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Tito e gli alieni


Regia:Randi Paola

Cast e credits:
Sceneggiatura: Paola Randi; fotografia: Roberto Forza; musiche: Fausto Mesolella, Giordano Corapi; montaggio: Desideria Rayner; scenografia: Paki Meduri; costumi: Maria Rita Barbera; effetti: Chromatica; suono: Gianluca Scarlata; interpreti: Valerio Mastandrea (Professore), Clémence Poésy (Stella), Luca Esposito (Tito), Chiara Stella Riccio (Anita), Miguel Herrera (Luke), John Keogh (Colonel Daniels), Gianfelice Imparato (Fidel); produzione: Angelo Barbagallo, Matilde Barbagallo per Bibi Film, Rai Cinema; distribuzione: Lucky Red; origine: Italia, 2017; durata: 92’.

Trama:Il Professore da quando ha perso la moglie, vive isolato dal mondo nel deserto del Nevada accanto all'Area 51. Dovrebbe lavorare ad un progetto segreto per il governo degli Stati Uniti, ma in realtà passa le sue giornate su un divano ad ascoltare il suono dello Spazio. Il suo solo contatto con il mondo è Stella, una ragazza che organizza matrimoni per i turisti a caccia di alieni. Un giorno gli arriva un messaggio da Napoli: suo fratello sta morendo e gli affida i suoi figli, andranno a vivere in America con lui. Anita 16 anni e Tito 7, arrivano aspettandosi Las Vegas e invece si ritrovano in mezzo al nulla, nelle mani di uno zio squinternato, in un luogo strano e misterioso dove si dice che vivano gli alieni...

Critica (1):Lo spazio profondo ha una sua personale voce, che si propaga attraverso la lunga distanza che intercorre tra la meraviglia dell’intangibile universo e la nostra materiale realtà. Un richiamo incredibile per qualsiasi essere sulla terra, che ricerca nelle sonorità dell’infinito un ricordo che lo faccia sentire a casa. Con le orecchie puntate verso il cielo, Tito e gli alieni è il nuovo film di Paola Randi (Ufo!, Giulietta della spazzatura, Into Paradiso, 9×10), un emozionante viaggio delle anime scomparse che tornano per dare conforto a noi piccoli, spauriti umani.
Il professore (Valerio Mastandrea) ha ormai lasciato il pianeta da tempo, almeno con la sua mente. Da anni isolato nel deserto nel Nevada, sconsolato dopo la morte prematura della propria moglie, non ha la forza di riprendere un progetto supervisionato dall’Area 51, giunto a causa degli infruttuosi risultati ad un’imminente conclusione. Sarà l’arrivo dei due nipoti del professore: Anita (Chiara Stella Riccio) e Tito (Luca Esposito), a scuotere l’intorpidita vita dell’uomo, pronto a seguire un segnale che lo spinge a rialzare gli occhi verso l’alto per vedere, ma soprattutto per sentire cosa lo spazio ha da dire.
L’America come riferimento non solo per l’Area 51 e i misteriosi esperimenti su potenze ultraterrene sconosciute, ma cultura cinematografica di riferimento per la regista italiana Paola Randi che con il suo ultimo Tito e gli alieni fabbrica un dolce concentrato di impostazione indie statunitense capace di far arrivare la propria voce fin dentro al cuore. Dalla messinscena di una bellezza incantevole, di cui è impossibile non innamorarsi al comparire di ogni inquadratura accuratamente colorata e ordinata, l’opera della cineasta milanese mostra una dedizione sull’ingente lavoro di post-produzione del quale si riconosce una riuscita stilistica totalmente completa e di piacevolissima visione.
Un’adorabile atmosfera riscalda l’interiorità di un pubblico commosso dal tema portante della dolce pellicola, il desiderio di spingersi oltre per non perdere la possibilità di comunicare con chi è oramai lontano, che sia questo un alieno, ma ancor di più una persona di cui non smetteremo mai di sentire la voce. (...)
In una prova inglese superata con il massimo dei voti, Valerio Mastandrea porta al personaggio del professore una malinconica tenerezza, controparte della spumeggiante vitalità dei giovanissimi Chiara Stella Riccio e Luca Esposito, i quali fondono la loro curiosità e il loro bagaglio di vita con la dolente esistenza del burbero zio, alle prese con quei nipoti che sono forse per il protagonista i veri alieni con cui finalmente è riuscito ad entrare in contatto. Instaurando un intimo legame tra i membri di questa assemblata famiglia, il film ne riporta con delicatezza i vuoti che non potranno mai essere completamente colmati, ma che sapranno vedere in fondo al loro buio uno spiraglio di luce. Darsi amore a vicenda, sostenuti dal pensiero e dalla protezione dei cari scomparsi.
Tito e gli alieni è una pellicola (…) che non può non far sorridere per la sua calorosa sensibilità, per la simpatia dei personaggi e delle loro inesperte dinamiche. Per la splendida purezza di un messaggio che parte dall’alto, dallo spazio profondo, per atterrare direttamente dentro l’anima del pubblico.
Martina Barone, cinematographe.it, 26/11/2017

