Decalogo 8 - Dekalog, osiem
| | | | | | |
Regia: | Kieslowski Krzysztof |
|
Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; fotografia: Andrzej Jaroszewicz; montaggio: Ewa Smal ; musiche: Zbigniew Preisner; scenografia: Halina Dobrowolska ; costumi: Hanna Ćwikło e Małgorzata Obłoza; interpreti: Maria Kościałkowska (Zofia), Teresa Marczewska (Elżbieta Loranz), Tadeusz Łomnicki (sarto), Artur Barciś (studente); produzione: Telewizja Polsha, Sender Freies Berlin; origine: Polonia, 1989; durata: 57'. |
|
Trama: | "Non dire falsa testimonianza".
Durante una lezione universitaria che verte sull'etica, la professoressa Zofia lascia la parola a Elżbieta, una giornalista che viene dall'America e che la professoressa conosce per averci lavorato insieme. Elżbieta racconta un fatto avvenuto a Varsavia nel 1943, quando una giovane coppia cattolica rifiuta - adducendo come scusa di non poter mentire a Dio - di aiutare una bambina ebrea che aveva necessità di un formale certificato di battesimo e quindi di padrini cattolici, ruolo per il quale la coppia si era inizialmente resa disponibile. Mentre Elżbieta racconta la storia, la professoressa Zofia si turba sempre più: ha capito che Elżbieta era la bambina a cui anni prima negò aiuto. Le due donne passano la serata insieme, e Zofia rivela ad Elżbieta i retroscena di quella storia lontna. |
|
Critica (1): | Se il numero 7 si apre con un pianto notturno di bambina sulle immagini del falansterio nel quartiere di Stawki, il numero 8 (“Non dire falsa testimonianza”) è introdotto dal fugace flashback di una bambina dallo sguardo allarmato... Indovineremo poi che è un'immagine del febbraio '43, quando la piccola ebrea Elżbieta, viene portata in una casa destinata a non rivelarsi accogliente. Sfuggita per miracolo all'olocausto, alcuni decenni dopo Elżbieta torna a Varsavia e affronta all'università la professoressa Zofia mentre fa lezione di filosofia morale. Fu lei che la respinse bambina, esponendola a morte quasi certa: eppure si tratta di una persona straordinaria, quasi di un'eroina della resistenza. Perché addusse motivi religiosi per rifiutare la bambina? Lo fece per paura? No, non poteva esporre a rischio i compagni della clandestinità. Ma in prospettiva le vicende umane si stingono, le persone cambiano e anche i luoghi rivisitati non dicono più niente. Chi ha mentito può averlo fatto a fin di bene. Chi è stato presente (come il vecchio sarto del finale) preferisce tacere. Non resta che compatire i reciproci errori, al di là delle tragedie storiche e delle inevitabili infrazioni che tutti facciamo alle presunte leggi divine. Il gesto finale di Elżbieta verso Zofia, visto da lontano e attraverso un vetro, è di riconciliazione.
da Il filmnovanta: cinque anni al cinema: 1986-1990, Mondadori, Milano, 1990 |
|
Critica (2): | |
|
Critica (3): | |
|
Critica (4): | |
| |
| |
|