Mondo di Horten (Il) - O'Horten
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Regia: | Hamer Bent |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Bent Hamer; fotografia: John Christian Rosenlund; musiche: John Erik Kaada; montaggio: Pål Gengenbach; scenografia: Kalle Juliusson; arredamento: Olivier Macouiller; costumi: Anne Pedersen; effetti: The Chimneypot; interpreti: Bård Owe (Odd Horten), Espen Skjønberg (Trygve Sissener), Ghita Nørby (Sig.ra Thøgesen), Bjørn Floberg (Flo), Henny Moan (Svea), Kai Remlov (Steiner Sissener), Nils Gaup (Same), Karl Sundby (Kjell), Peter Bredal (Brevmann), Peder Anders Lohne Hamer (Nordahl), Morten Ruda (Röhmer), Lars Oyno (Connery); produzione: Bent Hamer per Bulbul Film-Pandora Filmproduktions-Scanbox Entertainment-Id Memento; distribuzione: Archibald Film; origine: Norvegia-Germania-Francia, 2007; durata: 90’. |
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Trama: | Nel momento in cui il treno lascia la stazione senza che alla guida ci sia lui, Odd Horten capisce di stare cominciando un lungo viaggio senza tabelle orarie da rispettare e senza stazioni già conosciute. Horten è in pensione e la banchina per lui non è più un luogo sicuro e familiare. Con la morte come metafora, il film dipinge il ritratto malinconico, ma anche arguto, di un uomo che si trova a vivere situazioni in cui possiamo riconoscerci nonostante siano diverse dalla nostra. |
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Critica (1): | Che cos'è la vita di un ferroviere, rispetto al tempo dell'universo? La domanda sembra assurda, ma dall'assurdo talvolta vengono risposte sensate.
È questo il caso di Il mondo di Horten (…). A 67 anni, Odd Horten (Bård Owe) è giunto al termine del suo lavoro. Per lui non ci saranno più treni da condurre, né gallerie da attraversare – sempre le stesse,una dietro l'altra, per decenni – ma solo il tempo quieto della pensione. Ma ci si mette in mezzo l'assurdo, appunto. Scritto e girato dal norvegese Bent Hamer, il film prende inizio da un'inquadratura fissa: fumando la sua pipa, Odd siede alla guida di un locomotore. È il suo penultimo servizio, e anzi – per uno scherzo del caso – finisce per essere l'ultimo. Ovunque stia andando, si tratta di una meta che non fa parte di alcun viaggio. Chi viaggia davvero, infatti? Chi non sa dove il suo cammino lo porterà. Non c'è buon viaggiatore che non accetti il rischio di perdersi. Odd invece ha percorso per una vita intera gli stessi binari. Più d'uno immagina che, in questo modo, un uomo finisca per essere sempre più certo di sé. E c'è chi invece ama perdersi, sapendo che non c'è altro modo per ritrovarsi. Per fortuna, ogni tanto la leggerezza del caso sconvolge gli itinerari già tutti decisi. Così capita a Odd, la sera che i colleghi gli fanno gran festa (si fa per dire), come sempre a chi va in pensione. Bastano un campanello che non funziona e una scala esterna che sale, forse, fin nell'appartamento di un collega. Quel che segue è l'inizio di un viaggio vero, colmo di stupore e disorientamento. Abituato alla certezza dei binari, ancorato alla precisione degli orari, ora Odd entra in un mondo incerto e impreciso.
Chi è quel ragazzino curioso che lo costringe a restare tutta la notte seduto accanto al suo letto? S'è trovato per sbaglio nella sua stanza, il vecchio ferroviere, e quasi pare che il ragazzino lo stesse aspettando. Comunque, la mattina dopo i due si salutano come vecchi amici, mentre Odd scivola oltre la porta di casa, non visto dal resto della famiglia. Che senso c'è, in tutto questo? Nessuno. O forse ce n'è uno che si mostra in negativo, nel confronto fra la linearità d'una vita intera e questo emergere improvviso dell'eccezione. E ancora, chi è quell'ometto strano che entra in una tabaccheria dicendo d'aver perso la scatola di fiammiferi appena comprata? Ha un sorriso confuso, indifeso. Partecipe e gentile, la proprietaria gliene regala un'altra. Quello esce, rinfrancato. Ma subito lo vediamo al di là della vetrina mentre inciampa e cade. Poco dopo, di nuovo l'ometto si presenta. Di nuovo la donna lo aiuta, e di nuovo quello inciampa... Non ne sapremo più nulla. Ma la sua storia minima attraversa il film come un meteorite il cielo: per quanto effimera, la sua luce per un attimo l'accende.
Ed è un meteorite la pietra che a Odd mostra un altro ometto strano, incontrato mentre se ne sta sdraiato per strada, nel freddo di Oslo. Si chiama Trygve (Espen Skjønberg). Così dice. Dice anche che la pietra ha quasi 5 milioni di anni. Poi la posa in una vetrinetta del suo salotto. A Odd pare increscioso che proprio lì finisca un viaggio tanto lungo. Ma il suo nuovo amico ha le idee chiare. Fanno tutti lo stesso sbaglio, gli risponde: quel viaggio attraverso l'universo ancora dura. Di molto altro si nutre l'assurdo, nel film di Hamer: per esempio, di signori grigi e con il cappello che, sedere a terra, scivolano lungo una strada ghiacciata, come se li avesse immaginati René Magritte. Ma con l'assurdo nella vita quieta di Odd entra la scoperta che nemmeno la sua vita ha terminato il proprio viaggio. Basta levarsi l'uniforme da ferroviere, per smettere d'essere "uniforme". Poi, al fondo d'una galleria esplode una luce chiara come quella d'un meteorite che bruci in cielo. Al di là c'è ancora futuro. E c'è il tempo necessario per ritrovarsi, e per vivere.
Roberto Escobar, Il Sole-24 Ore, 28/6/2009 |
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