Molti sogni per le strade
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Regia: | Camerini Mario |
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Cast e credits: |
Soggetto: Pietro Tellini; sceneggiatura: Piero Tellini, M. C.; fotografia: Aldo Tonti; scenografia: Alberto Boccianti; musica: Nino Rota; direzione: Fernando Previtali; aiuto regia: Augusto Camerini; interpreti: Anna Magnani (moglie di Paolo), Massimo Girotti (Paolo), Checco Rissone, Dante Maggio (amico di Paolo), Checco Durante, Luigi Pavese (il padrone della macchina), Italo Tancredi, Giorgio Nimmo; produzione: Dino De Laurentiis, Lux; distribuzione: Lux Film; anno: 1948; durata: 90'. |
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Trama: | Spinto dai continui litigi con la moglie e umiliato da un ricco industriale milanese dopo avergli chiesto un posto di lavoro, un disoccupato decide di rubare un'auto dal garage custodito da un amico. Insieme ad un complice, cerca di vendere la macchina in questione, ma il progetto si complica a causa della gelosia della moglie, che la spinge a seguire il marito sospettando un incontro con un'altra donna. |
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Critica (1): | Molti sogni per le strade é del 1948, l'anno di Ladri di biciclette, e stranamente non si sono rilevate le analogie tra i due film: mentre De Sica fa rubare la bicicletta su cui Camerini l'aveva lanciato in Gli uomini, che mascalzoni..., il "maestro" (come De Sica lo chiamava, facendosi rispondere ironicamente "de scola") costruisce il suo film sul furto di un'automobile, che però il protagonista non subisce ma compie. Si esplicita la contraddizione di tanti soggetti cameriniani tra l'uso e la proprietà.
Girotti (secondo cui Camerini avrebbe voluto al suo posto Peppino De Filippo), disoccupato, si impadronisce di un'auto nel garage custodito dall'amico, dopo una lite con la moglie (A. Magnani) che gli rimprovera la loro condizione quando il bambino vuole un regalo che vede in vetrina (come in un seguito scenograficamente impoverito di I Grandi Magazzini). Girotti cerca di vendere la macchina senza parlarne con la moglie, ma lei lo vede con l'auto e sospetta un'avventura galante, per cui lo segue col bambino nel viaggio che si svolge lungo tutto il film. Lui le fa credere in un'operazione onesta, e solo verso la fine lei viene a sapere del furto. Preferisce allora andare a denunciare il marito in questura. Egli ha nel frattempo riportato la macchina nel garage, e davanti alla polizia mettono in scena la gelosia come causa della denuncia. Il furto non viene scoperto. Quando si allontanano il bambino indica alla Magnani: "mamma, quella é la macchina nostra! "
Durante il viaggio sono state percorse alcune eccezionali situazioni da commedia, soprattutto quella della festa di battesimo, cui arrivano per vendere la macchina a un uomo grosso che vi partecipa e che finisce col commuoversi alla predica del prete, tanto da volersi confessare. La situazione che rivela l'anomalia politica del film é invece quella del comizio di sinistra che la macchina cerca di attraversare, provocando una lite coi partecipanti e l'intervento di un poliziotto benevolo verso quella che interpreta come un'impazienza monarchica. Se nel film non mancano i "camerinismi" (il furto stesso, Girotti che é tentato di dichiararsi alla moglie un "mascalzone"...), vi sono anche i sintomi della nuova epoca cinematografica, dalla parlata romaneggiante della Magnani alla cornice della voce off. Questa all'inizio, dopo un pertinente cameracar, introduce la città, di cui vediamo un cameriniano ospedale coi bambini, ma anche il cimitero, lo stadio di calcio e il carcere; alla fine, dopo che i protagonisti sono saliti su un tram (messo pubblico, stavolta), sull'immagine di un passante che raccoglie una sigaretta la voce off conclude che si é vista una delle tante storie ignorate di una città. Espediente tipicamente neorealista, la voce off vi rappresenta l'illusoria istanza dell'oggettività e della tipicizzazione, e come tale passa ai film paraneorealisti americani, mentre nel film noir oggettivava la dislocazione di un soggetto sfuggente, preludendo alla nuova padronanza dei film che ne sanciscono variamente la contraddizione con l'immagine (Welles, Godard, Coppola, Syberberg). Il neorealismo é agli antipodi dell'inquietitudine del noir: con la voce off sembra supplire all'autorità perduta della voce fascista con cui il regime dominava la radio e i cinegiornali (ma non il cinema di finzione).
Il film di Camerini accentua rispetto al neorealismo la dimensione del racconto privato. Anche la lavorazione del film ha rivelato alcuni dati privati: la pigrizia di Tellini e le liti tra la Magnani e Rossellini.
Sergio Grmek Germani, Mario Camerini ,il Castoro cinema 1980 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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