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Signore e Signori


Regia:Germi Pietro

Cast e credits:
Soggetto: Pietro Germi, Luciano Vin­cenzoni; sceneggiatura: Age, Scarpelli, Pietro Germi, Luciano Vincenzoni; sce­nografia: Carlo Egidi; fotografia: Ajace Perolin; musica: Carlo Rustichelli; i­terpreti: Alberto Lionello (Toni Gasparini), Olga Villi (Ippolita Gasparini), Gigi Ballista (Giacinto Castellan), Beba Loncar (Noemi Castellan), Gastone Moschin (Osvaldo Bisigato), Nora Ricci (Gilda Bisigato), Virna Lisi (Milena Zulian), Fran­co Fabrizi (Lino Benedetti), Alberto Rabagliati (Galeazzo Casellato), Moira Orfei (Giorgia Casellato); produzione: Robert Haggiag e Pietro Germi per la Dear-Rpa/Les Films du Siècle; origine: Italia, 1965; durata: 120’.

Trama:Le avventure di una cerchia di amici in una cittadina del Veneto. L'astuto dongiovanni Toni Gasparini confida al dottor Castellan, suo amico nonché medico di fiducia, la sua angoscia per l'impotenza che lo tormenta da qualche tempo. Il dottore non resisterà alla tentazione di raccontarlo in giro, ma senza capire che dovrà pentirsene. In realtà, infatti, non c'è niente di vero: la confidenza gli era stata fatta soltanto perché allentasse la vigilanza nei confronti della sua giovane e bellissima moglie.
Il ragionier Bisigato, un impiegato di banca afflitto da una moglie terribile che gli rimprovera fallimenti e mancanza di ambizioni, sogna di prendere il volo con Milena, la bella cassiera del bar del paese. La moglie però lo scopre e, facendo montare lo scandalo, tronca sul nascere il progetto del marito facendogli perdere anche il lavoro. Al pover uomo non resterà che tornare rassegnato in seno alla detestata famiglia.
Alda, una giovane contadinella, arriva in città per fare acquisti. La sua presenza non passa inosservata agli occhi dei donnaioli del paese che approfittano della sua ingenuità. Il giorno successivo, però, Bepi Cristofoletto, il padre della ragazza, li denuncia per aver sedotto la figlia, ancora minorenne. Sarà Ippolita, la moglie di uno degli accusati, a evitare lo scandalo offrendo a Cristofoletto un "cospicuo" risarcimento...

Critica (1):Dopo 5 o 6 film fatti in Sicilia si dice "basta, andiamo al nord" e andando al nord ci si chiede "dove vado? in Lombardia, in Piemonte, in Veneto, in Toscana?". Il Veneto mi ha attratto più delle altre regioni per una sua gradevolezza che è data forse dal dialetto, che è uno dei più spiritosi, dei più morbidi, dei più civili, o forse dal particolare carattere degli abitanti così bizzarri, estrosi, matti, divertenti. Siccome il film è una rappresentazione tragicomica, farsesca e satirica di certi rapporti, di cui una caratteristica fondamentale è l'ipocrisia, è una forma di convivenza, è un cemento sociale, forse necessario ad una convivenza civile; se gli uomini dicessero sempre la verità si scannerebbero. Il Veneto, quindi, è una regione molto civile, con una lunga tradizione di unità anche politica, la più antica d'Italia, e una delle più antiche d'Europa; è una società ben costituita, una società formata, una società soddisfatta, contenta di se stessa e che rispetta molto le forme perché le forme sono necessarie alla convivenza. Questi sono quindi i motivi per cui forse si prestava più di un'altra regione. Poi c'è del buon vino, si mangia bene: i motivi non sono poi mica così trascendentali. (...) Poi c'era Vincenzoni che è veneto e quindi raccontava certi fatti che non hanno niente a che vedere col film, ma che rappresentavano un certo costume che del resto già conoscevo essendo stato parecchie volte nel Veneto. (...) In realtà il Veneto credo che sia una delle regioni meno religiose d'Italia, dove la società è più epidermica ed infatti lì il clero fa parte delle autorità costituite, fa parte di una tradizione che va conservata in quanto, a volte, contribuisce alla stabilità; il ve­scovo lì è una specie di ufficiale di stato civile a cui si ricorre per dirimere vertenze: è un'autorità. C'è un po' il pericolo in tutta Italia che il clero faccia parte delle autorità, il che io trovo sacrilego e offensivo proprio del mio spirito religioso perché la Chiesa non dovrebbe mai mescolarsi con le autori­tà, e lì invece lo fa più che altrove e ciò rientra sempre in quel quadro di ipocrisia che è uno dei temi del film. [...] C'è la borghesia, il benessere, tutto si ammorbidisce. È chiaro che i caratteri hanno meno rilievo, sono più amalgamati e ciò mi pare che corrisponda alla realtà che ho constatato sul posto: tutti sono un po' matti, tutti un po' bizzarri, tutti un po' ipocriti, tutti un po' libertini, tutti un po' religiosi, tutti un po' di tutto, ma non c'è quasi nessuno che sia molto di qualcosa. E questo è tipico di quel livellamento dei caratteri che proviene dal progresso, dal benessere, dalla usura di quella che abitualmente si chiama la civiltà. [...] Due personaggi positivi ci sono: quelli di Visigato e della cassiera del bar che per combinazione sono due adulteri. Il che potrebbe riferirsi all'altro mio "pallino": quello di combattere una indiretta e vaga campagna a favore del divorzio, che io credo sia assolutamente necessario a una società civile. [...] Libero di fare, nel film ci avrei messo Mastroianni, Gassman, Tognazzi e Manfredi, presumendo, forse con eccessiva sicurezza, di modellarli, di sradicarli dai loro cliché, di farli diversi, di farne dei personaggi, avvalorati però dall'autorità degli attori e dei rispettivi nomi. Io avrei preferito fare così e, probabilmente, il film sarebbe andato meglio, ma in questo modo sarebbe costato un miliardo. Infatti, data la complessità e il carattere un po' corale del film, con gli stessi personaggi sempre in scena, sarei stato costretto a trasferire Mastroianni, Manfredi, Tognazzi, Gassman per quattro mesi a Treviso. Impossibile, tanto più che il film si poteva fare lo stesso altrettanto bene, forse anche meglio, cercando una maggiore novità, una novità di facce e quindi di una autenticità di tipi, poiché coloro di cui si parla, a parte la mia presunzione di poterli trasformare, sono attori che portano sempre un loro carattere già esi­stente e quindi diminuiscono in un certo senso l'autonomia del regista, almeno fino ad un certo limite.
AA.VV., Pietro Germi. Ritratto di un regista all'antica, Pratiche, 1989

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