RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
; Archivio film Rosebud; ; Archivio film Rosebud
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 

 > Aree tematiche > Cultura e spettacolo > Archivio film Rosebud > Elenco per titolo > 

Moglie (Una) - Woman Under the Influence (A)


Regia:Cassavetes John

Cast e credits:
Soggettoe sceneggiatura: John Cassavetes; fotografia: Mitchell Breitmerv, Dayancaleb Deschan, Elbo Taylor,Chris Taylor; musica: Bo Harwood; montaggio: David Armstrong, Elizabeth Bereron,Tom Cornwell,Bob Hefferman,Sheila Viseltear; assistente alla regia; Jack Corrik, Roger Slager; interpreti: Gena Rowlands (Mabel Longhetti),Peter Falk (Nick Longhetti), Matthews Cassel (Tony Longhetti), Matthew Laborteaux (Angelo Longhetti), Christina Grisanti (MariaLonghetti), Katherine Cassavetes (Mamma Longhetti), Lady Rowlands (Martha Mortensen), Sonny Aprile (Aldo),Vince Barbi (Gino), Cliff Carnell (Aldo), Nick Cassavetes (Adolph), Xan Cassavetes (Adrienne Jensen), Dominique Davalos (Dominique Jensen), Ellen Davalos (Nancy), Elizabeth Deering (Angela), Fred Draper (George Mortensen),O. G. Dunn (Garson Cross), John Finnegan (Clancy), Mario Gallo(Harold Jensen), Angelo Grisanti (Vito Grimaldi),, John Hawker (Joseph Morton), Charles Horvath (Eddie l'indiano),Hugh Hurd (Willie Johnson), James Joice (Browman), Pancho Meisenheimer (John Jensen), Joanne Moore Jordan (Muriel), Jacki Peters (Tina), Frank Richards (Adolph), Eddie Shaw (Dr. Zepp), Leon Wagner (Billy Tidrow), Sil Words (James Turner); produzione: Sam Shaw per Face International Film; origine: Usa, 1974; durata: 146'.

Trama:Mabel, sposata all'italoamericano Nick, con tre figli, sente crescere il conflitto con la realtà che la circonda soprattutto nei rapporti con il marito il cui lavoro lo tiene spesso lontano da casa e che gli impone ritmi tali da renderlo a sua volta spesso nervoso e intrattabile. Dopo l'ennesimo litigio, Mabel subisce un crollo nervoso in seguito al quale deve trascorrere un periodo in clinica.