Critica (2):Ricerca degli alieni, deserto, Las Vegas, Area 51, un “professore” vedovo e due nipotini orfani che lo riportano alla vita… eccetera, eccetera. Sono premesse che pescano a mani basse dall’immaginario popolare americano quelle che Paola Randi mette insieme nel suo secondo lungometraggio (dopo Into Paradiso). Ed è un film molto interessante questo Tito e gli alieni, sia dal punto di vista strettamente cinematografico sia dal punto di vista meramente produttivo. Sì perché il cinema italiano ha estremo bisogno di film “ufo” che ribaltino le attese e le prospettive, i pregiudizi e i generi, le storie e i “set”: chi se lo poteva immaginare Valerio Mastandrea scienziato napoletano nel deserto del Nevada, inventore di un super-computer in grado di interagire (dolcemente) con gli esseri umani, in cerca di tracce di vita nello spazio e in lotta con un colonnello “cattivo” dell’esercito? Sino a quando… arrivano dall’Italia Tito e la sua grintosa sorellina e tutto cambia.
Paola Randi non tenta mai il confronto diretto con i suoi altissimi referenti, ma li omaggia in maniera intelligente manifestando un profondo affetto per quegli umori cinematografici. Il suo film parte con atmosfere alla Wes Anderson (genitori atipici venuti a mancare, bambini intelligenti e un po’ folli che devono superare il dolore), prosegue con accensioni naif alla Michel Gondry (arrivato in Nevada dallo zio “professore” la fantasia del piccolo Tito partorisce sequenze oniriche a ripetizione che elaborano il lutto della morte del padre), per poi arrivare al cuore lucasian/spielberghiano di questo cinema (tra i segni di Star Wars e Incontri ravvicinati si gioca il rapporto con il passato, con le persone scomparse, con i nuovi amori). Un’ingenuità esibita ma mai fasulla, che riesce anche a fare un discorso non banale sull’umanizzazione dei dispositivi e sulla fantasia (del cinema) come unico grimaldello per aprire ancora la sfera dei sogni.
Certo: il film non sempre riesce ad amalgamare questi umori nelle giuste dosi, a volte si avverte una certa meccanicità negli snodi narrativi, eccedendo anche in tipiche ridondanze da indie americano anni ’00. Ma è questo il punto: il piccolo Tito rischia e attraversa territori alieni per il cinema italiano degli ultimi vent’anni, trovando la sua forza nell’amore incondizionato che manifesta per i generi, i set, i caratteri hollywoodiani che incontrano la commedia all’italiana. E allora al netto di qualche incertezza registica o di qualche caduta di tono negli effetti visivi, noi spettatori crediamo nel dolore del professore e nella ricerca d’affetto del piccolo Tito. Crediamo in quei sentimenti e li seguiamo sino al The End… questo è ciò che conta.
Pietro Masciullo, sentieriselvaggi.it, 26/11/2017

Critica (3):È un film marziano, in tutti i sensi, quello che Paola Randi ha portato in anteprima al 35° Torino Film Festival, in Festa Mobile. Perché parla di alieni, perché è un Ufo nel panorama della produzione cinematografica italiana, perché i suoi personaggi sono uno più sciroccato dell’altro. Fa ridere e piangere insieme Tito e gli alieni, secondo lungometraggio che la regista milanese presenta sette anni dopo Into Paradiso (selezionato a Venezia, 4 nomination ai David di Donatello nel 2010) e che, a metà tra cinema indie americano e commedia napoletana, catapulta Valerio Mastandrea, Gianfelice Imparato, la francese Clémence Poésy (...) e gli adorabili esordienti Chiara Stella Riccio e Luca Esposito nel deserto del Nevada, in mezzo a telescopi spaziali ed extraterrestri.
Fantascienza, poesia e sentimenti sono abilmente mischiati in questa favola stralunata ambientata nei pressi della famosa Area 51, dove la leggenda vuole che ci siano gli alieni. C’è uno scienziato pazzo (Mastandrea) che dovrebbe lavorare a un progetto segreto per il governo degli Stati Uniti e invece da sei anni passa le sue giornate sdraiato su un divano all’aria aperta, con cuffie alle orecchie e antenna puntata verso il cielo, in attesa di segnali dallo spazio. C’è suo fratello Fidel (Imparato) che da Napoli gli manda un bizzarro videomessaggio per annunciargli che è morto. Ci sono i suoi due nipoti rimasti orfani (il piccolo Tito e l’adolescente Anita) che sbarcano in Nevada pensando di incontrare Lady Gaga e invece si ritrovano in mezzo al nulla, con questo zio stravagante che a malapena conoscono.
Strepitosi i due giovani protagonisti che, trasportati con la loro irrequieta napoletanità in quello scenario lunare, sembrano più alieni degli alieni stessi. Anita, in piena tempesta ormonale, non fa altro che programmare fughe, possibilmente con uno dei bei soldati dell’esercito che presidia la zona, mentre Tito ficca il naso nelle attività di suo zio e scopre nel suo laboratorio uno strano robot che forse potrebbe parlare con i morti. Perché in realtà, quello che il professore cerca nell’universo con le sue grosse cuffie alle orecchie non sono gli extraterrestri, ma la voce di sua moglie che non c’è più. Così Tito si mette in testa di voler parlare anche lui con suo padre che sta in cielo. Ma il tempo stringe, i risultati della ricerca scarseggiano, il governo vuole chiudere il progetto e mandare tutti a casa…
Girato nel deserto di Tabernas ad Almeria (vicino a dove girava i suoi film Sergio Leone), nei pressi della vera Area 51 in Nevada e nella ex centrale nucleare di Montalto di Castro, tra matrimoni “stellari” (quelli che organizza l’eccentrico personaggio di Clémence Poésy per i turisti), incontri ravvicinati di tipo spielberghiano e foto in cornice dei cari estinti utilizzate come cornette del telefono, Paola Randi guarda verso le stelle per parlare di perdita e di amore, di memorie che sbiadiscono e di ricordi che si vorrebbe tenere in vita, e lo fa mantenendo una malinconica leggerezza in questo film di alieni folle, coloratissimo e vitale, dove gli alieni si rivelano essere a noi molto più vicini e cari di quello che pensiamo. (…)
Vittoria Scarpa, cineuropa.org, 28/11/2017

Critica (4):
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