Re e la regina (I) - Rois et reine
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Regia: | Desplechin Arnaud |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Arnaud Desplechin, Roger Bohbot; fotografia: Eric Gautier; musiche: Grégoire Hetzel; montaggio: Laurence Briaud; scenografia: Dan Bevan; costumi: Nathalie Raoul; interpreti: Mathieu Almaric (Ismael), Emmanuelle Devos (Nora), Hippolyte Girardot (Avvocato Mamanne), Catherine Deneuve (Sig.na Vasset, la psichiatra), Maurice Garrel (Louis Jenssens), Nathalie Boutefeu (Chloe Jenssens), Jean-Paul Roussillon (Abel Vuillard), Catherine Rouvel (Monique Vuillard), Magalie Woch (Arielle), Noemie Lvovsky (Elzabeth), Elsa Woliaston (Dottoressa Devereux), Valentin Lelong (Elias), Joachim Salinger (Pierre Cotterelle), Schulamit Adar (Sig.ra Seyvos), Gilles Cohen (Simon), Francis Leplay (Christian), Olivier Rabourdin (Jean-Jacques), Marc Betton (Leopold Virag); produzione: Pascal Caucheteux per Why Not Productions - France 2 Cinema - Rhone-Alpes Cinema - Cnc - La Procirep - Canal + - Cine Cinema - La Region Rhone-Alpes - Cofimages 15 - Wild Bunch; distribuzione: Fandango; origine: Belgio - Francia, 2004; durata: 150'. |
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Trama: | I destini paralleli di Nora e Ismaël. Lei, sola e abbandonata a se stessa e alla continua ricerca dell'uomo giusto. Lui, rinchiuso per errore in un ospedale psichiatrico... |
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Critica (1): | Nora Cotterelle ha un obiettivo molto preciso nella vita: sposarsi con un uomo devoto, che sappia assicurarle stabilità e che soprattutto sia molto ricco. Nora ha un figlio, Elias, cuore segreto e emozioni fragili, il padre è morto prima che lui nascesse e il ragazzino è cresciuto col nonno materno scrittore che adora. In realtà adorava anche Ismael il precedente uomo della mamma, trentacinque-quarantenne cinematografico "tipo", dalla facile seduzione, disordine del musicista, debiti e testa altrove. Del padre biologico porta il nome, la mamma ostinata ha messo spalle al muro tutti i gradi della burocrazia celebrando le nozze quando lui era nella tomba.
Per Rois et Reine Arnaud Desplechin ritrova gli attori protagonisti di Comment je me suis disputé (ma vie sexuelle), il film che lo ha fatto esplodere, Emmanuelle Devos follia responsabile di Nora e Mathieu Amalric, il troppo "adulto" Ismael, entrambi corpi morbidi di meccanismo perfetto che seguono, assecondano, ritmano in un continuo dentro/fuori le digressioni emozionali del regista.
Desplechin in Italia è conosciuto in poche "bande" cinefile e Mueller ha fatto benissimo a scommetterci per il concorso, in Francia è tra gli autori di punta della sua generazione, la stessa più o meno dei personaggi nel suo film. (...)
Ma non è una storia d'amore che racconta Roi et Reines, anche slittamento nell'esplorazione dei set dopo due film, il magnifico Esther Khan e il più sfuggente e welleriano Léo (en jouant dans la compagnie des hommes) sulle ambiguità della "tecnica" cinema, pure se poi il meccanismo di "destrutturazione" è forse lo stesso.
Perché la materia del cineasta sono sempre i sentimenti e la loro rappresentazione, la crudeltà tenace e intima che scarta l'apparenza di questi oggetti pericolosi, giocati come in una gara.
Cosa nasconde la perfetta Nora? Il senso di responsabilità che la ossessiona le fa uccidere prima il giovane futuro padre, poi il padre malato terminale che l'ama e la odia e vorrebbe che morisse al suo posto. Eppure l'ha sempre coperta, ne era pazzo il padre, meraviglioso Maurice Garrel, dichiarazione di cinema come l'ironica Catherine Deneuve nei panni di una psichiatra...
