Maurice - Maurice
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Regia: | Ivory James |
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Cast e credits: |
Soggetto: dal romanzo omonimo di Edward Morgan Forster; sceneggiatura: Kit Hesketh-Harvey, James Ivory; fotografia: Pierre Lhomme; musiche: Richard Robbins; montaggio: Katherine Wenning; scenografia: Brian Ackland-Snow; costumi: Jenny Beavan, John Bright; interpreti: James Wilby (Maurice Hall), Hugh Grant (Clive Durham), Rupert Graves (Alec Scudder), Simon Callow (Mr. Ducie), Denholm Elliott (Dr. Barry), Ben Kingsley (Lasker-Jones), Phoebe Nicholls (Anne Durham), Billie Whitelaw (Signora Hall), Judy Parfitt (Mrs. Durham), Mark Tandy (Risley), Helena Michell (Ada Hall), Kitty Aldridge (Kitty Hall), Patrick Godfrey (Simocx), Michael Jenn (Archie), Barry Foster (Dean Cornwallis), Peter Eyre (Mr. Borenius), Catherine Rabett (Pippa Durham); produzione: Merchant Ivory Productions; distribuzione: Lanterna; origine: Gran Bretagna, 1987; durata: 137’ |
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Trama: | Nel 1909 nel collegio di Cambridge il giovane Clive Durham dichiara apertamente il suo amore all'amico Maurice Hall che dapprima lo respinge disgustato, ma poi ricambia tale sentimento con un amore solo platonico, perchè Clive non ammette rapporti fisici. Al momento in cui scoppia uno scandalo per omosessualità, che distrugge vita e carriera di un giovane nobile del loro gruppo, Clive, spaventato, tronca ogni legame con Maurice e poco dopo si sposa e si dà con entusiasmo alla politica. Abbandonato, angosciato e solo, Maurice tenta ogni mezzo per guarire da quella che egli considera una malattia; consulta medici e si fa persino curare da un ipnotizzatore, ma senza riuscire a vincere i suoi istinti: si sente colpevole di un vizio orrendo, anche se non ha ancora ceduto fisicamente ai suoi desideri. Ripresa a frequentare la bella villa in campagna di Clive, dove questi vive con la moglie, Maurice conosce il giovane attraente guardiacaccia Alec Scudder, che si innamora di lui. Dopo aver superato il timore di eventuali ricatti da parte del giovane, Maurice si abbandona completamente alla passione e, finalmente felice, accetta un rapporto completo con Alec, riconoscendo ormai la propria omosessualità, sfidando sia le leggi inglesi dell'epoca (che punivano duramente tali pratiche), sia le barriere sociali che lo dividevano dal giovane. |
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Critica (1): | Il cinema del "più britannico dei registi americani" ha ormai raggiunto un livello di (sistematica?) perfezione, tale da renderlo leggibile come un manuale. Vicino al cinema dei Cukor, dei Minnelli, Ivory era destinato alla carriera di decoratore hollywoodiano: non deve quindi meravigliarci se il suo stile è così attento ai minimi dettagli dell'inquadratura, alla ricerca raffinata (e talvolta vicina alle tentazioni accademiche) dell'atmosfera. Fortunatamente, Ivory non è soltanto un'esteta. Le sue ricreazioni d'ambiente, le sue brillantissime ricostruzioni d'epoca non sono mai puramente decorative. Come lo erano, per citare un autore di scuola diversa, quelle di un Bolognini. La perfezione estetica, la pittura delle buone maniere, dei cerimoniali (solitamente vittoriani, oppure coloniali) serve ad un discorso ben preciso. Come diceva Kubrick in Barry Lyndon: state attenti, ma dietro a tanta educata perfezione si nasconde la più feroce delle intransigenze, l'ambiguità e l'ipocrisia.
Maurice, dopo Camera con vista, riprende il mondo letterario di Foster (non certo travolgente) perché permette all'autore di sviluppare il suo tema favorito: quello di una passione (o, in questo caso di una condizione) contrastata, vissuta all'interno dello scontro fra due epoche, due concetti di vita, due civiltà. Qui l'omosessualità; nel precedente, la leggermente meno trasgressiva (per quei tempi, nei quali i gay di sua maestà britannica venivano semplicemente imprigionati) libertà eterosessuale.
