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Judy Berlin - Judy Berlin


Regia:Mendelsohn Eric

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura
: Eric Mendelsohn; fotografia: Jeffrey Seckendorf; musica: Nichael Nicholas; montaggio: Eric Mendelsohn; scenografia: Charlie Kulsziski; interpreti: Bob Dishy (Arthur Gold), Edie Falco (Judy Berlin), Carlin Glynn (Maddie), Julie Kavne r (Marie), Madeline Kahn (Alice Gold), Anne Meara (Bea), Novella Nelson (Carol), Aaron Harnick (David Gold), Bette Henrize (Dolores Engler), Barbara Berrie (Sue Berlin); produzione: Rocco Caruso/Mendelsohn prod. distribuzione:Keyfilms; origine: Usa, 1999: durata: 97’ .

Trama:L'attesa per una eclissi fa da sfondo all'intrecciarsi delle complicate relazioni di un gruppo di persone: Bob, preside della scuola nella piccola città di Babylon, Long Island, New York; sua moglie Alice, casalinga con qualche rimpianto; il figlio David tornato dai genitori dopo aver fallito il tentativo di sfondare nel cinema in California; Judy Berlin, ex compagna di scuola di David, ora attrice nel teatro locale...

Critica (1):Nel cinema americano c’è un “genere” cinematografico ufficioso che si potrebbe chiamare “ dei suburbia”, dei sobborghi – in versione gergale detti anche “burbs”. I suburbia americani non sono, urbanisticamente e sociologicamente, le nostre periferie, le cinture operaie, le borgate popolari: sono invece il sogno (o l’incubo) della classe media, che cerca nell’ordine e nella apparente tranquillità del sobborgo un antidoto alla fatica e al disordine della vita cittadina. E che si nutre di frustrazioni e di desidero di fuga. Anche Judy Berlin, fa parte del genere “suburbia”, ma con un tocco di surreale stranezza in più. Eric Mendelsohn, che lo ha scritto e diretto, e che con questo film ha vinto il premio della regia al Sundace 1999, ci porta a Babylon, nome paradossale ( e quindi probabilmente fantastico) per la calma cittadina a cui si riferisce, da qualche parte a Long Island, lungo la trafficatissima linea ferrata che porta a New York. Per le dodici e quarantotto è annunciata un’eclisse, a cui tutti si preparano con i consueti gadget. Per la sera Judy Berlin (Edie Falco), ragazza vitalissima che aspira a fare l’attrice a Hollywood, partirà in treno per la California. E intanto le cose prendono per tutti una strana piega. Tra il preside e un’arcigna insegnante della scuola locale, che guarda caso è la mamma della vivacissima Judy, c’è un attimo di tenerezza che tradisce un sentimento a lungo nascosto. Una nevrotica casalinga bene (Madeline Kahn), che guarda caso è la moglie frustrata del preside, macina la sua infelicità in un continuo chiacchiericcio. Una vecchia maestra smemorata torna alla sua vecchia scuola solo per esserne scacciata in malo modo. Il giovane David Gold, aspirante regista (e probabile autoritratto dell’autore), appena tornato da una deludente esperienza californiana, scopre che Judy, ai tempi della scuola, gli voleva bene, e vorrebbe che non partisse più…
Mendelsohn, che, è al suo primo film, compone con elusiva eleganza il suo quadro dei suburbia, a cavalla tra il ritratto d’ambiente, la chiacchiera e il mistero metafisico, come se un Woody Allen al ralenti ( ma ci può essere Woody Allen fuori da Manhattan?). Arpeggiasse sul registro poetico. Succede così che l’eclisse del film, nel cui buio i buoni abitanti dei suburbi fanno cose (poche e gentili) che altrimenti non farebbero, dura innaturalmente a lungo. Un’impressione che, pur essendo lungo 97 minuti, lascia anche il film: benissimo fotografato in un bel bianco e nero da Jeffrey Seckendorff, si perde un po’ nella parte conclusiva, come se non sapesse, in quelle tenebre, dove andare a finire. Ma ci lascia con la confortante sensazione che la simpatica Judy, abbandonando la malinconica Babilonia rivisitata dell’immenso sobborgo americano, c’è la farà, e con l’impressione che Eric Mendelsohn sia un cineasta da tenere d’occhio.
Irene Bignardi, La Repubblica, 2 ottobre 1999

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Eric Mendelsohn
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