Uneasy riders - Nationale 7
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Regia: | Sinapi Jean-Pierre |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Jean-Pierre Sinapi Anne-Marie Catois; fotografia: Jean-Paul Meurisse; montaggio: Catherine Schwartz; interpreti: Olivier Gourmet (René), Nadia Kaci (Julie), Lionel Abelanski (Roland), Chantal Neuwirth (Sandrine), Gérald Thomassin (Jean-Louis), Saïd Taghmaoui (Rabah), Nadine Marcovici ( Florèle); produzione: Télécip & La Sept ARTE, Jaques Fansten; distribuzione: Keyfilms; origine: Francia, 2000; durata: 90'. |
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Trama: | René, cinquant'anni, è affetto da una patologia muscolare grave, ha un carattere scostante e iracondo. Un giorno viene affidato a un'infermiera nuova, Julie, dinanzi alla quale non esita ad esibire il proprio campionario di volgarità e insulti. Ma Julie è così profondamente onesta e appassionata al proprio lavoro da renderlo inoffensivo al punto di confidarsi con lei rivelandole il suo più profondo desiderio: poter fare l'amore con una donna prima che il male glielo impedisca del tutto. Nessuna retorica sull'handicap, ma neppure facile scandalismoo. Profonda consapevolezza invece che il tema della sessualità per i portatori di handicap è tanto importante quando rimosso dalla coscienza collettiva. |
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Critica (1): | Se un easy rider è un individuo pronto a partire, a muoversi con qualsiasi mezzo, come sarà un uneasy rider? Come René, forse, il protagonista di questa commedia del francese Jean-Pierre Sinapi, Uneasy Riders. René è un ex sindacalista cinquantenne affetto da una patologia muscolare debilitante che lo costringe su una sedia a rotelle e lo obbliga ad essere ospite di una casa di accoglienza, a dipendere in quasi tutto dalle solerti assistenti. René ha un caratteraccio, inveisce, urla, si ribella alle regole, insomma è un born to be wild. La sua rabbia deriva soprattutto dalla mancanza di sesso, quello vero. Le videocassette hard non lo soddisfano. Vuole una donna. Sarà un'infermiera inesperta, Julie, ad aiutarlo, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, accompagnandolo nella roulotte di una prostituta senza pregiudizi lungo la Nationale 7 (che è il titolo originale del film). Sinapi conosce il cinema (nella collezione di cassette porno di René c'è un classico di José Benazeraf, definito come il Godard dell'hard, passato al cinema per adulti negli anni Settanta perché "vera espressione di ribellione contro il matrimonio, la società e la religione") e riesce nell'impresa di sfornare una commedia sulla sessualità dei disabili che sia divertente e ricca d'idee. Lo fa con mezzi tecnici limitati, girando con una telecamera digitale leggera, alla dogma (non è un film Dogma ma l'operatore Jean-Paul Meurisse è lo stesso di Europa di Lars Von Trier) un piccolo Qualcuno volò sul nido del cuculo alla periferia di Tolone, prendendo spunto da una storia vera e arricchendola di attori magnifici. Oltre Olivier Gourmet e Nadia Kaci (René e Julie) c'è anche Saïd Taghmaoui (il giovane arabo de L'odio di Kassovitz) nei panni di un mussulmano disabile omosessuale che vuol farsi battezzare, prendendo il nome del suo idolo Johnny Hallyday. Le situazioni comiche, in questa sorta di fiaba che vuole rompere qualche tabù, sono numerose e dopo aver riso e sorriso, alla fine rimane forte il sospetto, quasi una certezza, che i portatori di handicap siano persone come tutte le altre.
Camillo De Marco, Kwcinema |
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Critica (2): | Tra gli ospiti di una casa d'accoglienza per disabili vive anche René, un invalido cinquantenne dal carattere scontroso e sfuggente che non riesce ad adattarsi alle nuove condizioni della sua esistenza, afflitto dall'impossibilità di avere rapporti sessuali e costretto a cercar soddisfazione tra i fotogrammi di qualche filmetto pornografico. Poi, l'improvviso arrivo di Julie, giovane e disponibile infermiera senza esperienza sarà l'evento capace di determinare, in tutta la comunità, le fasi di una maggiore partecipazione alla vita. René troverà con lei un intenso legame che aprirà uno squarcio nella sua impenetrabile solitudine, fino al giorno in cui potrà confessarle il suo desiderio d'amore. La ragazza, affrontando il suo timido carattere, cercherà ovunque una prostituta disposta al compromesso cambiando, con la naturalezza di questo gesto, il destino di molte esistenze vicine alla sua. Semplice e composta, senza rincorrere particolari sfumature, questa commedia tratta da una storia vera riesce a coinvolgere grazie alla sua disincantata onestà. I personaggi, appena sfiorati dalla telecamera a mano che, lontana dall'uso comune a registi come Lars Von Trier, riesce a non invadere spazi intimi e insondabili e ad osservare come un ospite riguardoso e compiaciuto. Entusiasta, come investita di un privilegio, la mdp riesce ad integrarsi riprendendo spesso ambienti e persone all'altezza delle ginocchia - per quanto irriconducibili ad un contesto ruvido e quotidiano, hanno il dono della "normalità" cinematografica che tende a ricomporre il rapporto tra il mondo e gli individui, ammorbidendo il contrasto tra mobilità e paralisi (anche intima) e abbandonando inique posizioni sulla qualità del pensiero e della coscienza umana. Tutti, alla fine, sono coinvolti in una danza di felliniana memoria che dilata il cerchio per raccontare e raccontarsi nell'ebbrezza, nella pace riconquistata in un irrisorio spazio dello spirito dove, per un interminabile attimo, il disordine delle differenze è tormento di un altro mondo, abbandonata dall'altra parte dello schermo-specchio. Anche le sfilacciate scene d'epilogo, che ricordano i veri protagonisti in una sorta di rudimentale "cinema nel cinema" penalizzato da un artificio metalinguistico distratto e disordinato, inseguono questa evangelica illusione, tollerando che l'uomo e il personaggio s'identifichino forse con troppa chiarezza nella sua unica, passabile stonatura. Eppure, in fin dei conti, il risultato è prezioso, e giustifica pienamente gli applausi ricevuti ai titoli di coda, dopo la sua prima proiezione.
Francesco Russo, Tempi Moderni, n. 23, giugno 2001 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Jean-Pierre Sinapi |
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