La cinepresa di Ivory, proprio secondo il principio che vuole il cinema uno sguardo posato sul mondo, ha la facoltà di rivelarci la minima crepa in quell'universo di levigate convenzioni: gli basta uno sguardo, un leggero cambiamento di tono. O, talora, uno scoppio violento, colorato, sensuale di una scena che contrasti con l'autocontrollo del resto. Qui, forse per ragioni di sceneggiatura, l'equilibrio non è sempre perfetto. Ci sono degli elementi ripetuti che avevamo decisamente compreso, delle parti (certi riti mondani a metà del film) che ingenerano perfino una noia forse non prevista. Allora, dietro la perfezione del gioco (si pensi alla grande tradizione degli attori inglesi) nasce un certo qual compiacimento. Quello che i nemici di questo cinema "letterario" chiamano accademismo.
Fabio Fumagallirtsi, ch/filmselezione, 10/3/1988 |
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Critica (2): | Autore di Passaggio in India e di Camera con vista (ma anche di Casa Howard...), E. M. Forster scrisse Maurice, romanzo di amori omosessuali maschili, nel 1913-14 quando in Inghilterra l'omosessualità era un reato, e tale rimase fino agli anni Cinquanta. Lo ritoccò più volte e lo riscrisse nel 1959-60, sempre, tenendolo nel cassetto: "Non vedrà la luce - scrisse - prima della morte mia e dell'Inghilterra". Fu pubblicato nel '71, un anno dopo il suo decesso. In Italia l'ha edito Garzanti nella nitida traduzione di Marcella Bonsanti. Grazie al successo intenazionale della bella trasposizione di Camera con vista, James Ivory e il suo produttore Ismail Merchant l'hanno adattato per lo schermo in un film che all'ultima mostra di Venezia vinse il premio per l'interpretazione maschile, diviso tra i due giovani attori principali (Wilby, Grant), e un'Osella per la musica di Richard Robbins. L'azione si svolge negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, in un'Inghilterra eduardiana dove ancora non si sono
spenti gli echi del processo a Oscar Wilde. Verso la fine della vicenda uno psichiatra (il Ben Kingsley di Gandhi) cui il giovane Maurice, in un momento di disperazione, si era rivolto per "curarsi", gli consiglia di trasferirsi in qualche paese - Francia o Italia - dove sia in vigore il codice napoleonico che non considera più un crimine l'omosessualità, purché si sia maggiorenni e si eviti di dare pubblico scandalo.
"E in Inghilterra sarà mai ammessa questa legge?" domanda Maurice. Il medico: "Ne dubito. L'Inghilterra è sempre stata poco propensa ad accettare la natura umana". In una nota Forster scrive: "Dopo che fu scritto Maurice, si è verificato un cambiamento nell'opinione pubblica qui da noi: il trapasso dall'ignoranza e dal terrore alla familiarità e al disprezzo... Non ci eravamo accorti che quanto l'uomo della strada aborrisce effettivamente non è la cosa in sé, bensì la necessità di pensarvi".
Al cinema l'omosessualità non è più tabù da un pezzo anche se si possono avere legittimi dubbi sulla natura di questa più o mena diffusa tolleranza, ma nemmeno il più efferato dei benpensanti potrebbe essere scandalizzato o urtato da Maurice: il tema dell'omosessualità è trattato esplicitamente nel film, come nel romanzo, ma con il buon Gusto, la misura, il pudore che era lecito attendersi da Ivory. A livello ideologico, però, l'insidia - per il benpensante moralista, dico - è nel tono del racconto e soprattutto nella sua lieta fine, l'uno e l'altra posti sotto il segno della felicità. (Con sottile ironia Forster scriveva: "...la felicità è la sua nota fondamentale... il che... ha ottenuto un risultato inatteso: quello di rendere il libro più difficile da pubblicare.., gli amanti la fanno franca e di conseguenza raccomandano il crimine"). Chiuso il rapporto d'amore col compagno di studi Clive che rientra nei ranghi per conformismo e paura, avviandosi sulla strada maestra di un regolare matrimonio e di una brillante carriera politica, Maurice trova l'appagamento e il risarcimento col Guardacaccia Alec Scudder. (Proprio come la Lady Chatterley di Lawrence). Ma, il finale, così programmatico, risulta nel film, come nel libro, debole, appiccicato con la saliva.
Conclusione? Gli attori sono tutti bravi, e con le facce giuste; la ricostruzione d'epoca è impeccabile, come e più del solito, visto che Maurice è probabilmente il film più costoso di Ivory; l'alternanza tra toni leggeri e gravi funziona senza dissonanze; la simpatia e la pietà per i personaggi si colgono lungo tutto il film; con qualche accentuazione del versante politico e sociale, la scrupolosa fedeltà alla fonte letteraria è fuori discussione. Nonostante tutto, però (o proprio per questo), Maurice rimane un film illustrativo, sia pur di classe. È perciò, riduttivo.
Morando Morandini, Il Giorno, 31/10/1987 |
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