Magnifico cornuto (Il)
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Regia: | Pietrangeli Antonio |
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Cast e credits: |
Soggetto: dalla commedia "Le Cocu Magnifique" di Fernand Crommelynck; sceneggiatura: Diego Fabbri, Ruggero Maccari, Ettore Scola, Stefano Strucchi; fotografia: Armando Nannuzzi; musiche: Armando Trovaioli - le canzoni "La notte che son partito" di J. Fontana, C. Pes, G. Meccia e "O te o nessuna" di G. Meccia, F. Migliacci sono cantate da Jimmy Fontana; montaggio: Eraldo Da Roma; scenografia: Maurizio Chiari; costumi: Maurizio Chiari; interpreti: Ugo Tognazzi (Andrea Artusi), Claudia Cardinale (Maria Grazia), Bernard Blier (Mariotti), Paul Guers (Gabriele), Salvo Randone (Belisario), Gian Maria Volonté (Assessore), Michèle Girardon (Cristiana), Susy Andersen (Wanda Mariotti), José Luis de Villalonga (Presidente), Lando Buzzanca (Giovannino, domestico), Jean Caludio (Alfredo), Ester Carloni (Palmira, moglie di Belisario), Philippe Nicaud (il medico), Edda Ferronao (cameriera), Elvira Tonelli (Annina, cameriera), Brett Halsey (play-boy al night club), Antonio Guerini (Commendatore Calise ); produzione: Alfonso Sansone e Henryck Chroscicki per Sancro Film-Les Films Copernic; distribuzione: Cineteca Nazionale; origine: Italia, 1964; durata: 124’. Vietato 14 |
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Trama: | Andrea Artusi, constatata la facilità con la quale una moglie può tradire il marito, comincia ad essere assillato dal dubbio che anche Maria Grazia, la sua bella e giovane moglie, possa essergli infedele. Il dubbio si tramuta ben presto in una vera e propria ossessione che lo spinge a comportarsi in modo tanto assurdo nei confronti di Maria Grazia (in realtà fedelissima) da costringerla a rivelargli il nome di un presunto amante. Andrea, al colmo del suo furore, si precipita alla ricerca dell'adultero e rimane ferito in un incidente d'auto. Ricondotto a casa, Andrea ha superato la sua ossessione ed è ormai convinto della fedeltà di Maria Grazia. Ma proprio allora la moglie comincia a tradirlo, intrecciando una relazione con il medico accorso al capezzale del ferito... |
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Critica (1): | Sublime racconto dell'infedeltà di provincia, il magnifico cornuto è uno strepitoso Ugo Tognazzi, industriale bresciano del cappello felicemente sposato con una bellissima e innocente Claudia Cardinale. Come nei migliori matrimoni il menage di coppia è il saldo perno su cui le certezza del pacato Andrea Artusi (Ugo Tognazzi) lentamente perdono ogni forma di reale solidità diventando surreali e ipocondriaci incubi ad occhi aperti. Il virus della gelosia infetta ogni pensiero dell'irreprensibile marito trasformando la vita di coppia in un turbine di perverse visioni in cui il tradimento della moglie è l'oscuro oggetto del desiderio. Maestro dal racconto vigoroso ma allo stesso tempo fine cesellatore di psicologie umane, Antonio Pietrangeli (Lo scapolo, Nata di Marzo, Io la conoscevo bene) raggiunge con il ritratto di Andrea Artusi un impedibile personaggio tragicomico dal taglio finemente surreale. Caricato nell'interpretazione dall'abilità proteiforme di un Tognazzi in stato di grazia, la lenta e inarrestabile trasformazione dell'impenitente fedifrago in un invasato e ossessivo marito geloso è un felice viaggio controcorrente nella commedia all'italiana. Adattamento da una pochade di Crommelynck incentrata sulla satira sociale, il Magnifico Cornuto naviga nelle acque del frequentatissimo genere della commedia, deviando spesso, con originalità di scrittura e puntualità registica, nell'universo del surreale. I continui tradimenti messi in atto dalla moglie e immaginati dal povero Andrea Artusi sono narrati in chiave decisamente onirica trasfigurando i pensieri del marito, ormai in rotta di collisione con la realtà, in scenari dal pittoresco andamento ironico. Mai appiattito sulla superficiale fotografia degli immancabili stereotipi da vizi e virtù dell'uomo italiano, Pietrangeli mette sapientemente in scena la sua personale visione dei rapporti tra l' uomo e la donna, tra fragili promesse di amore eterno e inseparabili dubbi di sincerità affettiva.
