Poetry - Poetry
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Regia: | Chang-dong Lee |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Lee Chang-dong; fotografia: Kim Hyunseok; montaggio: Kim Hyun; scenografia: Sihn Jeom-Hui; costumi: Lee Choongyeon; interpreti: Yoon Hee-Jeong (Mija), Lee Da-Wit, Kim Hira, Ahn Nae-Sang; produzione: Pine House Film-Diaphana Distribution-N.E.W-Ktb Capital And Kt Capital; distribuzione: Tucker Film; origine: Corea Del Sud, 2010; durata: 139’. |
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Trama: | Un'anziana donna, affetta dal morbo di Alzheimer e giunta alla fine dei suoi giorni, cerca di dare un altro senso alla sua esistenza rifugiandosi nella poesia. Le rime e i versi sembrano oramai essere una delle poche cose fondamentali nella sua vita, soprattutto dopo il drammatico avvenimento che ha segnato la sua esistenza: l'amato nipote affidato alle sue cure è coinvolto nell'aggressione di una compagna di scuola che, in seguito, si è suicidata. |
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Critica (1): | Dei nuovi autori coreani d'essai e da festival, Lee Chang-dong è il più intransigente. Il suo cinema è rigore: estetico e morale. Le storie gli servono per osservare un mondo che vive di paradossi. Lo stile, anche: quello della narrazione spappolata di Peppermint Candy cercava di dare una forma a una vita e a degli eventi che riuscivano a fatica a indossarne una; quello di Oasis, Secret Sunshine e Poetry, molto simile in tutt'e tre, tenta di rappresentare con la frontalità e la neutralità persone che non trovano il modo giusto per affrontare le cose. Però quest'ultimo film, inflessibile e determinato, riesce nell'impegno in cui Secret Sunshine per alcuni versi falliva: mettere in scena l'inadeguatezza del singolo di fronte alla ricerca del bello.
Ma Lee non è uno sciocco, tanto da pensare e far vedere un albero o un fiore come i massimi rappresentanti della bellezza, o da portare personaggi e spettatori a intendere che essa abiti in fin dei conti nelle piccole cose della vita (per carità). È un errore grave in cui è inciampata certa critica: quando la protagonista Mija guarda le fronde piene di foglie, una mela rossa, la celosia, annotando i pensieri sul taccuino («Sto prendendo appunti. Dobbiamo sempre prendere appunti in questo modo. (...) Sangue... Un fiore rosso come il sangue»), non è certo perché gli alberi, i frutti e i fiori rappresentano comunemente la bellezza della natura, piuttosto perché Mija, donna anziana con un principio di Alzheimer, per portare a termine il compito di poesia assegnatole, non ha altri strumenti che affidarsi ai luoghi comuni della bellezza, a ciò che le è più a portata di mano, ai cliché genericamente poetici. In questo rapporto ispiratore che lei cerca di stabilire con lo stereotipo del bello, Lee Chang-dong racconta il fallimento dell'uomo sia a conoscere, sia a mettere in versi la bellezza, prevedibilmente elementarizzata in un frutto o in fiore. Non è un caso che a essere vera poesia non siano le foglie mosse dalla brezza bensì la scena in cui Mija si reca nei campi a chiedere personalmente il perdono della madre della ragazza violentata dal nipote: la malattia le fa dimenticare il proposito, e le due donne parlano di raccolto. È poesia della perdita, della mancanza, dell'ignoranza, dell'innocenza. Altro che una mela rossa. La ricerca di Mija delle parole corrette, del pensiero adatto, dell'ispirazione opportuna per fare poesia non può che condurla, lei che scruta un albero affinché le dia l'illuminazione, a dover fare i conti con la volgarità, l'estremo contrario della bellezza, la bruttura, il polo opposto. Nella provincia di campagna del cinema di Lee anche i più puri sono costretti a sporcarsi. In un mondo dove il perdono si compra col denaro, Mija non può che subirne le regole (cedendo perfino il suo corpo al vecchio infermo insistente e laido e ricco che lei accudisce). E mentre insegue il bello, si confronta con l'orrore: che è in casa (il nipote stupratore), dietro l'angolo (le famiglie che vogliono chiudere il problema con i soldi), inaspettato e nemmeno veramente compreso perché troppo inattendibile per lei (il corpo della ragazza nel fiume, il poliziotto che nel finale tira con Mija al volano mentre un altro le sottrae il nipote arrestandolo).
La risorsa degli allievi del corso di poesia del film è banalmente la quotidianità, un ricordo, una speranza: ma Poetry mostra che tra alto e basso, arte e mercimonio non c'è soluzione di continuità. La poesia – e forse perfino la bellezza – giunge quando non è prevista, quando non è annotata. Però come fa la bellezza a rivelarsi quando la perdita di una figlia può essere compensata con trenta milioni di dollari? Nelle piccole cose della vita?
Pier Maria Bocchi, Cineforum n. 495, 6/2010 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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