Berdel - Berdel
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Regia: | Yilmaz Atif |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Atif Ylmaz, Yildirim Türker dal romanzo di Esma Ocak; fotografia: Erdal Kahraman; montaggio. Mevlüt Koçak; musica: Selim Atakan; interpreti: Türkan Soray (Hanim), Tarik Akan (Omer), Mine Cayiroglu, Füsun Demirel, Gülsen Tuncer, Taner Barlas, Levent Yilmaz; produzione: Turkish Family Health and Planning Foundation; distribuzione: IMC; origine: Turchia; anno: 1990; durata: 83'. |
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Trama: |
Berdel in turco significa "scambio delle mogli". È quello che realizza Omer che cede la figlia maggiore per avere una nuova sposa, visto che la prima gli ha dato solo figlie femmine. Non tutto andrà come lui desidera.
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Critica (1): | "Berdel" è il termine che indica in Turchia una strana usanza arcaica, una specie di scambio ad uso procreativo, dove la donna viene intesa alla stregua di un ventre che genera figli e quindi considerata un oggetto di scambio, al di là di ogni dignità umana, di ogni considerazione dei suoi sentimenti. Berdel è il titolo di questo film di Atif, maestro del cinema turco, vincitore ad Europacinema '91.
Qui si tratta di una moglie incapace di generare un maschio e che perciò viene messa da parte dal marito il quale baratta la figlia più grande con la moglie di un amico. Naturalmente la ragazza è innamorata di un giovane operaio e deve accettare lo scambio rinunciando all'amore e andando a vivere con un uomo già anziano e per di più ammalato. D'altra parte la nuova moglie del protagonista darà alla luce un'altra bambina, gettando l'uomo nella più nera disperazione e segnando la sua solitudine.
Ma ciò che è importante nel film è la forza delle figure femminili che sembrano, in un contesto sociale arretrato dove vige una legge del maschio, testimoniare del sostrato matriarcale, molto più arcaico e profondo, che risale all'antica terra anatolica. La figlia e la moglie sono due figure fortissime e tenaci nei loro moti di ribellione contro la legge maschile e contro l'arretratezza asfissiante della moralità tribale che regna nel paesino turco, contro una rassegnazione fatta di stanche ripetizioni di cerimonie arcaiche, ma anche di miseria e solitudine. E in fondo Berdel è un film sulla solitudine. A ritrovarsi solo alla fine del film è il marito, che quando si riavvicina alla moglie ripudiata in un disperato tentativo di amore, è costretto quasi ad usarle violenza e paga il prezzo dell'abbandono definitivo della moglie, la quale lontana dal marito finalmente darà alla luce l'agognato maschio, ma morirà di parto. Il figlio maschio sarà così una specie di condanna per il marito, che rimarrà solo, segnato da rimorso per la morte della moglie e dal rancore della figlia che lascerà il paese insieme al fidanzato. Scandito sui tempi di una tragedia antica, Berdel ha il pregio di raccontare una storia dove il destino, la costrizione della morale, l'umiliazione si scontrano coni moti di dignità umana, con l'amarezza della solitudine, con la forza dei sentimenti.
Bruno Roberti, Vivi il cinema N. 42-43 maggio/giugno 1992
ATIF YILMAZ
Nato in Turchia nel 1926, studia diritto e successivamente storia dell'architettura all'Accademia delle Belle Arti di Istambul. Nel '47 si unisce al gruppo di artisti noti come "I pittori dell'Attica" e nello stesso anno inizia l'attività di critico cinematografico. Il primo lungometraggio è del '51, da allora fa uscire nel suo Paese una nuova opera praticamente ogni anno. La sua ampia filmografia è sconosciuta al pubblico occidentale. Berdel è il suo primo film distribuito in Italia. |
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