Tideland - Il mondo capovolto - Tideland
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Regia: | Gilliam Terry |
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Cast e credits: |
Soggetto: Tony Grisoni, Terry Gilliam, dal romanzo di Mitch Cullin; sceneggiatura: Tony Grisoni, Terry Gilliam; fotografia: Nicola Pecorini; musiche: Mychael Danna, Jeff Danna - la canzone "Wash Me in the Blood" è di Dave Howman, André Jacquemin; montaggio: Lesley Walzer; scenografia: Jasna Stefanovic; arredamento: Sara McCudden; costumi: Mario Davignon, White Delphine; effetti: Leo Wieser, John Paul Docherty, Richard Bain, Bleeding Art Industries Inc.; interpreti: Jeff Bridges (Noah), Jodelle Ferland (Jeliza-Rose), Brendan Fletcher (Dickens), Janet McTeer (Dell), Jennifer Tilly (Regina Gunhilda), Dylan Taylor (Patrick), Sally Crooks (madre di Dell), Aldon Adair (Luke); produzione: Capri Films Inc.-Recorded Picture Company (Rpc); distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Canada-Gran Bretagna, 2005; durata: 120'.
Vietato14 |
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Trama: | Alla morte di sua madre per overdose, l'undicenne Jeliza-Rose lascia la casa di Los Angeles insieme al padre Noah, un ex musicista rock fallito, anche lui tossicodipendente, per trasferirsi in una località sperduta in Texas, nella vecchia casa paterna. Quando anche Noah muore, la ragazzina resta sola e si rifugia in un mondo fantastico in cui gli scoiattoli parlano, teste di bambole danno consigli e feroci squali infestano una ferrovia abbandonata. Ad accompagnarla nelle sue mirabolanti avventure arriveranno anche due strambi vicini di casa: l'enigmatica Dell e suo fratello Dickens. |
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Critica (1): | Provocatorio, offensivo, romantico. Il capolavoro di Terry Gilliam arriva finalmente in Italia (ultimo paese al mondo). Fiaba nera, imperdibile e indipendente, Tideland-Il mondo capovolto (2005) è uscito in 25 copie e la neonata Officine Ubu, che distribuisce, non può diffonderlo ovunque (...).
È una storia sconvolgente che, aggrappandosi a Lewis Carroll, diventa sostenibile. E che lancia Jodelle Ferland, star di 9 anni e mezzo della tv canadese, qui capace di trasformarsi in 19enne o 30enne a seconda delle necessità del copione, lì dove la situazione potrebbe traumatizzarla ed è invece lei, aiutata dalle sue 4 bamboline dalla testa mozza, a traumatizzarci con innocenza feroce (a 9 anni si metabolizzano da dio i telefilm, meglio degli adulti). Tideland è un western d'oggi, dark e d'amore, in cui le lucciole hanno un nome e si nuota, preferibilmente in aria e sottoterra. Pauroso, ma dalla luce gialla radiante, che non lascerà nessuno indifferente si amerà o si odierà. Sentimenti estremi, introvabili all'uscita dei multiplex ormai, quasi proibiti. L'epilettico Brendan Fletcher, la nemica delle api Janet McTeer e la schizzata Jennifer Tilly nel cast.
Tideland ("La terra della marea") è tratto dal bestseller profetico (è impregnato di immagini dei disastri a venire), scritto nel 2000 dal trentenne texano Mitch Cullin. Lo scrittore fa capolino in una scena, sull'autobus, seduto dietro a un impresentabile e maleodorante Jeff Bridges, il "Mastroianni di Terry Gilliam", che dirige esibendo "la bontà e il mostro" che sono in noi e in una rock star, metà rosa e metà nero, trasformandolo nel protagonista meno imbalsamabile dell'anno. In Tideland c'è tutto quel che angoscia oggi il cittadino d'Occidente: eroina, anoressia e overdose; terrorismo, necrofilia e putrefazione della carne; petomania, pedofilia e violenza ai minori; follia, lobotomia e esotismo... eppure è un film che dice un grande sì alla vita. E rovescia il nostro modo di trattare l'infanzia solo come vittima sacrificale (leggi dati Onu), mentre è anche un unghiuto osso duro. Lo scopo è anche offendere la religione, per l'"esclusiva" che pretende di avere sulla morte. Provocare è, al contrario, un valore dell'Occidente, la libertà di parola e di espressione fino all'offesa. Se non fosse così, senza Illuminismo, qui e nell'Islam (non Abdullah II, re wahabita che incontra Ratzinger in questi giorni per far patti integralisti) metà delle commedie che si realizzano (e delle vignette, e dei cori ultrà) sarebbero illegali. Già, ma i cori ultrà offensivi sono già illegali....
Iconograficamente questa fiaba nera è molto ricca e provocatoria. C'è dentro Alice nel paese delle meraviglie e Psycho di Hitchcock, testoline semi-Barbie surrealiste, e dunque Svankmeyer; Buñuel del Cane andaluso e Walt Disney, l'adorato maestro di Gilliam (che è soprattutto un cartoonist), visto lo scoiattolo parlante. Il clima è da Zazie di Queneau. Molto citato il pittore gotico delle praterie, Andrew Wyeth, a cui il direttore della fotografia, il "nostro" esule Nicola Pecorini, ha aggiunto fish-eye, dinamismo da sublime steady-cameraman e un po' di acido lisergico degno di Paura e delirio a Las Vegas. La luce e i campi di grano sono autobiografici, ricordano il natio Minnesota del regista (ma il set è in Canada, perché solo lì Gilliam ha trovato la produttrice, con sensibilità e coraggio adeguati all'impresa).
Il regista inglese (ha appena rinunciato alla seconda cittadinanza Usa) che viene da Monty Phyton e passa per Brazil, Il senso della vita, Munchausen e altri capolavori né mainstream né underground, lo ha re-interpretato usando uno schema che, per ritmo narrativo, è antitetico alle leggi "aristoteliche" di Hollywood. Il metodo Gilliam è un fluxus continuo: 1.catturare subito il pubblico. 2. Tenerne costantemente desta l'attenzione, con ogni trucco 3. finire con qualcosa di memorabile. Missione compiuta.
Roberto Silvestri, il manifesto, 2 /11/2007 |
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