Keoma - Keoma
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Regia: | Castellari Enzo G. |
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Cast e credits: |
Soggetto: Luigi Montefiori; sceneggiatura: Mino Roli, Nico Ducci, Luigi Montefiori, Enzo G. Castellari; fotografia: Aiace Parolin; musiche: Maurizio De Angelis, Guido De Angelis; montaggio: Gianfranco Amicucci; scenografia e costumi: Carlo Simi; effetti: Giovanni Corridori; interpreti: Franco Nero (Keoma), William Berger (William John Shannon), Olga Karlatos (Lisa), Orso Maria Guerrini (Butch Shannon), Gabriella Giacobbe (la donna del carretto), Antonio Marsina (Lenny Shannon), Joshua Sinclair (Sam Shannon), Donald O'Brien (Caldwell), Woody Strode (George), Victoria Zinny (ragazza del saloon); produzione: Manolo Bolognini per Uranos Cinematografica; origine: Italia, 1976; durata: 97’. |
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Trama: | Keoma, un meticcio con sangue indiano, torma nel suo paese natio dopo aver combattutto la guerra di Secessione. Purtroppo trova la situazione molto cambiata: la cittadina è nelle mani del perfido Caldwell e tutti gli sono contro, tranne il padre ed un vecchio amico di colore. Con l'aiuto di entrambi l'uomo cerca di far ritornare le cose come erano prima della sua partenza, ma dovrà scontrarsi anche con i suoi fratelli. |
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Critica (1): | Le frequenti ricercatezze espressive rendono il film formalmente dignitoso, ma non ne riscattano la convenzionalità (...) non gli consentono di distinguersi per questo dai tanti vendicatori che affollano il western all'italiana
Segnalazioni cinematografiche n. 83.1977, da Dizionario del cinema italiano 1970-1979, Gremese, 1996 |
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Critica (2): | Keoma è un film che ama mescolare le carte del western lato sensu giocandole su tavoli estetici di volta in volta cangianti, dagli stilemi peckinpahiani (i frequenti ralenti che sospendono il tempo diegetico consegnandolo all’enfasi lirica della rappresentazione), a quelli della frammentazione ritmico-visiva leoniana (i primissimi piani, i dettagli, i flashback), si cerca di rendere lo spazio rappresentativo insistendo su una dialettica tra azione e meditazione tentando di costruire manieristicamente un discorso in cui l’assolutamente falso (il cinema in generale e il western casereccio in particolare che memore della classicità hollywoodiana ne mima le forme riproducendosi illimitatamente) ambisce a diventare verosimile (la pretesa di realismo conferita dalle sequenze di flagrante brutalità e dal triviale turpiloquio). (...) Splendide davvero le invenzioni di Castellari di un Franco Nero disegnato fumettisticamente come un novello messia nazareno (che in una delle sequenze più celebri e più suggestive viene crocefisso a una ruota e deriso dai torturatori) con un look che attinge ponderosamente dall’iconografia hippie del Jesus Christ Superstar di Price e Lloyd Webber, che reca con sé, metaforicamente, la vita (una donna incinta salvata dalle grinfie dei villains di turno) e la morte (una misteriosa vecchia che si aggira per tutto il film tirando affanosamente dietro di sé un carretto che prefigura simbolicamente il dolore dell’esistenza). L’insistita ipertrofia di alcune sequenze non pregiudica l’insieme di un film che segna melanconicamente l’autunno di un genere.
spietati.it |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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