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Critica (2): | Per la prima volta nella sua carriera, Pietrangeli dirige un film che prende le mosse da un testo teatrale, la celebre commedia di Crommelynck Le cocu magnifique. La sceneggiatura è firmata da Diego Fabbri, Stefano Strucchi, Maccari e Scola (il nome del regista non figura ufficialmente tra gli sceneggiatori, pur avendo Pietrangeli partecipato alla stesura del copione). Rispetto al testo originale il film presenta notevoli differenze: l'ambientazione è spostata dalle Fiandre a Brescia (Pietrangeli aggiunge un'altra tappa al suo personale «viaggio in Italia», dopo S. Benedetto Po, Parma, Riccione, Milano, Roma e le molte città di Souvenir d'Italie); il protagonista da scrivano è diventato un industriale di cappelli; la moglie Stella, una contadina, si trasforma in Maria Grazia, una bella ragazza borghese. Ma è soprattutto il problema della gelosia che acquista una diversa consistenza. In Crommelynk il marito spinge la moglie a tradirlo per avere la certezza della sua infedeltà. «In realtà – scrive Moravia recensendo il film («L'Espresso» del 22 novembre 1964) – egli non tanto vuole che la moglie gli sia fedele: quanto di non soffrire più di gelosia». La moglie, veramente innamorata del marito, in un primo momento resiste e poi cede. Sebbene tutti gli uomini del villaggio giacciano con Stella, scatenando le ire delle rispettive consorti, il marito è ancora alla ricerca della certezza, convinto com'è che la moglie finga solamente di tradirlo. La commedia si chiude con la moglie che se ne va con un altro uomo che le permetta di essergli fedele. «Crommelynck – aggiunge Moravia – ha fornito un'interpretazione oltremodo sottile e originale del frusto argomento delle corna (...) e ha introdotto in questo argomento, in fondo ridanciano, un elemento nuovo: il dolore». Gli sceneggiatori si servono dell'ossessione del protagonista per indagare vizi e virtù di una borghesia provinciale, non assillata da problemi economici, tutta presa da pruriti sessuali, da relazioni extraconiugali da imbastire e da nascondere. Da una di tali relazioni nasce il meccanismo che farà scattare nel protagonista prima il dubbio e poi il tormento. Proprio in questo crescendo consiste la parte meglio riuscita del film. Da un primo, quasi inconsistente, interrogativo circa la fedeltà della moglie, il protagonista passa a un dubbio insistente, rafforzato da numerosi particolari che sembrano insignificanti, ma che lo portano a una ossessione devastante.
Ben servito da Tognazzi, Andrea Artusi, col suo ipocrita comportamento iniziale – lui che tradisce la moglie comincia a dubitare di lei – si copre prima di ridicolo e poi precipita in una "follia" che arriva a tonalità quasi tragiche, recuperando così, in parte, la problematica di Crommelynck. Pietrangeli si serve dell'intelaiatura della commedia di costume, fa uso per la prima volta della voce fuori campo del protagonista (…) e visualizza alcune sue fantasie. Indovinate sono alcune figure di contorno come ad esempio Cristiana, la donna con la quale Andrea ha una relazione, che lo provoca abilmente e, senza nessun timore, mentre è a letto con lui, telefona al marito per annunciargli il ritardo. Oppure Mariotti «corna d'oro», al quale Bernard Blier presta la sua faccia innocente e pacioccona, ormai rassegnato ai continui tradimenti della consorte. O, infine, Belisario (Salvo Randone), il saggio ragioniere della ditta, l'unico con un proprio passato e alle prese con problemi reali (la semi pazzia della moglie), al quale si rivolgono nei momenti di bisogno sia Andrea che Maria Grazia. Stranamente per un film pietrangeliano, il personaggio di Maria Grazia rimane molto in superficie (di lei non si conosce nulla): è soltanto bella e affascinante, per sostenere la parte di "oggetto dell'ossessione". Un motivo pietrangeliano è invece quello dello specchio: «ricorre nel film di Pietrangeli come emblema della solitudine o come variante complessa dell'inquadratura; è addirittura determinante ne Il magnifico cornuto poiché assume in pieno la valenza dell'equivoco» (Tullio Masoni e Paolo Vecchi in Il cinema di Antonio Pietrangeli, op. cit.). Il protagonista si specchia in maniera sempre più insistente, quasi a voler controllare la propria identità, a mano a mano che il dubbio cresce.
Il film (girato senza troppi incidenti tra Brescia e Cremona nel luglio-agosto del '64) termina con una sequenza di ballo. È una situazione presente in tutti i film di Pietrangeli, ma che acquista significati diversi di volta in volta. (…) Da situazione ideale per corteggiamenti e innamoramenti (…), il ballo è diventato un mezzo per fissare appuntamenti adulterini. Nel successivo Io la conoscevo bene diverrà una condizione esistenziale. (…)
Antonio Maraldi, Antonio Pietrangeli, Il Castoro cinema, 5-6/1991 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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