Non sono mai glamour i personaggi di Desplechin, cioè li si ama poco e però anche tanto perché lui li sa amare pure nella loro sgradevolezza. "Ora dici scopare", rimprovera Amalric alla ex-Devos. "Sono adulta, basta cone le perifrasi", risponde lei mentre racconta la vita sessuale poco disputata col futuro nuovo marito, una canna, ogni tanto un tiro di eroina poi sdraiati a letto: "Lui viene subito e io pure". Piuttosto allora amori plurimi, composizione quasi dodecafonica dell'amore (lui suona Weber), tre capitoli, i re e la regina contro i codici del "sentimentale". Senza parlarci troppo della vita, l'occhio di Desplechin cerca movimento e seduzione, libera cinema e spazio anche in una stanzetta, stride coi corpi, mischia supporti secondo l'accelerazione del cuore.
Dice di amare Rohmer e pure Truffaut, del primo cerca la distanza siderale, del secondo la dolcezza feroce che sa conquistare. Amore. Cioè invidie rancori, famiglia che quella "naturale" chi dice che sia meglio? Rotture, nuovi incontri. Irrequietezza e pacificazione. Instabile ovviamente.
E poi la memoria col lieto-fine "pacificato" che non è età adulta ma forse una conquistata libertà. Memoria dolcemente preziosa, non condivisibile, in cui comporre le perdite e gli addii. Senza consolazioni. (...)
Cristina Piccino, il manifesto, 4/9/2004 |
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Critica (2): | Un confronto fra una donna (la "regina" del titolo) e i quattro uomini della sua vita (i "re"). La donna, che si chiama Nora con le stesse luci e le stesse ombre dell'eroina ibseniana di "Casa di bambole", è seguita, per buona parte dell'azione, in primo piano: con un amante Pierre, da cui aspettava un bambino, Elias, nato dopo la sua morte; con un altro amante Ismaël, da cui però si è distratta presto; con un fidanzato, Jean-Jacques, che ama poco ma che finirà per sposare; e infine con un padre, Louis, di cui, malato terminale, anticiperà, per eutanasia, la morte. In parallelo, ma con intrecci continui, si seguono, sempre in primo piano, le vicende di Ismaël, che scombinato e scriteriato, finisce in manicomio per errore, prima protestando, poi adeguandosi senza difficoltà, infine, uscito, pronto a rifiutare l'adozione di Elias, sollecitata da Nora, perché, in un epilogo, convince il bambino della necessità di non aver bisogno di padri finti. Ha imbastito queste due storie, seguendole spesso in parallelo ora appunto, intrecciandole ora solo alternandole, un regista francese, Arnaud Desplechin, incontrato finora quasi solamente a qualche festival. I personaggi li ha costruiti bene e così i loro reciproci rapporti (padre e figlia, quelli d'amore e di sesso), però ha insistito un po' troppo nel disegnarne le azioni e le reazioni, diluendosi in un racconto così fitto di eventi da sembrare derivato da un romanzo anziché da un soggetto per il cinema. La personalità complessa di Nora, comunque, ha un suo segno, specie quando, senza distinzioni maniache il nero lo si fa prevalere sul bianco, pur con motivazioni soggettive (un po', appunto, come la Nora di Casa di bambole). E un segno molto colorito ce l'ha anche la personalità di Ismaël, spesso incisa a tinte forti, ai limiti dello squilibrio e del disordine. Salvo l'epilogo in cui, invece, scade nel moralismo facile. Così un certo interesse il film lo pretende: anche quando Nora parla con Pierre e con il padre dopo che sono morti, senza giocare ai fantasmi. Nelle sue vesti c'è, molto intensa, Emmanuelle Devos, già vista nell'opera prima di Valeria Bruni Tedeschi È più facile per un...cammello. Con accenti furbi da clown, Mathieu Amalric come Ismaël pronto, in manicomio, nel personaggio di una psichiatra, a imbattersi addirittura in Catherine Deneuve. Che sembra però uscita da un altro film.
Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 19/5/ 2006 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Arnaud Desplechin |
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