Ultimo valzer (L’) - Last Waltz (The)
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Regia: | Scorsese Martin |
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Cast e credits: |
Trattamento e consulenza artistica: Mardik Martin; fotografia: Michael Chapman, Laszlo Kovacs, Vilmos Zsigmond, David Myers, Bobby Byrne, Michael Watkins, Hiro Narita; canzoni: “Theme from The Last Waltz” (The Band), “Sip the Wine” (Rick John) “Who Do You Love” (Ronnie Hawkins), “Such a Night” (Dr. John), “Helpless” (Neil Young), “Coyote” (Joni Mitchell), “Further On Up the Road” (Eric Clapton), “Caravan” (Van Morrison), “I Shall Be Realased” (Bob Dylan, The Band, Ringo Starr, Ron Wood e altri); scenografia: Boris Leven; costumi: Richard La Morte; montaggio: Yeu-Bun Yee e Jan Roblee; interpreti: The Band (Rick Danki, Levon Helm, Garth Hudson, Richard Manuel, Robbie Robertson), Ronnie Hawkins, Dr. John, Neil Young, The Staples, Neil Diamond, Joni Mitchell, Muddy Waters, Eric Clapton, Van Morrison, Bob Dylan; produzione: Robbie Robertson per Last Waltz Productions; origine: Usa 1978; durata: 117'. |
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Trama: | Nel novembre 1976 il complesso “The Band” diede il suo concerto d’addio, avendo deciso, dopo 16 anni di attività, di sciogliersi non potendo più reggere al logorante ritmo delle tournèes. Per il gran finale, chiamato simbolicamente “The Last Waltz”, venne scelto il Wintherland di San Francisco per la sua vicinanza alla località dell’esordio, Los Angeles. Alla serata, nella veste di amici, presero parte, oltre ai componenti del complesso, cantanti ed esecutori di grandissima fama. Il documentario presenta tutte le musiche eseguite in quella circostanza e alcune interviste ai componenti de “The Band”. |
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Critica (1): | Omaggio assordante al mito del rock, reso dall’autore di Taxi Driver e New York, New York con appassionata partecipazione alla felicità dei musicanti e dei giovani spettatori, sentiti come i protagonisti d’una liturgia in cui il nostro tempo esprime il possesso d’un ritmo che vince nel suo frenetico spasimo l’ansia e il disordine. L’occasione è stata offerta a Martin Scorsese dal concerto, battezzato The Last Waltz che un quintetto celebre, "The Band", composto dai canadesi Rick Danko, Garth Hudson, Richard Manuel, Robbie Robertson e dall’americano Levon Helm, dette il 25 novembre 1976 («Giorno del Ringraziamento») all’arena Winterland di San Francisco: memorabile perché all’indomani il complesso, dopo sedici anni, si sciolse, e ciascun componente proseguì a far musica per proprio conto. Gli storici del rock attribuiscono a quell’evento un senso fatale, sembrando chiudere un’epoca, apertasi con l’adunata di Woodstock, la quale ha formato il gusto di una intera generazione e avviato quella coincidenza fra i piaceri dell’udito e della vista che dà tanto maggiore successo a un concerto quanto più il pubblico coglie anche l’articolazione figurativa di un complesso rock, colloca le sorgenti sonore nel loro spazio originale, e molto meglio che col disco misura la carica emotiva contenuta nello strepito musicale. Ora il film rende un servizio agli appassionati del genere e agli osservatori del costume. Registrando il concerto su ventiquattro piste, aggiungendovi tre numeri musicali girati in un secondo tempo in teatri di posa, intervenendo qua e là di persona per brevi interviste, Martin Scorsese consegna infatti alle platee e agli archivi un documento di cui non potranno fare a meno quanti vogliano comprendere l’aura, a suo modo poetica, che fascia di entusiasmo generoso queste kermesses giovanili, capaci di evocare un universo immaginario, tutto abitato da armoniche pulsioni.
I personaggi del film sono i cinque della "Band", guidati da Robbie Robertson (chitarra solista e canto) che ne è anche il produttore, e i molti ospiti d’onore che da Bob Dylan a Neil Young, da Eric Clapton a Joni Mitchell, da Ringo Starr a Neil Diamond e a vari altri presero parte a quell’addio, ma la vera protagonista è ovviamente l’idea della vita, e forse del morire, racchiusa nel rappresentarsi la musica e le canzoni come un’altra realtà, conquistata strappando il velo della noia e degli obblighi quotidiani. C'è da capirlo, quando Scorsese, che già curò il montaggio di Woodstock e di Elvis On Tour, dice di aver voluto descrivere soprattutto la tensione che regna fra i suonatori (così affine a quella dei suoi film realisti). A un uomo di cinema come lui non poteva sfuggire la dinamica cromatica di un concerto dove ciascun interprete esprime insieme una virtù tecnica e un’esplosione fantastica, concorre col timbro della propria personalità e del proprio strumento a una trama di prodigi e utopie. Con i movimenti di macchina egli l’ha presa al volo e fissata nel suo coreografico cerimoniale; con i suoi otto operatori ha testimoniato la sacralità d’uno spettacolo che rompe i timpani ma piace al nuovo Orfeo. (1 settembre 1978)
Giovanni Grazzini, Cinema ‘78, Edizioni Laterza, 1979 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Martin Scorsese |
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