Queen Kelly - Queen Kelly
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Regia: | Von Stroheim Erich |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Erich Von Stroheim; fotografia: Gordon Pollock, Paul Ivano; scenografia: Erich Von Stroheim, Harold Miles; interpreti: Gloria Swanson (l'orfana Patricia Kelly), Walter Byron (principe Wolfram), Seena Owen (la Regina), Sylvia Ashton (zia di patricia), Sidney Bracey (cameriere di Wolfram), William von Brincken (aiutante di Wolfram), T ully Marshall (il vecchio Jean); produzione: Joseph Kennedy e Gloria Swanson per la United Artists; durata: 110'. |
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Trama: | Regina V di Kronberg è promessa sposa al principe Wolfram, ma lui si dimostra un uomo impossibile per via della sua indole di seduttore e per la sua mancanza di rispetto per le convenzioni sociali. Un giorno però vede Patricia Kelly passeggiare insieme alle altre studentesse nel giardino del convento in cui vive e, innamoratosi perdutamente a prima vista, quella stessa notte la rapisce e la porta al castello. Lì, nella sua stanza, Wolfram si dichiara e i due giovani trascorrono la notte insieme. La mattina dopo, Regina li sorprende e, piena di rabbia, caccia la ragazza dal palazzo e confina il principe nelle segrete del castello. A Kelly non resta che fuggire lontano e così parte per l'Africa, dove vive sua zia. Una volta lì, la ragazza non potrà sottrarsi al matrimonio che la zia ha combinato per lei con il disgustoso Jan ma, alla morte della zia, Kelly riuscirà finalmente a ribellarsi. Il suo gesto la trasforma in una delle donne più famose del paese. Riuscirà a questo punto Wolfran, che non l'ha mai dimenticata, a ritrovarla? |
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Critica (1): | Queen Kelly segna praticamente la fine della carriera di Stroheim regista; è il suo ultimo film muto, girato nel '28 e interrotto nella lavorazione dal panico seguito all'avvento del sonoro. Gloria Swanson, vedette n.1 della Paramount, aveva cominciato a produrre personalmente i suoi film, in società con Joseph Kennedy (padre del futuro presidente degli Stati Uniti), e aveva offerto a Stroheim di dirigerla in questa storia d'amore infelice tra una povera fanciulla e il principe ereditario di un regno mitteleuropeo. Da tempo inattivo, Stroheim aveva colto l'occasione per tornare alla regia, ma ancora una volta era stato tradito dalle circostanze. Ciò che del film è oggi possibile vedere nella copia conservata al Museum of Modem Art di New York, parte dalla famosa scena delle mutandine tra Patricia (Gloria Swanson) e Wolfram (il giovane attore inglese Walter Byron), passa attraverso l'ira della regina, che scaccia la ragazza, e termina col suicidio di quest'ultima e la disperazione di Wolfram. [...] La selezione di Queen Kelly conservata a Roma, alla Cineteca Nazionale, non riporta la famosa scena delle mutandine, di cui abbiamo già parlato, ma ci introduce direttamente nel palazzo reale di Ktinigsberg, mentre si svolge un grande banchetto. La macchina da presa inquadra la tavola dall'alto, diagonalmente rispetto allo schermo. Senza nessuna preoccupazione di verosimiglianza, Stroheim mette in bocca alla regina l'annuncio che il suo matrimonio con il principe Wolfram avverrà domani e non in autunno. Wolfram è sorpreso, trasale, fa cadere la saliera, e per scongiuro getta pizzichi di sale dietro le spalle. La corona campeggia, in primissimo piano, davanti alla coppia seduta. Ancora nel più folle anti-realismo, nel disprezzo d'ogni motivazione "psicologica", scoppia l'amore di Wolfram per la ragazza intravista una sola volta, sia pure nelle strane circostanze che abbiamo già descritto. In un crescendo di delirio, Wolfram e un suo amico decidono di recarsi al convento e di introdurvisi clandestinamente; poi elaborano e mettono in atto una inverosimile macchinazione, che prevede un incendio e il conseguente allarme, per far uscire suore e orfane dalle loro camere e poter rapire Kelly approfittando della confusione. Piano stravagante, che comunque riesce. La selezione del film conservata a Roma termina proprio con la fuga dei due uomini oltre le mura del convento inquadrati tra i rami di mimosa con il corpo di Kelly sulle spalle, avvolto in una coperta. Sappiamo che doveva seguire l'amore dell'orfana e del principe con la conseguente ira della regina, e una scena molto violenta in cui la regina scacciava la ragazza da palazzo a colpi di scudiscio. A questo punto è stato innestato il finale fasullo: Kelly disperata per la brusca fme del suo sogno d'amore, si uccideva. L'intenzione di Stroheim era completamente diversa: non solo Kelly sopravviveva alla delusione, ma veniva chiamata in Africa da una vecchia zia, tenitrice di bordello, che alla sua morte ereditava. Regina quindi lo diventa, Kelly, dapprima del bordello, poi, raggiunta dal principe sempre innamorato di lei, del reame che, umiliata, aveva dovuto un tempo abbandonare. Anche qui, le attese dello spettatore sono frustrate dal fatto che prima di approdare al lieto fme matrimoniale, l'eroina non solo passa attraverso il bordello, ma, come già in Merry Widow, attraverso un laido matrimonio con il vecchio, repellente e ricchissimo Jean (Tully Marshall), le cui gambe paralizzate, come quelle del barone Sadoja, introducono esplicitamente una figura di castrazione. In Queen Kelly, dunque il reame immaginario di Ktinigsberg, metafora della mitteleuropa, avrebbe dovuto costituire solo la scena d'un "prologo". Poi sarebbe avvenuto l'incontro di Stroheim con l'Africa, sotto le specie emblematiche del bordello. Dobbiamo qui sottolineare la funzione della scena africana, non solo per Stroheim, come luogo delle disperazioni e dei fallimenti, serbatoio di tutte le frustrazioni e di tutti i vani sogni di rivalsa: pensiamo ai contemporanei film di Tod Browning con Chaney (West of Zanzibar, Where East is East), ma pensiamo pure alla matrice conradiana, alla follia di Almayer, al cuore di tenebra. La differenza sta nel fatto che il bordello, luogo di frustrazioni e di castrazioni, per Stroheim doveva alla fme consentire a Kelly una paradossale rivincita, riconsegnadola ricca e regina a quel palazzo da cui era stata cacciata con ignominia. Di questa parte africana, non c'è più quasi traccia, salvo alcune fotografie di lavorazione. Del resto, pensiamo sia appena necessario sottolineare la forza dirompente d'un simile epilogo; anche sul piano d'una semplice esposizione della trama. La mésalliance tocca qui i suoi estremi: opposti e complementari, Corte e Bordello producono Regine, e il Bordello dà la Regina alla Corte. Del sogno d'un pugno di fieno fresco aspirato una volta, rimaneva un derisorio lieto fine matrimoniale, 1'dinastica d'una Presa di Potere del Bordello
Alessandro Cappabiana Von Stroheim, il castoro cinema |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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