Riccardo III - Un uomo, un re - Looking for Richard
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Regia: | Pacino Al |
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Cast e credits: |
Soggetto: dal lavoro teatrale di William Shakespeare; sceneggiatura: Frederic Kimball, Al Pacino; fotografia: Robert Leacock; musica: Howard Shore; montaggio: William M. Anderson, Ned Bastille, Andre Ross Betz, Pasquale Buba; interpreti: Penelope Allen (Regina Elisabetta/se stessa), Vincent Angell (Grey), Madison Arnold (Rivers), Alec Baldwin (Clarence/se stesso), Kevin Conway (Hastings/se stesso), Richard Cox (Catesby), Gordon Macdonald (Dorset), Al Pacino (Riccardo III/se stesso), Estelle Parson (ReginaMargaret/se stessa), Timmy Prairie (Principe Edoardo), Aidan Quinn (Richmond), Winona Ryder (Lady Anna/Se stessa), Kevin Spacey (Buckingham/Se stesso), Daniel Von Bargen (Ratcliffe), Harris Yulin (Re Edoardo IV/se stesso); produzione: 20th Century Fox - Chal Productions - Jam Productions; distribuzione: Twentieth Century Fox - 20th Century Fox Home Entertainment; origine: USA, 1997; durata:115’ |
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Trama: | È un diario reportage sul lavoro che sta dietro alla realizzazione di un adattamento del Riccardo III di Shakespeare. Documentario sul mestiere d'attore, ha interventi di personaggi del calibro di Peter Brook, di attori consumati come Sir John Gielgud, Vanessa Redgrave e Kenneth Branagh, ma in cui trovano spazio interviste fatte da Al Pacino per strada come intere scene del Riccardo III girate in costume. |
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Critica (1): | Le parole non sono separate dai sentimenti, dice Vanessa Redgrave in un momento della lunga ricerca che Al Pacino compie con i suoi attori e collaboratori sull'attualità di Shakespeare. È uno dei momenti più emozionanti del film, insieme alla lunga, scandita, divertentissima disquisizione sui pentametri giambici e al progressivo crescendo della messa in scena del Riccardo III. E alla stessa conclusione arriva, imprevedibilmente, un tassista nero newyorchese: Shakespeare dappertutto e ovunque perché racconta storie e sentimenti che possono essere tranquillamente riportati ai nostri giorni. Ma, come convincerne gli studenti americani, i passanti, o addirittura gli attori coinvolti nell'impresa (scettici anche loro, perché, da buoni americani, non capiscono il linguaggio seicentesco?) Al Pacino (all american, con tanto di berrettino da baseball con la tesa all'indietro) scommettere su Shakespeare. Scommettere di tasca propria (il film è prodotto da lui), lavorando per tre anni e mezzo nel tempo libero e utilizzando una formula cinematografica alquanto ostica per il pubblico (certamente per il pubblico italiano): il docudrama, a mezza strada, esplicitamente, tra la fictione e il documentario. In Looking for Richard (nella versione italiana Riccardo III-Un uomo un re), il documentario ha il tempo scattante del miglior cinema americano "di strada", è ironico, instancabile, spesso esilarante. Il dramma, invece, è nella tragedia nera di sangue e perversioni di un duca deforme che sale al trono massacrando tutti coloro che si frappongono tra lui e la corona, nella solennità oscura dello scenario in cui il film è girato, nella follia lucida che brilla negli occhi del protagonista quando indossa gli abiti di scena. Un andirivieni continuo, un ritmo invidiabile, apparizioni di tutti gli interpreti shakespeariani, un amore sconfinato per il cinema e il teatro. Pacino ha un gran coraggio e ha diretto un gran film.
Emanuela Martini, Film TV |
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Critica (2): | La prima cosa da precisare è che Riccardo III. Un uomo, un re non è un adattamento per lo schermo della tragedia shakespeariana, come il bel Riccardo III modernista della scorsa stagione; o come, in imminente uscita nelle nostre sale, Amleto di Kenneth Branagh e Romeo e Giulietta con Leonardo Di Caprio. Girato in 16 millimetri, il film è una sorta di documentario in prima persona realizzato e interpretato da Al Pacino nel corso di tre anni, fra un impegno hollywoodiano e l'altro. Ed è anche il diario di una magnifica ossessione: quella di un attore deciso a trasferire su pellicola un dramma in versi del 1597, scritto in un linguaggio incomprensibile ai più, incentrato su storie e personaggi di cui nessuno ricorda nulla. Può avere senso un'operazione simile? Le opinioni colte al volo di alcuni passanti sono abbastanza negative, del genere "non ricordo, noioso, mai visto", ma invece di scoraggiarsi il divo ne trae la determinazione di continuare a lavorare sul progetto, tentando proprio di far capire ai più ritrosi che Shakespeare può servire pure oggi. Con la sua presenza prorompente, le gag, i guizzi nervosi, il protagonista-autore è il centro energetico di questo film appassionato e limpido come una lezione brechtiana, sempre in movimento tra le strade di New York e il Globe Theatre di Londra, di recente ricostruito. Stralci di interviste a celebri studiosi e teatranti (Branagh, Vanessa Redgrave) si alternano a brani recitati (in costume e non) da un cast comprendente Alec Baldwin, Kevin Spacey e Winona Ryder, che è Anna Neville nella scena in cui è sedotta da Riccardo; e bisogna dire che qui la bravura di Pacino attinge al sublime. Ai suoi intervistati eccellenti il nostro chiede lumi sulle tante sfide poste dal testo, soprattutto agli interpreti americani da sempre in soggezione davanti al pentametro giambico che con tanta fluidità sgorga dalle labbra dei colleghi inglesi. Il segreto con Shakespeare è andare oltre le parole, penetrandone l'anima, poi i versi vengono da soli, spiega Peter Brook. E Pacino incarnando in modo straordinario (doppiato da un altrettanto straordinario Giancarlo Giannini) questo genio del male anche quando recita con il berretto da baseball dimostra quanto il maestro britannico abbia ragione.
Alessandra Levantesi, La Stampa. |
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| Al Pacino |
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