Lotta partigiana
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Regia: | Gobetti Paolo, Risso Giuseppe |
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Cast e credits: |
Commento, introduzione: Franco Antonicelli; musica: Luigi Nono; testimonianze: Giuseppe Pollarolo, Ezio Aceto, Sergio Pettinati, Massimo Mila, Mario Pacor, Felice Mautino, Giuseppe Torre, Aldo Caputo, Luciano Bergonzini, Cino Moscatelli, Egidio Liberti, Leo Valiani, Nuto Revelli; produzione: Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza; formato: 35mm; reperibilità: Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, Cooperativa 28 dicembre Torino; origine: Italia, 1975; durata: 60'. |
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Trama: | Una raccolta viva e articolata delle migliori immagini raccolte durante la Resistenza. Il film offre immagini di vita e di lotta in diversi paesi d’Europa: dalle prime bande italiane e jugoslave ai maquis del Vercors in Francia, dalle lotte sulle Alpi e sugli Appennini alla liberazione di Parigi, Milano e Torino. |
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Critica (1): | Paolo Gobetti e Giuseppe Risso hanno utilizzato, per realizzare il loro documentario sulla vita e la lotta partigiana in Europa, spezzoni presi in prestito da altri film come: Aldo dice 26 x 1 di Fernando Cerchio, Giorni di gloria di Mario Serandrei, Partizanski dokumenti, Au coeur de l’orage e La libération de Paris. A questi hanno aggiunto immagini un poco sfocate e tremolanti, girate clandestinamente dal prete partigiano Giuseppe Pollarolo , con una piccola macchina (una Phaté), usando pellicola reperita faticosamente, talvolta anche scaduta. Egli stesso, con mezzi di fortuna, sviluppava il materiale impressionato in montagna, nel giro di ventiquattro ore. Gli autori si sono serviti anche delle testimonianze dirette di Ezio Aceto, Sergio Pettinati, Massimo Mila, Mario Pacor, Felice Mautino, Giuseppe Torre, Aldo Caputo, Luciano Bergonzini, Cino Moscatelli , Egidio Liberti, Leo Valiani, Nuto Revelli. Inediti sono i filmati di un cineoperatore francese che è riuscito a raggiungere il maquis del Vercors. Coraggiosamente egli ha filmato le fasi della battaglia del Vercors, che iniziò il 13 giugno e terminò il 23 luglio 1944: tremila partigiani ostacolarono l’avanzata di trentamila soldati tedeschi. Alla fine, la strapotente forza nazista ebbe il sopravvento. La battaglia, che rimarrà un simbolo del partigianato francese, costò la vita a duecento civili e a seicento partigiani. Il racconto si sposta sulle bande di Tito in Jugoslavia per farci conoscere l’esercito partigiano più preparato ed organizzato di tutta l’Europa.
Con azioni di guerriglia, di addestramento e col primo lancio di rifornimenti alleato, iniziato il 7 marzo 1944, in Val di Lanzo, l’azione del film ritorna in Italia. Ci vengono raccontati venti mesi di vita infernale dei partigiani , affamati nel gelido inverno 1944, e infine la calata dalle montagne nella primavera del 1945 e l’occupazione delle città italiane come Torino, Milano, Genova. Ma il capitolo più robusto del film è senz’altro l’insurrezione popolare di Parigi. Riprese drammatiche ripropongono i sei giorni di agosto, allorché la popolazione, unitasi ai partigiani, costruì barricate e si armò per combattere con qualsiasi mezzo i ventimila soldati tedeschi presenti in città. La rivolta si concluse con la resa dei nazisti e con l’ingresso in Parigi, ormai liberata, dell’esercito francese e del generale De Gaulle. Film povero sarebbe invece Lotta partigiana di Paolo Gobetti e Giuseppe Risso, più elementarmente didattico, costruito in diversi capitoli dove le battaglie della vita quotidiana , gli impegni politici, i problemi militari creano i presupposti per l’andamento sintattico e narrativo del film. Dopo Vercors si snoda La vita delle bande che trovano i loro ritmi nei problemi dell’approvvigionamento, delle imboscate, sino al faticoso procedere dell’ultimo inverno, agli scioperi e all’insurrezione finale. Dal 1945 al 1975 si è pur fatta urgente la necessità di una lettura diversa, meno oleografica, meno trionfalistica ma più interna, più problematica nella scelta stessa dello spezzone e dei fotogrammi. E nelle scelta delle testimonianze. Da quelle politiche a quelle del partigiano di tutti i giorni.
Giampaolo Bernagozzi, in Dentro la storia. Cinema, pace e Resistenza, Bologna, Patron, 1984 |
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Critica (2): | [...] la lotta, che non può che essere partigiana, di popolo e di classe (il vecchio concetto gramsciano di nazional-popolare sembra quasi affettato a metà: agli uni il primo termine, quello più ambiguo, agli altri il secondo, quello più incontrovertibile). [...] Un film povero (un’oretta di proiezione, chi ne ha bisogno se lo cerchi alla fonte, quattro anni di lavorazione, una operazione fatta in casa senza soldi e senza sbocchi), che non vuole essere sui partigiani ma dei partigiani (e, aggiungiamo noi, per i nuovi partigiani), che con molto pudore scova le immagini e le lima e le lavora con pazienza infinita, che ammette la precarietà di allora (degli stessi documenti, delle stesse riprese filmate, di certe generose pur sempre fittizie ricostruzioni) e la sottopone al filtro, tramite gli stessi protagonisti, quelli oscuri o quasi, dell’esperienza del trentennio successivo, che insiste sul rapporto internazionalista e universale tra popolo e guerra per bande e lo indaga sul piano del quotidiano, dell’umile, dello spontaneo, dell’improvvisato, che non a caso conclude il suo mosaico per fotogrammi con la reticente ma non rassegnata consegna delle armi partigiane alle autorità dell’ordine ricostituitosi [...]
Lorenzo Pellizzari, Cinema e cinema, n. 7-8,1976 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Paolo Gobetti |
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