Terapia di gruppo - Beyond Therapy
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Regia: | Altman Robert |
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Cast e credits: |
Soggetto: dalla commedia di Christopher Durang; sceneggiatura: Christopher Durang, Robert Altman; fotografia: Fiere Mignot. musica: Gabriel Yared; montaggio: Jennifer Aguè; scenografia: Stephen Altman; costumi: John Hay; suono: Françoise Coispeau; interpreti: Julie Hagerty (Prudence), Jeff Goldblum (Bruce), Glenda Jackson (Charlotte), Toni Conti (Stuart), Christopher Guest (Bob), Genevieve Page (Zizi), Cris Campion (Andrew), Sandrine Dumas (Cindy); produzione: Steven Haft, per New World Pictures / A Sandcastle 5 film; distribuzione: Eagle Pictures; origine: USA 1987; durata: 95'. |
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Trama: | Sarcastica vicenda di un omosesessuale curato in modo singolare da una psicanalista. Bob è un omosessuale che convive con Bruce, di cui è gelosissimo. Questi però intende dividere la sua vita anche con una donna. Bob, entrato in piena crisi, viene affidato a una psicanalista, che lo cura con metodi bizarri ma efficaci. Bruce riuscirà a legare con una donna, Bob si metterà con un altro. Commedia sarcastica diretta da Altman, che smonta il mito tutto americano delle sedute psicanalitiche. Strepitosa l'interpretazione di Goldblum nel ruolo di Bruce e quella di Glenda Jackson come psicanalista. |
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Critica (1): | New York. Attraverso gli annunci delle rubriche "Cuori solitari", Bruce e Prudence si incontrano. Nel ristorante popolato di stravaganti clienti la situazione precipita: Bruce rivela di avere un'amante, Prudence è sbigottita. Entrambi corrono dai loro psicanalisti: Prudence da Stuart che le fa la corte, e Bruce da Charlotte. Un secondo incontro fra i due è più fortunato. Bruce invita Prudence a casa sua: c'è anche Bob che si dimostra scorbutico e scontroso. Interviene anche Zizi, l'acida madre di Bob. Di nuovo riuniti al ristorante, Bruce e Prudence sono spiati da Stuart, mentre Charlotte porta Bob che finalmente, lì, sfoga le sue aggressività sparando (a salve) sugli avventori. Un'ultima cena riunisce i protagonisti e nuove coppie si formano: Bruce con Prudence, Stuart e Charlotte, Bob e Andrew (il figlio di Charlotte che fa il cameriere nel ristorante). Quando i convitati escono, fuori non è più New York, ma Parigi. Diversamente dagli anni Settanta in cui Altman era un regista di culto, gli anni Ottanta, passata la moda, si dimostrano avari con il director di Kansans City. Addirittura emigrato da Hollywood a Parigi. I suoi film filtrano con molta difficoltà sui mercati cinematografici (spesso i suoi nuovi produttori sono i network televisivi). In Italia gli ultimi titoli di Altman arrivano saltuariamente. Da Una coppia perfetta del 1979 ad oggi tre film su otto non sono arrivati: Health (1980), Secret Honor (1984), Laudromat (1985) non sono mai passati sugli schermi (o minischermi) italiani. Rendendo difficile, se non impossibile, considerato il regista in questione, una continuità di giudizio. Altman ad un certo punto, finita la moda contestatrice non ha più catturato l'immaginario del pubblico: la sua decostruzione dei generi andava ad urtarsi con la ricostruzione restauratrice e reazionaria dell'era reaganiana. I ripetuti insuccessi di Buffalo Bill e gli indiani, Un matrimonio e Quintet conferma la divergenza fra Altman e i suoi frequentatori middle class, ora con ben altre aspirazioni di successo, ansiosi di rientrare nell'alveo della classe da cui erano usciti e ben pentiti delle loro idee "rivoluzionarie". Altman invece non ha deviato, ha cambiato persino paese per rimanere fedele a se stesso. Il percorso di Altman, pur nella sua apparente depressione, si dimostra legato ad un filo rosso segreto. Non più quello, puro e semplice, della demistificazione applicata da Altman nei confronti delle istituzioni, ma un discorso sulle apparenze che quelle istituzioni producono. Questo secondo aspetto è tanto più evidente in questo nuovo periodo a partire da Health: l'Altman cosiddetto teatrale, quello che succeduto all'Altman dei generi Hollywoodiani, sembra pìù volentieri operare sui testi e sulle parole più che sui codici e sulle forme. Jimmy Dean, Jimmy Dean e Streamers ne sono la conferma. Anche se è una conferma che tende soprattutto alla claustrofobia, alla dimensione un po' soffocante dell'inerzia e dell'apatia. I personaggi sono chiusi in una gabbia: Le tre unità aristoteliche di tempo, luogo, azione. In Terapia di gruppo, tratto da una commedia teatrale di Christopher Durang, le tre unità intervengono come elemento di coesione, non di chiusura. La gabbia è molto più
elastica. Terapia di gruppo è infatti aereo e aperto. Tutto giocato sui toni della leggiadria e del tocco leggero. Alcuni momenti sono quasi da antologia, come quando la macchina da presa trascorre da un personaggio all'altro, visti isolatamente (in un momento di pausa rispetto all'incalzare della vicenda) seguendo con un movimento così fluido da sembrare un unico dolly. Ma la bellezza di Terapia di gruppo è soprattutto nell'ironia, nello sguardo un p& distaccato e superiore con cui è osservata questa vicenda al limite del paradossale. Non si cade mai nella tragedia e neppure nel dramma. La vita è strana, e come tale va vissuta: ogni sforzo razionalizzatore ed ordinatore è inutile. Ciò che semplicemente può essere trovato è l'elemento liberatore: íl "clou" di discarica. Come quando Bob, entrato nel ristorante con Charlotte, spara (anche se a salve, anzi proprio perché a salve) sugli avventori: In un primo momento i clienti del ristorante non capiscono che la pistola non è caricata con veri proiettili, si scatena il panico: si buttano sotto i tavoli, cercano di nascondersi, è il caos. L'intera sequenza è egregiamente realizzata al ralenti, senza ridondanze da spot pubblicitario: è netta, secca, chiara, precisa. Quasi un balletto. In questo magico momento si riconosce l'Altman migliore, quello più scanzonato. Quello che non soffre nell'alienazione (e dell'alienazione) degli oggetti, dei gesti e del linguaggio, ma ne ride e soprattutto ne sa far ridere.
Carlo Scarrone, Segno Cinema, n. 33 maggio 1988 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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