Incubo mortale - Cigarette Burns
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Regia: | Carpenter John |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Mick Garris, Drew McWeeny, Scott Swan; fotografia: Attila Szalay; montaggio: Patrick McMahon; musiche: Cody Carpenter; interpreti: Norman Reedus (Kirby), Udo Kier (bellinger), Gary Hetherington (Walter), Christopher Britton (Meyers), Zara Taylor (Annie), Chris Gauthier (Timpson), Douglas Arthurs (dalibor), Colin Foo (fung), Gwynyth Walsh (Katja), Julius Chapple (Henri Cotillard); produzione: Keith Addis, Morris Berger; origine: Usa, 2005; durata: 60’. |
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Trama: | Un giovane gestore di una sala cinematografica (Norman Reedus), indebitato fino al collo e tormentato da inquietanti fantasmi del passato, si ritrova coinvolto nella ricerca di una pellicola maledetta, "La fin absolue du monde" di Hans Backovic. A dare il via alle peregrinazioni è un ricco e misterioso cinefilo che colleziona manifesti, pellicole introvabili e un angelo senza ali in carne ed ossa. Ma perché questa pellicola è maledetta? Durante l'unica proiezione avvenuta al festival catalano di Sitges, la violenza estrema del film diede il via ad un'ipnosi collettiva che si concluse con un mattatoio, una sorta di suicidio di massa finito in un bagno di sangue. Che questo sia leggenda o meno, non importa allo squattrinato quanto temerario protagonista, che fa di tutto per trovare il film incriminato, diventando lui stesso vittima di un'allucinazione incontrollabile. |
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Critica (1): | Cigarette Burns è un perfetto esempio del Carpenter più concettuale - non a caso in molti hanno fatto paragoni non peregrini con Il seme della follia – ma allo stesso tempo rimane forte portatore delle radicalità più carnali dell'autore. Costretti, stipati nei sessanta densissimi minuti dell'episodio ci sono una quantità vertiginosa di temi e di tematiche, tutte riconducibili ad una profonda riflessione metalinguistica, filosofica, esistenziale, ontologica sul cinema e sul rapporto di esso con chi lo fa e chi lo guarda.
La fin absolue du monde non è un film, ma tutti i film. L'operazione di Carpenter è quello di regalare una carica mitico-mistica ad un unico titolo per simboleggiare e raccontare l'amore/ossessione per la Settima arte, il legame allo stesso tempo spirituale e carnale degli appassionati con i loro film feticcio. Al di là degli accenni – pur interessanti – sul tema della violenza sul grande schermo, è il cinema nel suo complesso ad essere analizzato da Carpenter. Il cinema visto come potentissima carica virale in grado ammaliare, sconvolgere, evocare, persino distruggere. Cinema-virus che entra negli occhi e nella carne di chi fa e di chi guarda. Ed è proprio nel momento e nell'atto della visione – spazio liminale d'interfaccia tra realizzatore e spettatore – che il cinema trova la sua catastrofe, il film stesso si fa immagine catastrofica e risolutiva delle tensioni di entrambe le parti.
De La fin absolue du monde (e di Cigarette Burns) Carpenter fa/racconta una (personalissima) etica della visione, dove si ritrovano l'idea tutta di cinema del regista, le sue ossessioni, il suo lavorare su corpi e carne in maniera spesso metafisica ma concreta al tempo stesso, l'amore per il genere.
Il cinefilo ossessionato e prigioniero della sua ossessione, il regista divorato dalla sua stessa opera, il collezionista che non avendo più nulla da vedere si fa film, il critico sopravvissuto alla prima proiezione perché investito dell'obbligo di raccontare: sono tutte figure emblematiche di Cigarette Burns, saggio carpenteriano sull'etica e lo scandalo della visione, omaggio sentito all'amore per cinema, anarchico quanto basta (come le pellicole cui il protezionista del cinema di Sweetman ha sottratto i fotogrammi "segnati" che danno il titolo all'episodio) da evitare facili intellettualismi e stupire, spiazzare ed ammaliare lo spettatore.
Frderico Gironi, movieplayer |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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