Scelta di Anne (La) - Evénement (L')
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Regia: | Diwan Audrey |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Marcia Romano, Audrey Diwan, Annie Ernaux; montaggio: Géraldine Mangenot; musica: Evgueni Galperine, Sacha Galperine; interpreti: Anamaria Vartolomei, Kacey Mottet Klein, Sandrine Bonnaire, Pio Marmaï; produzione: Rectangle Productions, France 3 Cinéma; distribuzione: Europictures; origine: Francia, 2021; durata: 100'. |
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Trama: | Francia, 1963. Anne ama la letteratura e ha deciso di farne un mestiere, fuggendo un destino proletario. Sui banchi è brillante, sulla pista da ballo altrettanto. Tra una birra e un twist, dribbla gli uomini che la desiderano come in un romanzo rosa. Ma Anne preferisce la letteratura alta e affonda gli occhi blu tra le pagine di Sartre e di Camus. In un ambiente e in un Paese che condanna il suo desiderio e guarda con diffidenza alla sua differenza, Anne scopre un giorno di essere incinta e privata della libertà di decidere del proprio corpo e del proprio futuro. Intanto conta le settimane e cerca disperatamente di trovare una soluzione. |
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Critica (1): | Lottare per il proprio corpo è anche lottare con lui. Lui, appunto, non esso: un corpo, non un'entità astratta; una forma di carne, non un involucro. Il body horror è su questa battaglia che trova origine. Un confronto allo scopo di trasformarsi. Una guerra di tessuto e di sangue, di arti e di pelle, per riformulare l'identità, per rilanciarla.
La maternità dunque come un conflitto di campo, non di idee. In L'événement, che è un body horror con la franchezza di Pialat, l'asperità del miglior Téchiné e la sintesi spaziale di Cronenberg, la Francia del 1963, quando per l'aborto si muore o si finisce in prigione, ha la forma di un fuori quadro invisibile. Il calvario della studentessa universitaria di lettere Anne (Anamaria Vartolomei) è lo stesso della Carrie White kinghiana e depalmiana (non è casuale sia presente una scena di doccia tanto impavida quanto disinvolta nel nudo): entrambe scelgono il sangue quale vita. Tuttavia per Anne il sangue non è un indesiderato strumento di morte, bensì la concretizzazione più evidente e più benvenuta di un'individualità che finalmente rinunci a leggi e istituzionalizzazioni, al buon senso imposto e all'educazione egemone degli affetti. Sanguino, dunque sono. Voglio vedere il sangue, voglio che il (mio) sangue esca da me, e si porti con sé il mio io più ordinato, comandato, esatto.
L'ostinazione all'aborto di Anne è perciò qualcosa di più di un'affermazione di genere. È il sintomo di un'identità forte, l'inevitabile inquietudine per un presente attraverso il quale scommettere sul futuro. Il feto che Anne chiama fuori da sé è il suo alien, non c'è altra immagine più opportuna per evocarlo. Anne insiste per farlo morire, e lui, il feto, anch'egli già un lui, resiste, si rafforza, cresce; Anne pretende che venga estratto, evacuato, rimosso. Alla larga da simboli fedi religioni assoluti.
Ciò che conta è una sensibilità che strappi l'omologazione del ruoli («che vuole la donna incinta per diventare una casalinga») e che guardi al domani non come collettività o società ma in prima persona. Io chiedo. Il sé di L'événement è una realtà da perforare (anche due volte, ad altissimo rischio di vita) e da storpiare; è un amore, non da presupporre ma da considerare e da credere, da crederci. Allora sì che il soggetto, da singolo, può rimodulare il tutto, il mondo, il comune sentire e vedere.
In Ai nostri amori la quindicenne Sandrine Bonnaire si ribellava con il disordine a una dimensione a lei inadeguata. Qui Sandrine Bonnaire è la mamma di Anne, che non può non capire. E in una scena a tavola anche con il padre, una scena di dolcezza alla Assayas, la ragazza sembra ritrovare l'età acerba che le appartiene. Ma è soltanto un intervallo in un calvario che abdica agli scenari politici (diversamente quindi da 4 mesi 3 settimane 2 giorni di Mungiu) per vestire generalità esclusive, le proprie. Quello di Anne è dunque un privilegio, sfiancante e doloroso, ma comunque un privilegio: perché il suo io vero ha la meglio, e vince. Scommettendo su un dopo che potrebbe realizzarsi in nome di Victor Hugo, affinché il romanticismo possa fare rima con libertà.
Pier Maria Bocchi, cineforum.it, 2/11/2021 |
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