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Ludwig - Ludwig


Regia:Visconti Luchino

Cast e credits:
Sceneggiatura: Luchino Visconti, Enrico Medioli e Suso Cecchi D'Amico; fotografia: Armando Nannuzzi; montaggio: Ruggero Mastroianni; scenografia: Mario Chiari; costumi: Piero Tosi; interpreti: Helmut Berger (Ludwig), Romy Schneider (Elisabetta d'Austria), Trevor Howard (Riccardo Wagner), Silvana Mangano (Cosima Von Bulow), John Moulder Brown (principe Otto), Sonia Petrova (Sophie), Gert Frobe (padre Hoffman), Isabella Telezynska (regina madre), Umberto Orsini (Conte Von Holstein); produzione: Mega Film cori partecipazioni franco-inglesi e tedesche; distribuzione: Panta cinematografica; origine: Italia, 1972.

Trama:Visconti, grande affrescatore dell' Ottocento, porta sullo schermo la vita di Ludwig di Wittelsbach, re di Baviera dal 1864 al 1886 quando fu deposto dal Consiglio di Stato siccome infermo di mente, che aiutò generosamente Wagner, costruì castelli e morì in misteriose circostanze.


Critica (1):(...) Più ancora di La caduta degli dei e di Morte a Venezia, con Ludwig siamo per certi aspetti nell'atmosfera di vita di Adrian Leverkuhn, in "quella soggettività" come osserva Lukacs, "che crea lo sfacelo". Il credo del diavolo di Mann sembra confortare Ludwig nei momenti critici. Anche il giovane sovrano sembra convenire che "la vita, da quando esiste, non se l'è mai cavata senza l'elemento morboso", per cui "un raffreddamento totale della sua vita e dei suoi rapporti con gli uomini è nella natura delle cose, anzi è già nella natura sua". È stato lamentato che Ludwig evidenzia una stridente sproporzione tra l'interesse del regista e il livello del tutto secondario del personaggio storico e che nel complesso si è di fronte a una esercitazione di gran mestiere. Film perfettamente bello quanto perfettamente inutile. In verità quel carattere di "minore" è essenziale al personaggio e al film.
"Siamo re senza storia", dice la cugina Elisabetta d'Austria, "serviamo di parata, ci dimenticano presto". Ludwig non accetta la parte che in questa parata di eclisse dell'aristocrazia vorrebbero affidargli, rifiuta il campo di battaglia, non per vigliaccheria ma per contrapporre la propria "diversità". Al fratello che va al fronte dice: "Per quel che mi riguarda questa guerra non esiste. Di' ai generali che il re non sa che c'è la guerra". Del tutto a vuoto cade lo sfogo e l'esortazione del Duca Dùrckeim che, quando gli reca lo notizia della disfatta, lo esorta a non vivere oltre "fuori dalla regola" in una "solitudine equivoca". Durckeim, che rappresenta il "personaggio positivo", in realtà gli indica alla "diversità" il conformismo più grigio. Non è che Visconti non prospetti una alternativa, ma la rappresenta nei termini più inaccettabili. Alla "diversità", cioè, si contrappone solo l'inconsistenza. Infatti il buon duca gli esalta il "coraggio" di accettare la mediocrità della vita. Wagner, da parte sua, all'insegna della "tragedia dell'arte moderna" è testimonianza vivente dell"incipiente isolamento dell'arte nella società borghese", rientra anch'egli per Ludwig nella categoria di quanti cercano essenzialmente la sicurezza materiale e praticano la più completa dissociazione tra arte e vita tanto che per difenderlo il re deve teorizzare che "un artista va giudicato non per le sue debolezze ma per il suo lavoro". Come colpo di grazia Visconti mette in bocca a Wagner anche la dissociazione tra vita e sentimenti: "Si possono tradire gli amici", confida Wagner "ma continuare ugualmente ad amarli". L'altro personaggio che invita Ludwig ad una vita alternativa, il prete, è il vero demonio, non tentatore, ma aberrante. "Nella notte" gli dice scongiurandolo di sposarsi, "il tepore di un corpo è uguale a quello di un altro". E insiste: "Devi essere uno di loro. Se vuoi essere diverso andrai incontro alla rovina". Ma è proprio dopo questo colloquio con il cinico uomo di chiesa, mentre ancora risuonano fuori campo le parole latine del rito assolutorio, che Visconti ci fa vedere Ludwig precipitare totalmente (e demoniacamente) nell'abisso della propria "diversità", che si configura appunto come vocazione e destino. Per quel che attiene alla attualità o meno della problematica del Ludwig è forse utile il riferimento a quanto ha osservato Debenedetti nel suo corso, proprio ora pubblicato, sulla figura del "minore" Tommaseo a proposito della problematica dell'introversione e dell'alterità. Il volume delle lezioni dedicate da Debenedetti al Tommaseo offre da questo punto di vista non poche utili indicazioni per la lettura del film. Anche Ludwig passa dal tentativo di "uscire da sè" al "programma di suprema introversione" nell'ultima parte. In effetti il giovane sovrano preso da "un'ebbrezza del mondo e di se stessi" vorrebbe compiere, cercando e ospitando Wagner, "il grande gesto per "uscire da sè" per rompere il cerchio dell'introversione coi suoi labirintici andirivieni". Ma anch'egli si trova ben presto per essere alle prese con lo squilibrio "tra la voglia di essere come gli altri e il bisogno di ridurre tutto a un confronto col proprio denominatore interno". Così il tutto si risolve in "un tentativo di estroversione compiuto da un introverso, per consentirsi di tornare dentro se stesso". Ludwig "sogna cioè di comportarsi da estrovertito rimanendo più che mai introvertito".

Ugo Finetti, Cinema nuovo N. 222 marzoaprile 1973

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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