Appuntamento al buio - Blind date
| | | | | | |
Regia: | Edwards Blake |
|
Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Dale Launer fotografia: Harry Stradiling; musica: Henry Mancini; montaggio: Robert Pergament scenografia: Rodger Maus; costumi: Tracy Tynan; suono: William M. Randall; interpreti: Kim Basinger (Nadia Gates) Bruce William Daniels (giudice Harok Bedford), Phil Hartman (Ted Davis), Alice Hirson (Muriel Bedford) George Coe (Harry Guen), Mark Blum (Denny Gordon), Stephanie Faracy (Susie Davis) Graham Stark (Jordan, il maggiordomo) produzione: Tony Adams, per TriStar Pictures; distribuzione: COLUMBIA; durata: 93' origine: USA; anno: 1987. |
|
Trama: |
Una ragazza che appena beve un po' d'alcol perde tutti i freni inibitori trascina nella catastrofe uno scapolo che la voleva semplicemente come moglie di figura per una cena importante.
|
|
Critica (1): | Trenta film diretti in poco più di trent'anni un'autobiografia di riguardo. Cinema dominato da paure, aspirazioni, disagio che (una ricerca di professionalità a volte persino (all'apparenza) fine a se stessa ha sapientemente incanalato nel gioco dei generi e dei contrari. Identikit di un uomo timido, che non parla mai direttamente di se (per questo sfugge alla definizione canonica di autore), impegnato a irridere i propri demoni e fantasmi, a esorcizzare una visione della vita pessimistica, in fondo in fondo romantica. Egli é un eroe mascherato. Come lo sono tanti suoi personaggi e in particolare i protagonisti di Appuntamento al buio, film di cui ancora una volta si può dire: "That's Blake Edwards".
Walter e Nadia sono un uomo e una donna, del tutto anonimi nella brulicante Los Angeles (come lo erano Holly e Paul nella New York di Colazione da Tiffany) con un passato, un presente e dei progetti piuttosto vaghi per il futuro. Non particolarmente disgraziati, ma nemmeno felici: Walter ha abbandonato l'appassionante ma incerta carriera di chitarrista (il suo idolo é Stanley Jordan che in una breve apparizione interpreta se stesso) per quella più solida di funzionario programmatore; consapevole del sacrificio, Edwards gli fa omaggio di un Primo Piano dell'amata chitarra proprio in apertura del film. Nadia, poi, non ha nemmeno una precisa collocazione sociale: lo sottolinea il fatto che ha sempre una valigia pronta, costretta com'è a cambiare continuamente di casa per sfuggire un irriducibile ex fidanzato. Essi si incontrano, si potrebbe dire si alleano perché é proprio il loro comune disagio esistenziale che renderà possibile lo scatenarsi del finimondo. Del tutto inconsapevoli di ciò, si guardano per la prima volta alla luce di un fiammifero (destinato, naturalmente, a bruciare le dita di Walter) e si trovano l'un l'altra semplicemente e piacevolmente adatti. E' proprio questa incosciente innocenza che rende micidiale e devastante la loro mancanza di controllo, come lo era il sexappeal di Marilyn Monroe nelle commedie di George Axelrod. Essi agiscono come guidati da un disegno superiore, che coincide ancora una volta con il progetto strutturale caratteristico di Edwards: introdurre un elemento perturbatore dagli esiti fatalmente catastrofici nell'universo patinato e debordante benessere di una certa società californiana: vale a dire incuneare la comicità delirante e distruttiva nell'impianto della commedia sofisticata, generando una sorta di screwball comedy inconfondibilmente edwardsiana.
Risalendo, come in una pellicola proiettata al contrario, da quel salto nel vuoto che è stato Così è la vita (dove l'elemento perturbatore di cui sopra era addirittura l'incombere della malattia e della morte), Edwards torna a mettere a nudo i meccanismi di una comicità, fatta sua da un cinema del passato che ama tenacemente come Walter la sua chitarra, basata non solo sull'efficacia del dialogo, ma soprattutto sulle situazioni: estraneità dei protagonisti al rituali collettivi; persecuzione nei loro confronti messa in atto dagli "addetti al sistema"; trionfo in extremis del loro folle sogno di opporsi al mondo intero. All'interno di queste linee di forza, trionfa la gag ripetuta (vedere il "dispetto" della lacerazione del taschino) e proliferante. Comicità di sceneggiatura, dunque, e attori: responsabilità non da poco per Kim Basinger e per il quasi esordiente (sul grande schermo) Bruce Willis. La prima, cui il doppiaggio non rende l'accento meridionale (caratteristico anche di Oliver Hardy, pure lui georgiano) sembra felicissima di scatenarsi in un ruolo brillante e fa persino il verso a "quella di Nove settimane e mezzo mentre il partner, un Jack Lemmon/Mickey Rourke già detective privato nella serie televisiva Moonlighting, sta perfettamente al suo gioco. Proprio grazie ad una conduzione degli attori che lascia ampio spazio all'estrinsecazione della loro personalità e addirittura li riscatta da ruoli stereotipati (evidentemente Edwards non ha mai dimenticato il proprio tirocinio di attore con registi tiranni) i protagonisti, benchè coinvolti in un intreccio meccanicistico funzionale agli sviluppi comici, sono persone. Non l'ABC dello psicologismo applicato, ma l'istinto li rende tali. Unici, totalmente stranieri in un mondo robotizzato dalla ricchezza. Normali, perchè disastrosamente diversi.
Si può allora ben passar sopra al piccolo difetto di Nadia ("una specie di squilibrio chimico, un'allergia all'alcool"), cui tra l'altro si può facilmente ovviare sostituendo lo Champagne con la Cocacola. Anzi, questa sua debolezza si rivela l'espediente principe della sceneggiatura, in grado di far succedere tutto subito, di stringere i tempi al parossismo, di accavallare gli spazi, di legittimare ogni inverosimiglianza. Alla fine, uno stacco, definitivo e quanto meritato, su un mondo nuovo, una vita diversa, un altro film. Nel futuro di Walter e Nadia potranno forse spuntare i giorni amari del vino e delle rose, ma certamente non ci saranno le maschere di bellezza notturne o le palle da golf sotto il letto. Né un cane di nome Rambo.
Adelina Preziosi, Segnocinema, n. 30 novembre 1987 |
|
Critica (2): | |
|
Critica (3): | |
|
Critica (4): | |
| |
| |
|