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Corn Island - Simindis Kundzuli


Regia:Ovashvili George

Cast e credits:
Sceneggiatura: Nugzar Shataidze, George Ovashvili, Roelof Jan Minneboo; fotografia: Elemér Ragályi; musiche: Josef Bardanashvili; montaggio: Kim Sun-min; scenografia: Ariunsaichan Dawaachu (Agi Ariunsaichan Dawaachu); effetti: Erika Köcsky, Vítek Petrásek, Focus - Fox Studio; interpreti: Ilyas Salman (il nonno), Mariam Buturishvili (la ragazza), Irakli Samushia (il soldato), Tamer Levent, produzione: Nino Devdariani, Eike Goreczka, Guillaume De Seille, Karla Stojáková, Sain Gabdullin per Alamdary Films-42film-Arizona Films-Axman Productions-Kazakhfilm.-Focus Fox; distribuzione: Cineama; origine: Georgia-Repubblica Ceca-Germania-Francia-Kazakhistan, 2014; durata: 100’.

Trama:Sul fiume Inguri, che segna il confine tra l'Abkhazia e la Georgia, a seconda delle stagioni e delle condizioni atmosferiche si formano delle isole itineranti. Un vecchio contadino e sua nipote coltivano il mais su una di queste isole temporanee - e proprietà di nessuno - vivendo però sotto il constante pericolo dei cambiamenti dovuti alla natura e dalla minaccia dei conflitti armati che hanno luogo nelle vicinanze. Ben presto, la loro tranquilla routine, caratterizzata da un delicato equilibrio, viene sconvolta dall'arrivo di un soldato ribelle, ferito e ricercato.

Critica (1):Un film 'antropologico' aspro e severo, tutto declinato al presente, basato sui gesti piuttosto che sulle parole. Il regista georgiano Ovashvili mette in scena una parabola amara intorno alla precarietà dell'esistere e alla vanità degli sforzi umani. Le analogie con altri film sono rare: forse si limitano al solo L'isola nuda di Kaneto Shindo. Qualcuno, di certo, lo etichetterà come 'lento'. Però la lentezza di un film non dipende dal fatto che succedano poche cose o ci siano dialoghi ridotti all'osso, bensì da un ritmo inadeguato ed esitante della messa in scena (anche un blockbuster può essere lento). Corn Island è spoglio, però traversato da un senso acuto di minaccia che lo rende tutto fuorché 'noioso'. Chi è assuefatto ai film d'avventure americani, certo, non è lo spettatore ideale di questo tipo di cinema; anche se la storia del vecchio e della bambina, con le sue magnifiche immagini basate sulla profondità di campo, ci riscatta del tempo perduto a guardare tanti actioner perfettamente inutili.
Roberto Nepoti, La Repubblica, 23/8/2015

Critica (2):Un vecchio contadino su una barca ritorna su un’isola. È con la nipote. Ma lei potrebbe invece essere un fantasma. Quasi un apparizione dal fondo della nebbia, con in mano una bambola di pezza. Si muove tra la fiaba metaforica e gli effetti di un illusorio documentarismo Corn Island. Nel primo caso prevale la presenza e la forza degli elementi naturali ma anche i rumori sullo sfondo della guerra tra la Georgia e l’Abkhazia, quest’ultima quasi una sorta di terra promessa che era già presente nel primo lungometraggio di Ovashvili, Gagma Napiri del 2010. Nel secondo c’è quasi una volontaria ricostruzione/omaggio a Robert Flaherty: l’uomo da solo davanti al fiume, al temporale, al vento, dove lo stato di pace e conflitto tra l’uomo e gli elementi naturali richiamano sia Nanuk l’eschimese sia L’uomo di Aran.
Dal Caucaso al Mar Nero si formano delle isole, attraversate e delimitate dal fume Inguri. Su una di queste un contadino e la nipote ci costruiscono una casa e vanno a viverci, per coltivare il necessario per l’inverno. La guerra non si vede. Se ne sente però da lontano il sordo eco.
La costruzione di Corn Island, vincitore del Crystal Globe al Festival di Karlovy Vary, è studiata tutto nei dettagli. Nei piani fissi che appaiono quasi dei quadri fermi, nell’incedere delle stagioni (primavera, estate, autunno) segnato anche dalle variazioni cromatiche che passano dal verde luminoso al rosso e al marrone, nei pochissimi dialoghi che forse potevano quasi essere assenti del tutto. La struttura in tre parti è ferrea, rigorosa, ma forse toglie un po’ di respiro. Lo stesso invece che ritorna quando invece l’ordine non è più così rigido: il soldato nascosto, la corsa nel bosco, la ragazza che si fa il bagno nuda, fino a un finale di improvvisa e tempestosa bellezza. Proprio quando lo sguardo di Ovashvili non vuole più ammirare e controllare quello che inquadra la macchina da presa, ma si fa trascinare, quasi dissolvendo quella composizione certamente ricercata ma anche limitante.
Simone Emiliani, sentieriselvaggi.it

Critica (3):

Critica (4):
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