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Kreuzweg - Le stazioni della fede - Kreuzweg


Regia:Brüggemann Dietrich

Cast e credits:
Sceneggiatura: Dietrich Brüggemann, Anna Brüggemann; fotografia: Alexander Sass; montaggio: Vincent Assmann; scenografia: Klaus-Peter PlattenM; costumi: Bettina Marx; interpreti: Lea van Acken (Maria), Franziska Weisz (madre), Florian Stetter (padre Weber), Lucie Aron (Bernadette), Moritz Knapp (Christian), Klaus Michael Kamp (Padre Klaus), Hanns Zischler (impresario pompe funebri), Birge Schade (insegnante di ginnastica), Georg Wesch (Thomas), Ramin Yazdani (medico); produzione: Ufa Fiction in coproduzione con Arte e Swr; distribuzione: Satine Film, origine: Germania, 2014; durata: 107’.

Trama:La 14enne Maria è stretta tra due mondi: a scuola ha tutti gli interessi tipici di un'adolescente, ma quando è a casa con la sua famiglia segue gli insegnamenti della 'Fraternità di San Paolo' e la loro interpretazione fondamentalista del cattolicesimo. Tutto quello che Maria pensa e fa è posta all'attenzione di Dio: il suo cuore appartiene a Gesù e lei è decisa a seguirlo, a diventare santa e andare in Paradiso. E poiché il Signore è un pastore rigoroso, la ragazza vive nella costante paura di commettere qualche peccato. Divisa tra i dogmi familiari, le convinzioni del mondo esterno e l'interesse per Christian, un compagno di scuola, Maria, nel disperato tentativo di accontentare tutti, si troverà intrappolata in mezzo a due fuochi e a passare attraverso 14 stazioni, proprio come fece Gesù nel suo cammino verso Golgota, per raggiunge il suo obiettivo finale.

Critica (1):Opera radicale con 14 sequenze a macchina fissa, 14 tappe del Calvario, di Dietrich Brüggemann, regista che certo ama i film di Dumont, prima ancora 'Ordet' di Dreyer e Bergman. Spietato come un teorema, respinge la pìetas e privilegia l'antropologia religiosa: un'opera notevolissima, pezzo unico che sorpassa il relativismo verso l'assoluto, espressione audace di un martirio aggiornato, con un maxi complesso di colpa tedesco ma cui attingiamo tutti.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 29/10/2015

Critica (2):È una riflessione sulla spiritualità a confronto con la società contemporanea, come sono stati alcuni tra i più importanti film dell'ultimo decennio: da 'In memoria di me' di Saverio Costanzo al tedesco 'Il grande silenzio', al polacco 'Ida'. Ma 'Kreuzweg' ( in tedesco via crucis ) è anche testimonianza su un fenomeno preciso, di deviazione del cattolicesimo. Attraverso la vicenda dell'adolescente Maria votata alla santità sotto pesanti condizionamenti, raccontata con stile asciutto e severo attraverso 14 quadri corrispondenti alle stazioni della Via Crucis, si parla della Fraternità di San Pio X, fondata dal vescovo francese Lefebvre. (...) Spunto di pensieri sul vivere la fede nel mondo reale.
Paolo D'Agostini, Il Messaggero, 29/10/2015

Critica (3):Probabilmente mai come in questi anni i tempi stanno correndo freneticamente e sembra che niente e nessuno sia in grado di fermarli. L’unica soluzione per reggere il passo pare essere quella di assecondarli, a costo di rischiare la propria identità, per non sparire completamente.
Anche la religione non è esente da tale pressione, così come il cinema. Due sfere decisamente lontane e tuttavia accostate in maniera sorprendentemente naturale da Dietrich Brüggemann, il quale decide di realizzare una pellicola che racconti l’importanza del cambiamento attraverso una storia che nasce dalla tradizione (religiosa e cinematografica) e che di essa si nutre.
Kreuzweg - Le stazioni della fede racconta il Calvario (nel vero senso della parola) di un’adolescente cresciuta secondo un’educazione cattolica fondamentalista ancorata agli insegnamenti biblici basilari, priva dei cambiamenti apportati dal Concilio Vaticano II. Il regista decide di incastonare il racconto in uno stile (apparentemente) primordiale, attraverso quattordici lunghi piani sequenza realizzati a camera fissa (a parte un paio di eccezioni). Il cinema e la spiritualità sembrano essersi fermati ai loro albori: l’uno alle vedute statiche delle origini, l’altra ai dogmi della Chiesa fondata da Pietro. La frenesia, il cambiamento, la velocità dei giorni a noi contemporanei sono del tutto azzerati in nome di un ritorno alla tradizione che tuttavia, mai come ora, è carica di una portata innovatrice senza paragoni.
Lo scopo principale dell’autore è quello di mettere il pubblico nei panni di Dio. Il suo film è una metafora precisa e spietata di quello che è stato il percorso di Gesù verso la crocifissione. E non ci si riferisce solo alle quattordici tappe che costituiscono la via crucis (puntualmente chiamate in causa a scandire i capitoli della pellicola), quanto all’impossibilità di fare qualcosa per intervenire nella vicenda. Tutto è immobile e non c’è via di fuga, non c’è nessuna possibilità di azione. Attraverso una suspense perfettamente calibrata, Brüggemann costruisce un climax impossibile da sostenere: una giovanissima e innocente ragazza si avvicina frettolosamente verso un sacrificio che non le compete e lo spettatore non può far altro che assistere passivamente al macabro spettacolo messo in scena con una crudeltà tanto cinica quanto elementare.
Siamo costretti a subire il fascino di un cinema rigido, freddo e formale che rischia di non essere accettato perché non coerente con i tempi. Un ossimoro straziante e deprimente, per un'opera che rischia di non riceve l’accoglienza sperata. E ogni riferimento a qualsiasi creatore divino fattosi uomo non è puramente casuale.
Simone Soranna, cineforum.it

Critica (4):
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