Critica (1):Acuto osservatore della coppia, John Cassavetes propone, con Una moglie, la storia di una donna plagiata dalla famiglia e da essa violentata al punto di non esserne riconosciuta nei momenti di maggiore spontaneità. Mable è una donna che ha imperniato la propria vita sui valori tradizionali; ogni giornata ruota attorno ai problemi di sempre: un marito letteralmente fagocitato dalla società industriale, operaio edile di origine (manco a dirlo!) italiana, tre figli belli quanto vivaci ed incapaci di gestirsi, genitori disponibili fino ad un certo punto, suocera e cognate disperatamente arroccate ai valori rassicuranti. La sua esistenza si svolge più o meno tranquilla fino all'esplosione incondizionata della crisi. Ciò che i colleghi del marito definiscono «strano» erompe con l'incontrollabilità della nevrosi.
Emerge la dedizione all'alcool, sempiterno rifugio di ogni delusione; emerge l'insoddisfazione sessuale, concretata nel rapporto occasionale con un altr'uomo; emerge l'incomunicabilità, accentuata dalla famiglia del marito ed incompresa dalle figure dell'autorità, l'immancabile medico di famiglia ed il padre. In tale e tanta confusione, tutti reputano necessario il ricovero in casa di cura, e Mable, assopita grazie ad un calmante, si avvia verso la massificazione. Ciononostante, la sua presenza continua ad incombere sul microcosmo, specie sulle relazioni sociali del marito.
Al suo ritorno, atmosfera disponibile seppur diffidente: i familiari attendono la verifica del loro operato. Alla miopia altrui Mable reagisce con la solita stranezza, cercando di riappropriarsi del ruolo di compagna e madre «un po' matta ma simpatica».Ora, non le è più possibile: uno sganassone del marito la riconduce brutalmente alla realtà del saper vivere, del perbenismo, della «normalità». Incapace di battaglie, Mable ritira la propria vitalità, reimmettendosi nella routine... In fondo, lo sanno tutti che è un po' svanita. Ogni commento, a questo punto, appare superfluo. L'analisi acuta e scevra di pietismi abbraccia, dal nucleo familiare, una società. Così come il maschio e i suoi affetti sono considerati in base al peso produttivo, allo stesso modo la donna, relegata tra le mura domestiche, non possiede piùnemmeno la stretta fascia di autonomia che l'orticello rurale le concedeva.
La casalinga, in particolare, dimostra di assuefarsi suo malgrado al cliché consueto di «angelo del focolare», cuscinetto apparentemente insensibile delle nevrosi maschili.
Il plagio avviene a piccole dosi, quasi un mitridatismo.
La donna non trova piùspazi vitali e, d'altronde, non può fruire degli strumenti maschili. La violenza della società americana non consente altra valvola di scarico che la follia, o, almeno, ciò che medici integrati definiscono tale. Del mondo della fantasia castrata, la regia di Cassavetes, apparentemente noncurante ed altresí nervosa ed attenta, non trascura alcun elemento. L'obiettivo cerca spasmodicamente il volto di Mable e dei suoi fantasmi nell'intento di darne il più possibile un'immagine reale e, quindi, densa dì effetti contrastanti e vari. Ogni gesto si colloca socialmente come espressione dell'ambiente. L'origine politica del privato trova la sua ragion d'essere nel rapporto fisico dei corpi, nel loro muoversi all'interno del set, circoscritto ad un'abitazione media ed ai luoghi caratteristici delle cittadine americane, non ultimi il cantiere ed il restaurant. La prestazione superlativa degli interpreti, Gena Rowlands e Peter Falk, non concede nulla alla «gigioneria».
Enza Troianelli, Cinema 60 n. 123, sett/ott. 1978

