenersi tali a lungo. In questo il sessantaduenne Edwards manifesta tutto il suo debito, che è innanzitutto di "scrittura", e la sua appartenenza anche generazionale a un periodo ben preciso della "crazy comedy" hollywoodiana, in cui l'infrazione veniva ricomposta nella norma e in cui prevaleva un atteggiamento morale, se non moralistico. Accompagnata dall'incipit della "Quinta" di Beethoven, eccogli arrivare la notizia che la ragazza di cui si è invaghito è incita; e lui piange, felice e commosso. Ma, ben presto, anche la legittima moglie gli annuncia che attende un figlio suo, per il quale è finalmente disposta a sacrificare un po' la carriera. Per il nostro "uomo medio" è il dramma, ma non sa o non può scegliere, e preferisce assecondare la sua naturale tendenza alla ricomposizione del conflitto e anche il suo moralismo di fondo, cercando e trovando una formula (la bigamia) che salvi capra e cavoli; al prezzo, com'è ovvio, di esilaranti e imbarazzanti situazioni, che recuperano anche un sano repertorio pochadistico. Qua e là affiora anche, in alcune delle più belle scene del film, un'altra delle antinomie "classiche" della commedia americana, che ritroviamo ad esempio in Minnelli, Hawks e altrove nello stesso Edwards: il contrasto tra una concezione della vita intellettuale, raffinata ma un po' esangue, ed una più rozza, ma virile e sanguigna. Contrasto che viene magnificamente espresso nella scena della presentazione del novello sposo ai colleghi del suocero lottatore di catch, con quell'inquadratura leggermente dal basso del piccolo, gentile Dudley Moore circondato da tutti quei molossi, il più grosso dei quali gli mette la manona sulle spalle con gesto protettivo. L'ultima parte del film è quella secondo noi più debole, in cui la necessità di far scattare il meccanismo di punizione dell'infrazione tende un po' ad irrigidire la sceneggiatura; ma l'estremo "aggiustamento" privato e sociale è, ancora una volta, ironico, e coincide, anche qui in perfetta linea con la tradizione della commedia classica, con l'irrisione del maschio e la sua riduzione ad elemento muliebre (ricordiamo i ribaltamenti di Victor Victoria), babysitter circondata da una moltitudine di bambini mentre le due mogli/amanti hanno ripreso le loro attività pubbliche, una come giudice e l'altra come musicita. La Civiltà/ femmina si prende le sue vendette e castra simbolicamente il Maschio predatore, che non si è accontentato di una donna e di una famiglia sola. In questo senso, il goffo, ridicolo Moore è solo l'ultimo erede dei Cary Grant e dei Rock Hudson di altri, lontani film, privo però della loro vana difesa ironica. Blake Edwards dimostra ancora, con questo film, di essere rimasto uno dei pochissimi, se non l'unico regista che ancora conosca le vecchie formule e in grado di costruire due ore di commedia garbata senza infarcirla di volgarità e idiozie. A Micki and Maude manca forse la genialità di Victor Victoria; il film però è pieno di buone battute e gag: la cerimonia in chiesa, con i freaks da una parte e senza nessun invitato dal lato dello sposo; la visita per l'ecografia; le ciniche e brillanti freddure dell'amico direttore; il party dopo lo spettacolo, durante il quale Salinger viene colto da una tosse convulsa e s'ubriaca bevendo i drink cambogiani; la gag dell'estintore, ecc.
Alberto Morsiani, Segno Cinema n. 18 maggio 1985 |
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