Permanent vacation - Permanent vacation
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Regia: | Jarmusch Jim |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Jim Jarmusch; fotografia: James A. Lebovitz; montaggio: Jim Jarmusch; suono: Kevin Dowd; musica: John Lurie, Jim Jarmusch, Up There in Orbit eseguita da Earl Bostic; interpreti: Chris Parker (Allie), Leila Castil (Leila), John Lurie (suonatore di sax), Richard Boes (Veterano), Sara Driver (Nurse), Charlie Spademan (Paziente), Jane Fire (Nurse), Ruth Bolton (madre); produzione: Cinesthesia; distribuzione: Lab 80; origine: Usa, 1980; durata: 80’. |
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Trama: | Incapace di dormire, Allie ha trascorso la notte camminando per le strade di New York. Ritorna nell’appartamento della ragazza con cui vive, le parla della propria solitudine, e poi decide di andare a visitare la madre in ospedale, dopo aver visto il quartiere in cui è nato, sconvolto da una guerra immaginaria. Cammina per strade deserte con edifici diroccati e coperti di fitta vegetazione. Le bombe esplodono a distanza. In un fatiscente ospedale, Allie visita la madre. Questa divide la camera con un’altra donna anziana che ride in modo convulso, spingendo l’uomo ad andarsene. Ancora per strada: bande di giovani posano davanti ad edifici abbandonati, una ragazza canta in spagnolo e quando cerca di parlarle questa gli risponde urlando parole di cui Allie non capisce il significato. Di fronte a un cinematografo un drogato nero gli racconta una barzelletta su di un musicista jazz che, trovatosi senza soldi in Europa, tenta di uccidersi. Quella stessa sera incontra un sassofonista che improvvisa serenate dal ritmo ipnotico, che lo accompagnano nei suoi vagabondaggi. Le prime luci del mattino trovano Allie addormentato su un tetto. Sceso ancora in strada, ruba l’automobile a due ragazze, sotto gli occhi indifferenti di un passante. A sera, la rivende a un ricettatore per 800 dollari. Torna poi a casa dall’amica e fa la valigia. Dopo aver scritto un messaggio alla ragazza, che non c’è, se ne va. È di nuovo mattino, in riva al mare. Si incontra con un giovane francese giramondo, che gli consiglia di andare a Parigi: almeno là Allie si troverà in una città diversa. Allie si dirige sul molo verso una nave da carico: mentre questa si allontana verso il mare aperto, egli osserva la città che si rimpicciolisce all’orizzonte. |
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Critica (1): | In maniera più precisa di qualsiasi altro film recente, Permanent Vacation di Jim Jarmusch offre una cronaca della nuova generazione perduta post-punk – un’odissea simile a un sogno, che accomuna l’immaginario della violenza metropolitana, le macerie bombardate di un’ambientazione dopo-bomba, un pigro senso di orrore metafisico. Tipico prodotto new wave, o, come preferisce chiamarlo Jarmusch, un «tipico prodotto dell’estetica del lower east side», Permanent Vacation è senza dubbio una narrazione un po’ discontinua, che presenta tuttavia una propria logica interna: la logica di un sogno da sveglio, con una notevole continuità e intensità di senso e di espressione, che rievoca i fantasmi del surrealismo, il culto giovanile dei film di Nicholas Ray e il jazz di Charlie Parker, che interpreta nel film il suo alterego appena mascherato, Allie, Permanent Vacation ci mostra alcuni giorni e notti insonni della sua vita, in giro per diverse strade, isolati e persino tetti della città bassa (...). La strategia di Chris, sia nella vita reale che nel film, è quella del non-coinvolgimento e della disorganizzazione. Due frasi da film di Nicholas Ray si adattano particolarmente bene al personaggio: «Non chiedermi niente, sono straniero anch’io» e «Voglio vivere in fretta e morire giovane». Infatti, Chris indirizza la seconda alla propria immagine nello specchio. L’idea di base è quella di rimanere distaccati e freddi, evitare i conflitti e i forti attaccamenti emotivi, e distaccarsi se le cose diventano scomode o pericolosamente coinvolgenti. Come ha spiegato il regista: «Quando si conosce qualcuno troppo bene, diventa pericoloso, perché le emozioni cominciano a coinvolgerti. Chris vuole evitare questo» (...). La struttura di Permanent Vacation rispecchia la personale strategia di sopravvivenza di Chris. È lineare, si muove sempre in avanti, mai all’indietro, non mostra mai un ambiente o un personaggio due volte. Spostandosi per la città, Chris incontra un assortimento eterogeneo di personaggi marginali; li incontra, ascolta le loro storie, li rimprovera, magari fa qualche piccolo affare, poi se ne va. Le sole immagini che ritornano sono il suonatore di sax e un’automobile sportiva di due colori, elementi centrali nella personale iconografia anni ’50 di Chris. Sebbene la macchina da presa sia evidentemente oggettiva e distanziata, in un atteggiamento quasi clinicamente documentario, acquista soggettività nell’ossessivo pedinamento di Chris. Non c’è una scena senza di lui, vediamo solo quello che vede lui e solo situazioni nelle quali lui è inserito, così che la sua vacanza continua diventa la nostra.
Steven L. Kaplan |
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Critica (2): | Permanent Vacation, primo lungometraggio del musicista Jim Jarmusch, descrive ventiquattrore della deriva di un adolescente di New York prima della sua partenza per la Francia. Gli incontri del giovane tessono a poco a poco, a piccole pennellate, il ritratto della sua solitudine, prima per lui stesso, poi per lo spettatore: sua madre in ospedale, un’amica in un appartamento vuoto, un vecchio combattente tra le macerie del quartiere in cui è nato, distrutto in una guerra immaginaria, bande di giovani, una squadra di pompieri, l’esibizione di un sassofonista in mezzo ai detriti… La notte, il deserto della città e i suoi rumori soffocati, i palazzi abbandonati, il sottofondo sonoro di un bombardamento, una violenza latente, catastrofica, regna sulla città, davanti alla quale il giovane è completamente passivo. Si accontenta di ascoltare e di guardare, di registrare come in lunghi piani sequenza di una macchina da presa. Questa violenza esplode in lui del tutto eccezionalmente quando si mette a ballare all’improvviso, a casa della sua amica, una danza vertiginosa. Il ritratto di New York che ci offre Jim Jarmusch ricorda Shadows di Cassavetes, vent’anni dopo e in solitudine.
Yann Lardeau, Cahiers du Cinéma n. 330, dicembre 1981 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Jim Jarmusch |
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