Critica (2):In quanti modi ad una donna americana (soltanto?) può accadere di saltare il fossato della "normalità" e iniziare l'aspro viaggio della rigenerazione (quello che per i buoni pensatori è solo il dirupo della perdizione) cercando di dare un senso alla propria inquietudine? Se le timidi evasioni del Diario d'una casalinga inquieta finivano per istradarsi sui binari della frustrazione e del rassegnato rientro, meno sommesso appariva il futuro delle Tre donne altmaniane, capaci di ristabilire un nevrotico equilibrio di sentimenti all'interno di una cellula femminile che servisse alle protagoniste tanto da rifugio quanto da teatro di una nuova identità ignorante del maschio. Ma già in ln cerca di Mr. Goodbar, pur tra mille forzature e con metodo terroristico, avvertiva che nubi tossi che perturbano l'andazzo privato di qualsiasi donna stia attendendo al proprio riscatto, violando i consigli e i tentativi di transazione proposti dal sesso avversario. Meno tragiche, ma sottilmente devastatrici le circostanze che va ad affrontare Una donna tutta sola, caso infrequente di essere umano che odia piangere sul latte versato, ignora se le forze di cui è in possesso serviranno o meno a sostenere difficili giorni di ben arrivata solitudine. Ma la solitudine, si sa, può essere ricca di presenze, stimolatrici di autocoscienza e di progresso interiore (ricordate Alice non abita più qui: esemplare per l'idea "pionieristica" che riferisce alla condizione del viaggio?) in definitiva propiziatrice di migliorate relazioni umane e sociali; per cui non possiamo non comprendere l'amaro destino della "donna" di Cassavetes - straordinariamente resa da Gena Rowlands - allorché la sua ansia di vera identità dev'essere consumata (tanto per convenzione morale, tanto per indisponibilità economiche) all'interno del nucleo familiare che è origine della sua nevrosi e dei relativi sensi di colpa. Le energie interiori, tarpate nella loro espansione, finiranno biopaticamente per ritorcersi ai danni dell'interessata. Mabel è moglie di Nick, oriundo napoletano che fa i turni in miniera e non sempre torna a casa quando ha promesso: in piena rettitudine, l'uomo non va a bisbocce ma è spesso trattenuto da imprevisti di lavoro. Divorata dai conflitti
insoluti, cui cerca di dare un tono personale comportandosi euforicamente da "folle", la donna si trascina a casa un opportunista codardo, ma rinnega se stessa per un gesto che, nei tempi e nei modi in cui lo attua, non può essere liberatorio, neppure in misura transitoria. Tanto più che Mabel sente di aver carpito la buona fede di Nick, approfittando comodamente dell'assenza dei figli. Nick, dal canto suo, bonaccione e faticatore di vecchio stampo (ma Peter Falk vi gigioneggia un po') tratta la donna per quel che l'ha sposata: una moglie cui è generosamente devoto e psicologicamente dipendente, pur sempre una moglie da cui attendere un comportamento di madre e sposa. Soddisfazione, quest'ultima che i suoi colleghi pretendono e ottengono dalle consorti senza troppo sfiancarsi. Mabel risponde picche: in lei si trascina un impeto che la porta a straripare dal greto delle buone maniere. E siccome dietro ogni americano, ancor peggio se immigrato, si nasconde l'anima del quacquero (illuminante lettura:La fabbrica delle mogli di Levin, stesso titolo del film che ha circolato pochissimo in Italia) nessuno scrupolo fermerà il parentame della coppia a decretare la pazzia di Mabel per internarla, con tanta cura e affetto, in una clinica dentro la quale l'occhio di Cassavetes avrà la discrezione di non spiare. Nei limiti del possibile i manicomi servono, lo sappiamo, a "recuperare" l'individuo e restituire la forza lavoro alla società da cui si diversifica. Non altrimenti accade a Mabel, la cui sortita dal soggiorno coatto, pur assecondata da quell'anima semplice di Nick, si tradurrà da principio in gran putiferio - dando segni la paziente di non raggiunto "equilibrio"- in seguito in accettazione rintontita - potenza degli psicofarmaci che sicuramente avrà ingerito! - del proprio avvilimento. Fino a quando? John Cassavetes, dirigendo questo suo settimo film nel 1974 si discosta da quanti nel cinema hanno trattato la materia dell'alienazione "indotta" con predisposizione al fenomeno (Family Life), all'apologo (Qualcuno volò sul nido del cuculo) o alla lirica (in una certa misura Il diario d'una schizofrenica di Risi) Il suo contatto con i retroscena e i sintomi della diversità si compiono, infatti, con diretta partecipazione agli avvenimenti, ma nello stesso tempo con straordinaria capacità di padroneggiare disemotivamente i passaggi di maggior tensione, e sta proprio in questo originalissimo equilibrio il valore (non disgiunto dalla singolarità) dell'opera il cui anno di realizzazione non fa che sottolineare il coraggio anticipatore di tematiche oggi assai diffuse. In sostanza, lo stile di Cassavetes balza evidente in tutte le proprie risorse e predilezioni che sono, almeno in sintesi, il rifiuto del melodramma cinematografico e al, contempo l'estremo rigore con cui sceneggiatura, montaggio e taglio delle immagini selezionano scientificamente l'evoluzione narrativa. Così facendo, i problemi e le argomentazioni affini al nucleo principale del film (relazioni di coppia, alienazione del mondo operaio, rapporti con i figli, subdola violenza dei legami di sangue) discendono preordinatamente come un corollario attorno agli angusti destini d'una libertà soffocata. Né Cassavetes, distinguendosi il film per un'ottica di osservazione disincantata e realistica, indulge ai facili ottimismi, che forse avrebbero gratificato coloro i quali non avvertono la conflittualità, certo drammatica e qualche volta perdente, che segna parecchie lotte di emancipazione.
Angelo Pizzuto, Cinema 60 n. 123 sett.-ott. 1978

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 08/09/2013
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale