Into Paradiso
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Regia: | Randi Paola |
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Cast e credits: |
Soggetto: Paola Randi, Michela Bozzini, Stefano Voltaggio; sceneggiatura: Antonella Paolini, Paola Paolini, Luca Infascelli, Chiara Barzini; fotografia: Mario Amura; musiche: Fausto Mesolella; montaggio: Gianni Vezzosi; scenografia: Paki Meduri; costumi: Mariano Tufano; interpreti: Gianfelice Imparato (Alfonso D’Onofrio), Saman Anthony (Gayan), Peppe Servillo (Vincenzo Cacace), Eloma Ran Janz (Giacinta), Gianni Ferreri (Colasanti), Shatzi Mosca (Venezia); produzione: Fabrizio Mosca per Acaba Produzioni in associazione con Cinecittà Luce; distribuzione: Cinecittà Luce; origine: Italia, 2010; durata: 104’. |
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Trama: | Alfonso, timido e impacciato scienziato napoletano disoccupato, e Gayan, affascinante ex campione di cricket srilankese che non ha più un soldo e che è giunto a Napoli in cerca del paradiso, si troveranno loro malgrado obbligati a convivere in una catapecchia eretta abusivamente sul tetto di un palazzo nel cuore del quartiere srilankese della città partenopea. La paradossale situazione farà nascere tra i due una speciale amicizia che li aiuterà a trovare il coraggio di cambiare il loro destino per sempre. |
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Critica (1): | Ecco rappresentata, fuori di metafora, la condizione della convivenza, lo stare insieme per forza e il dividere lo stesso spazio da parte di persone di cultura ed estrazione sociale diversa. Passato a Venezia nella sezione Controcampo, Into paradiso segna l’esordio al lungometraggio di Paola Randi, regista milanese (e qui c’è già la prima sorpresa, dato che per una volta lo sguardo su Napoli non è appannaggio esclusivo dei napoletani) che ha alle spalle esperienze varie ed extra-cinematografiche [...] che le hanno regalato quello sguardo in più su realtà e modi per raccontarla. Infatti, Into paradiso si segnala non solo per il tema legato all’integrazione e alla convivenza tra genti diverse, non solo etnie ma anche gruppi sociali, italiani con gli stranieri e stranieri con gli stranieri, ma soprattutto per quel tono e per quello sguardo originale e obliquo con cui guarda a queste cose. Una fotografia vistosa, una scenografia che è già personaggio (questa Napoli sopra i tetti), un gruppo d’attori sorprendente (Peppe Servillo severo e morbido alla stesso tempo, Imparato maschera comprensiva), musiche originali di Fausto Mesolella, chitarrista degli Avion Travel.
(Dario Zonta, L’Unità, 11 /2/2011)
Commedia made in Italy, la storia infinita. Stiamo ancora contando gli incassi di Benvenuti al Sud, e già esplode il fenomeno Checco Zalone. Una bella giornata fa il tutto esaurito, e arriva a ruota il successo di Cetto La Qualunque. I comici dell’ultima generazione hanno scoperto la gallina dalle uova d’oro: è il nostro Mezzogiorno, ricettacolo di vizi e sciagure, ma anche serbatoio inesauribile di storie, ambienti, problemi. Naturalmente “indossati” da uno o più comici di solida fama televisiva.
Eppure non è così semplice. La commedia made in Italy – archiviamo il termine “commedia all’italiana” per favore, che evoca anni e personaggi remoti – ha anche i suoi eretici. Autori che non si limitano a gestire comici e copioni infallibili, ma provano, cercano, azzardano. Dandoci film bizzarri quanto seducenti come Into paradiso [...].
Anomalia n° I: Into paradiso è tutto girato a Napoli ma la regista, Paola Randi, è nata e cresciuta a Milano («Volevo fare una fiaba coi piedi per terra, non cercavo il vero ma il verosimile, niente è più pericoloso che filmare Napoli se non la conosci come le tue tasche!»).
Anomalia n° 2: i protagonisti non sono comici rodati in Tv ma un eccellente attore di teatro confinato finora in ruoli di fianco e uno straordinario musicista (Gianfelice Imparato e Peppe Servillo degli Avion Travel, impagabili), affiancati da due bravissimi srilankesi che nella vita fanno uno il cuoco a Lecco e l’altra la badante a Roma, Saman Anthony e Eloma Ran Janz (ironia della sorte, Anthony, che nel film fa il campione di cricket costretto a ricominciare da zero in Italia accudendo un’anziana appassionata di telenovelas, è il fratello di un famoso regista di Sri Lanka specializzato in film di arti marziali).
Anomalia n° 3: circolano killer, camorristi e politici corrotti, c’è una pistola che passa di mano in mano e un delitto tra i vicoli: ma quasi tutto il film si svolge non proprio a Napoli ma qualche metro più su, fra i tetti e le terrazze del Cavone, in una “Little Sri Lanka” nascosta nel cuore della città che è stato il set naturale e la prima fonte d’ispirazione di Into paradiso.
«È un posto fantastico, che prova la tolleranza, l’inventiva e la capacità di adattamento del nostro Meridione», dice la regista. «Ovvero l’importanza di usare l’immaginazione per risolvere i nostri problemi di tutti i giorni. Perché l’Italia di oggi è un caos, ma con questo caos dobbiamo pur vivere. Tutti quanti, italiani e non». Ed ecco la parola chiave del film: immaginazione. Into paradiso infatti non è una banale commedia “sociologica”, ma un piccolo festival di invenzioni visive e un omaggio «all’unica forma d’arte che tutti pratichiamo in privato. senza dover imparare arti e mestieri: il sogno a occhi aperti. Cioè la capacità innata, in ognuno di noi, di dare forma nella mente al mondo che ci circonda».
Paola Randi infatti viene dalla pittura (oltre che da seri studi di Giurisprudenza: la fantasia ha bisogno di regole) e ha alle spalle una serie premiatissima di corti realizzati usando le tecniche più stravaganti. Come ci ricorda anche qui visua1izzando le fantasticherie di Gianfelice Imparato, innocente braccato dai killer, con l’antica e nobile tecnica del cinema stop motion (immagini animate dal vero). O magari allestendo un piccolo set nel set all’interno del quale l’omino in pericolo proietta – letteralmente – i suoi ricordi per capirci qualcosa. Con un effetto comico e insieme poetico che fa sognare su quanto le nostre commedie potrebbero essere più inventive se i quattrini andassero non solo al divo di turno ma al lavoro su immagini e racconto (onore a Fabrizio Mosca che ha creduto in un progetto così insolito e lottato anni per riuscire a produrlo).
«La storia – conclude Paola Randi – nasce da una suggestione semplicissima. Un giorno a Napoli ho visto due gruppi di ragazzini giocare in piazza Dante. Solo che i primi, napoletani, giocavano a calcio con una palla da tennis; i secondi, srilankesi, giocavano a cricket. Mi sono chiesta: che cosa succederebbe se Totti o Del Piero fossero costretti a emigrare e ricominciare da zero in un paese dove il calcio non esiste?». Il risultato, girato in sole cinque settimane e con un budget a dir poco austero, è un film così insolito e sofisticato (notevoli anche le musiche di Fausto Mesolella) che non sembra italiano. Ma fa pensare a quante diverse Italie ci sarebbero da raccontare, con leggerezza, se solo volessimo.
(Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 1/2/2011) |
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