Strada verso casa (La) - Wo De Fu Qin Mu Qin
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Regia: | Yimou Zhang |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Bao Shi; fotografia: Hou Yong; montaggio: Zhai Ru; scenografia: Cao Jiuping; costumi: Dong Huamiao; musica: San Bao; suono: Wu Lala; interpreti: Zhang Ziyi, Sun Honglei, Zheng Hao, Zhao Yuelin, Li Bin; produzione: Guangxi Film Studios, Beijing New Pictures, Columbia Pictures Asia; distribuzione: Bim; origine: Repubblica Popolare Cinese 1999; durata: 100'. |
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Trama: | Dopo anni di lontananza dal villaggio natale nella Cina del nord, Luo Yusheng ritorna verso casa per la morte del padre. L’anziana madre di Luo Yusheng, esige un corteo funebre come da antica tradizione: bara portata a spalla per il tragitto che porta dall'ospedale della città fino al villaggio. Il tratto è molto lungo e nel villaggio vi sono solo vecchi e bambini, perciò il capo villaggio chiede a Luo Yusheng di aiutarlo a far cambiare idea alla madre. Mentre la donna si appresta a tessere con il suo vecchio telaio un drappo per avvolgere la bara del marito, Luo Yusheng si abbandona ai ricordi dei racconti sentiti da fanciullo sulla storia d’amore dei suoi genitori... |
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Critica (1): | (...) Il protagonista del film è un maestro di scuola, figura di riferimento fondamentale specie nei villaggi più sperduti, una realtà che Zhang conosce profondamente, sia perché già al centro di altri suoi film – da Sorgo rosso a La storia di Qui Ju – sia a causa del lungo periodo di rieducazione passato in un villaggio dove, poco più che ventenne, il regista lavorò come contadino, colpevole di essere il figlio di un militante del Kuomintang. Un’esperienza, questa, probabilmente fondamentale per l’autore che colloca all’interno del film un personaggio narrante – quello di Luo Yusheng che, dopo molti anni passati in città, torna al villaggio natale per dare degna sepoltura a suo padre, un vecchio maestro – nel quale può identificarsi facilmente. Tuttavia, se esiste conflittualità, in un film dal quale la visceralità, la passione che animava le prime opere è del tutto bandita a favore di una serena rievocazione velata solo da un filo di nostalgia, questa è da cercare non nel dualismo tra città e campagna bensì nel rapporto tra passato e presente. Zhang decide di girare la prima e l’ultima parte del film, quella dedicata al ritorno del figlio al villaggio, in un bianco e nero sgranato e virato sui toni dell’azzurro, raffreddando gli ambienti, di per sé abbastanza gelidi – siamo in inverno – anche grazie a un uso della macchina da presa semplice e dimesso, limitando la varietà di campi e piani ad alcuni totali assolutamente descrittivi, privi di qualsiasi volontà di connotazione. La parte centrale del film, che rievoca l’arrivo del giovane maestro Luo Changyu al villaggio e l’amore sbocciato tra questi e Zhao Di, si avvale, invece, di un uso sapiente dei colori caldi della natura circostante, ulteriormente accesi dalla luce cristallina dell’estate, e di una varietà di inquadrature che vanno dai campi lunghi dei paesaggi ai primi piani dei due protagonisti. Il racconto della storia d’amore – travagliata, certo, ma destinata fin dall’inizio ad andare a buon fine – si articola attraverso una narrazione che si prende tutto lo spazio necessario per descrivere i ritmi lenti della vita contadina e i tempi lunghi dell’innamoramento dei due protagonisti, attingendo a piene mani da un campionario stilistico certamente datato e a tratti stucchevole (i ralenti e le dissolvenze incrociate usate per esaltare il gioco degli sguardi tra i due innamorati si sprecano) ma efficacissimo ai fini della rievocazione affettuosa di un amore d’altri tempi. È proprio assistendo, un po’ perplessi un po’ abbacinati dalla bellezza delle immagini, a questa parte del film – volutamente ovvia e banale nel descrivere nostalgicamente, anche e soprattutto dal punto di vista formale, una piccola, insignificante storia d’amore – che comprendiamo come a Zhang stavolta interessasse liberarsi da qualsiasi obbligo dimostrativo e di denuncia – il cui esito in Non uno di meno era per lo meno discutibile – per rendere omaggio al tempo che fu e a uno stile di vita che nella Cina di oggi va sempre più perdendosi, grazie a un sistema economico e sociale che non conosce né la volontà di cambiamento della rivoluzione maoista, né l’attaccamento al passato e alle tradizioni della realtà contadina, ma soltanto una sregolata e folle corsa al consumo. Forse il senso del film, che a tutta prima sembra non voler consegnarci alcun messaggio forte, sta proprio nel suo essere così poco eccezionale, nel relegare in poche battute e fuori campo la persecuzione da parte delle guardie rosse del maestro che rifiuta di obbedire ai diktat del nuovo corso – siamo in piena rivoluzione culturale – per concentrarsi esclusivamente sulla narrazione dell’idillio tra i due giovani protagonisti, nell’accennare soltanto al problema dello spopolamento delle campagne quando il protagonista vorrebbe, nel rispetto della tradizione, far portare a spalla la bara di suo padre dalla città fino al villaggio. Ciò che rimane da chiedersi, allora, è se siamo poi così sicuri che un film ingenuo, pieno di buoni sentimenti e di immagini edificanti come La strada verso casa, ci dica poco riguardo alla situazione politica e sociale della Cina contemporanea, comunque meno rispetto a un film all’apparenza più coraggioso e chiaramente impegnato come Non uno di meno. Il commosso omaggio di Zhang Yimou a un passato fatto di tradizioni semplici, sentimenti autentici, coerenza individuale che ieri si scontrava con i dogmi della rivoluzione culturale e allo stesso modo oggi deve fare i conti con il nuovo modello di vita capitalistico, forse è meno ingenuo e sprovveduto di quanto non si possa immaginare. Quella frase ripetuta ossessivamente dal maestro ai suoi alunni – “La sesta regola è conoscere il passato perché è il solo modo per costruire il futuro” – forse è meno scontata e banale di quanto non possa apparire: rispetto per le tradizioni, per la memoria e per il passato possono essere, oggi come ieri, forse l’unico, anacronistico antidoto per un paese che dimentica i propri errori e orrori con troppa facilità.
Fabrizio Colamartino, Cinema studio.com |
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| Zhang Yimou |
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