Getting to know you - Cominciando a conoscerti - Getting to know You
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Regia: | Skyler Lisanne |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Lisanne e Tristine Skyler dalla raccolta di racconti Heat di Joyce Carol Oates; fotografia: Jim Denaut; montaggio: Julia Janata, Anthony Sherin; musiche: Michael Brook; interpreti: Heather Matarazzo (Judith), Zach Braff (Wesley), David Aaron Baker (Dr. Clarke), Catherine Anne Hayes (Signora Grassa), Michael Weston (Jimmy),Celia Weston (Bottle Lady), Bebe Neuwirth (Trix), Mark Blum (Darrell), Leo Burmester (Lamar Pike Sr.), Mary McCormack (Leila Lee); produzione: Shadow Catcher Entertainment; distribuzione: Key Films; origine: USA, 1999; durata: 91’. |
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Trama: | Judith, sedici anni, e il fratello Wesley, poco più grande, sono nella stazione di pullman della loro cittadina, aspettano di partire per New York dove lui comincerà ad andare al college. Judith, la più inquieta dei due, rivede con la memoria la loro difficile situazione familiare, i bruschi rapporti tra i genitori, il nervosismo e la tensione continua. Mentre cammina per la stazione, Judith viene avvicinata da Jimmy, un suo coetaneo che le confessa di passare interi pomeriggi in quel luogo, conosce le storie delle persone che vanno e vengono, e comincia a raccontarle a Judith... |
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Critica (1): | Una stazione di autobus di linea perduta nella provincia americana. Lo stesso sfondo di Happines, di Buffalo ’66, di Judy Berlin. Pellicole la cui dimensione provinciale offre uno spunto per una riflessione pacata e serena sui rapporti umani, lontano dall’abusato clamore cinematografico delle metropoli statunitensi. Piccole cittadine e luoghi dal nome sconosciuto che sono diventati le nuove colonne d’Ercole del cinema americano indipendente. Uno spazio dove la mitologia del sogno americano si arena e si prende una piccola pausa. Un non luogo, proprio perché identico a tanti altri. Un posto ben inserito nel tempo e nello spazio, dove si incontrano esseri umani che forse non saranno mai in grado di dare vita ai propri sogni. Uno spazio tragico e drammatico dove tutto quello che accade è routine. Incessante, normale e reale nel suo uguale ripetersi senza che nessuno le presti attenzione. E perché si dovrebbe quando tutto quello che si può vedere avviene ogni giorno in decine di altri posti sempre uguali? Una stazione d’autobus della provincia americana. Persone che entrano, altre che escono. Mondi separati e spesso distanti che si incontrano per qualche istante una volta nella vita, per non vedersi mai più. Piccole e grandi storie per se per sempre nel tempo e nello spazio, di uomini e donne con alle spalle gioie e tragedie. Con un pullman da prendere e una destinazione da raggiungere, spesso a tutti i costi, altre volte solo per noia ed altre ancora solo per caso. Quante volte ci siamo chiesti chi fosse e cosa facesse l’estraneo seduto accanto a noi? E quante altre volte ci siamo chiesti se non avessimo già visto e conosciuto il nostro vicino? Di questo parla Getting to know you. Di storie quotidiane, provenienti dalla vita di tutti i giorni. Di ricordi alle volte drammatici, altre agro dolci. Del vissuto che tutti quanti ci portiamo dietro, capace di assurgere a oggetto di interesse per un estraneo, spesso solo per caso quando ci presentiamo dinanzi a lui con la nostra valigia in mano e con il nostro personalissimo fardello di pensieri e incertezze. Stuzzicando così una curiosità non innata nei confronti del prossimo. La frantumazione dell’esistenza che conquista il grado di storia solo in un non luogo come una stazione di autobus. Un posto come milioni di altri nel mondo e in cui il nostro io si confronta con quello di decine di altre anime “in transito”. Una pellicola molto interessante questa scritta dalle sorelle Skyler e diretta da Lisanne. Un film intelligente, commovente capace di affrancarsi dal testo della scrittrice Joyce Caroline Oates cui è ispirato, conquistando una dignità quasi letteraria per il linguaggio cinematografico delle pur giovanissime autrici, molto moderno e intenso. Una pellicola intrigante, capace di andare a guardare proprio là dove anche il cinema indipendente ha smesso di volgere lo sguardo. Verso situazioni normali, con persone qualunque dove è proprio la cosiddetta quotidianità a diventare oggetto di una riflessione intelligente, originale e spiritualmente superiore e convincente.
Marco Spagnoli, Vivi il Cinema n. 73, settembre/ottobre 1999 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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