Morgan matto da legare - Morgan A Suitable Case For Treatment
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Regia: | Reisz Karel |
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Cast e credits: |
Soggetto: David Mercer; sceneggiatura: David Mercer; fotografia: Larry Pizer, Gerry Turpin; musiche: John Dankworth; montaggio: Victor Proctor, Tom Priestley; interpreti: Newton Blick (Mr. Henderson), Bernard Bresslaw (un poliziotto), Graham Crowden (un uomo di legge), Irene Handl (Mrs. Delt), Nam Munro (madre di Leonie), Arthur Mullard (Wolly), Vanessa Redgrave (Leonie), Robert Stephens (Charles Napier), David Warner (Morgan); produzione: Leon Clore-Quintra Productions-British Lionfilms; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Gran Bretagna, 1966; durata: 97’. |
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Trama: | Leonia, ricca ereditiera, ha sposato, mischiando l’amore allo snobismo, un oscuro pittore figlio di ferroviere, un picchiatello refrattario alla civiltà dei consumi, il quale vagheggia una vita libera e naturale, e come sogna d’essere un gorilla così vede la moglie sotto specie di zebra. Non che la donna disprezzi il vigore d’un simile marito, ma poiché viverci insieme è davvero impossibile ha ottenuto il divorzio: un mercante d’arte astratta l’aspetta a braccia aperte. Il pensiero di doversi separare da Leonia è invece insopportabile a Morgan, che architetta i più strambi sabotaggi per terrorizzare il rivale e la moglie: lo minaccia con la pistoia, le infila uno scheletro nel letto, dipinge falci e martelli sugli specchi, mette le stanze a soqquadro con propositi dinamitardi. Cacciato, si rifugia dalla mamma, la vedova d’un comunista che lo consola ma anche lo rimprovera d’essere divenuto un borghesuccio. E lui, per riscattarsi, va a rendere omaggio alla tomba di Marx. Accampatosi davanti a casa in un’automobile tappezzata da simboli rivoluzionari, ogni tanto riesce a ricongiungersi alla moglie scalando le finestre; ma sono brevi momenti di felicità. Il rivale e la moglie, inveleniti dagli sberleffi, le esplosioni e i nastri registratori che riempiono le stanze di schiamazzi e ruggiti da giungla, si adoperano per farlo mettere in gabbia.
Con l’aiuto d’un vecchio lottatore soprannominato per l’appunto «il gorilla», Morgan decide di rapire la moglie. La porta in riva al fiume, sull’orlo dei boschi, e dolcemente le chiede di condividere con lui la vita agreste. Sia pure dopo una parentesi di tenerezza, l’offerta è respinta, e Morgan finisce in galera. Uscito il giorno delle nuove nozze di lei, piomba sul banchetto mascherato da scimmione: si salva dallo scompiglio fuggendo in motocicletta, col costume in fiamme, per le vie di Londra, ma presto lo acciuffano. In manicomio Leonia verrà ad annunciargli, con un sorriso, che sta per essere padre: la razza dei gorilla non si estingue. |
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Critica (1): | Presentato al Festival di Cannes nel 1966, Morgan matto da legare è uno dei maggiori classici nel filone del Free Cinema inglese. Diretto da Karel Reisz, il regista di Sabato sera, domenica mattina, e sceneggiato dal grande drammaturgo David Mercier, il film è caratterizzato da una decisiva innovazione dal punto di vista narrativo e formale, che ne ha fatto una delle pellicole più originali nella produzione di Reisz: una commedia bizzarra ed ironica con numerose gag piuttosto efficaci, che ha per protagonista l’attore David Warner (che trent’anni dopo sarà uno dei cattivi del film Titanic).
La storia, ambientata nella Swinging London degli anni ’60, è incentrata sulle strampalate vicende di Morgan Delt (Warner), un pittore disadattato e anticonformista con l’hobby di travestirsi da gorilla per provocare confusione negli ambienti dell’alta borghesia, nel vano tentativo di riconquistare la sua ex-moglie Leonie (Vanessa Redgrave), che sotto sotto prova ancora qualcosa per lui. Le disavventure di Morgan sono condite poi da una riflessione sul tramonto dell’utopia socialista, come testimoniano le numerose fissazioni del personaggio principale (come per esempio la sua mania per il simbolo della falce e martello).
Con Morgan matto da legare, Reisz firma una bizzarra commedia ricca di spunti interessanti ed arricchita dalle interpretazioni dei due bravi protagonisti; rivisto oggi, comunque, il film corre il rischio di risultare un po’ datato. Molto significativo l’epilogo, in cui Morgan, “ingabbiato” dalle convenzioni della società in cui vive, finisce in manicomio a disegnare aiuole a forma di falce e martello. È stato l’esordio cinematografico della diva inglese Vanessa Redgrave, che per il ruolo di Leonie ha ricevuto il premio come miglior attrice a Cannes e la prima nomination all’Oscar della sua carriera.
Stefano Lo Verme, mymovies |
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Critica (2): | Morgan matto da legare è un film molto simpatico, vicino a La vita alla rovescia di Jessua nell’idea-guida, ma nella realizzazione d’un timbro affatto britannico, all’incrocio fra una comicità farsesca, un lirismo squisito, e un’amarezza di fondo per i guasti della civiltà. Portando sul grande schermo un originale televisivo di David Mercer, il regista Karel Reisz non ha preteso dar fondo ai massimi sistemi di estetica cinematografica: il senso ideologico del film non è certamente nuovo (quante volte si è fatto del sarcasmo sul mondo dei benpensanti che mette la camicia di forza a chi rifiuta d’integrarsi!), né mancano echi della più varia provenienza (il più immediato è Non tutti ce l’hanno di Lester), ma è fresco e vivace il modo con cui Reisz dà gesto e voce di gorilla al suo Morgan, acuto il montaggio che si giova con intelligenza di inserti da KingKong e dalla serie Tarzan, gustosa ed elegante l’ambientazione scenografica, in una casa dove non si sa chi metta più confusione, se gli operai che stanno restaurandola o il ciclone Morgan; e di toccante poesia, sottesa alla burla, tutto il blocco delle scene lungo il fiume. E' un peccato che sul finire, volendo significare come tutto e tutti, la moglie, la madre, il proletariato, i ricchi e le forze dell’ordine, si coalizzino per uccidere nel povero Morgan il mito della libertà, la sceneggiatura sia troppo elaborata. Il film resta tuttavia un’operetta di sapore filosofico costruita in un tripudio di «gags», e dunque un divertimento sicuro anche per chi non riesca a penetrarne tutte le ironie. Con un’interpretazione ottima, per verità ed equilibrio, di David Warner, un attore shakespeariano che già vedemmo in Tom Jones, e qui conserva, per accentuare i toni burleschi, qualche linea del suo Amleto. Al suo fianco, nell’ambigua parte della moglie, recita con grande naturalezza Vanessa Redgrave, la moglie di Tony Richardson.
Giovanni Grazzini, Il Corriere della Sera |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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