Soap - En soap
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Regia: | Christensen Pernille Fischer |
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Cast e credits: |
Soggetto: Pernille Fischer Christensen, Kim Fupz Aakeson; sceneggiatura: Pernille Fischer Christensen, Kim Fupz Aakeson; fotografia: Erik Molberg Hansen; musiche: Sebastian Öberg, Magnus Jarlbo; montaggio: Åsa Mossberg; scenografia: Rasmus Thjellesen; costumi: Signe Sejlund; interpreti: Trine Dyrholm (Charlotte), David Dencik (Veronica), Frank Thiel (Kristian), Elsebeth Steentoft (madre di Veronica); produzione: Nimbus Film - Garage Film - Zentropa Entertainments; distribuzione: Teodora Film; origine: Danimarca - Svezia, 2006; durata: 102'.
Vietato minori anni 14 |
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Trama: | Charlotte, 34 anni, è proprietaria di una clinica di bellezza. Un giorno decide di abbandonare il proprio compagno Kristian e di andare a vivere in un appartamento che conserverà l'aspetto della provvisorietà. Al piano di sotto abita un giovane transessuale che la donna conoscerà comprendendone i problemi. |
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Critica (1): | En Soap, della regista danese Pernille Fischer Christensen, è un film a metà strada tra melò, soap opera e documentario. Vi è persino una divisione in capitoli, in cui una voce narrante riepiloga quanto avvenuto ed accenna a quanto sta per accadere, mentre sullo schermo si alternano immagini e riprese in bianco e nero tese a sottolineare l'evoluzione psicologica dei personaggi. Si tratta di uno sguardo oggettivo sul mondo rappresentato, che cerca di forzare in qualche modo i limiti del racconto di finzione. Charlotte è una donna apparentemente ribelle, che dice e fa cose sbagliate, che mettono a disagio chi si trova di fronte, ma è in fondo alla ricerca di una propria stabilità. Ulrik/Veronica è invece molto timida, introversa ed in un profondo senso di disagio nei confronti di un corpo in cui non si riconosce. Entrambe ricevono nei propri appartamenti molti uomini, la prima forse per noia, la seconda per denaro. Tuttavia, pur avendo rapporti sessuali con questi sconosciuti, evitano qualunque altro tipo di contatto personale con queste persone di cui non vogliono sapere nulla. Sono molto soli, e a poco a poco queste solitudini tendono ad incontrarsi, a metà tra mutuo soccorso e solidarietà condominiale. Charlotte e Veronica sono infatti due isole, non le vediamo mai in un luogo diverso dagli appartamenti in cui vivono, luoghi cardine attorno ai quali ruota ossessivamente la pellicola. I suddetti inserti riescono in qualche modo a smorzare la monotonia degli ambienti in cui i protagonisti si muovono. Ciascuno dei due riceve di tanto in tanto una sola persona con cui ha un contatto legato ad una qualche affettività. Veronica riceve le visite di una madre apprensiva che insiste nel chiamarlo Ulrik (il padre lo ha disconosciuto). Charlotte è spesso quasi perseguitata dal suo ex fidanzato, per cui prova sentimenti discordanti.
Questa pellicola, evidentemente realizzata a basso costo, è tutta giocata sul mondo emotivo dei due protagonisti, che, però emerge in maniera molto sottile, quasi pudica, come per creare un contrasto evidente tra il mondo veloce e diretto delle soap e il mondo dei lenti cambiamenti interiori così come concepito dallo sceneggiatore e realizzato dal regista. Anche se le vite dei protagonisti restano incerte sembra aprirsi un sottile spiraglio di speranza, come viene detto nella soap che ama Veronica e che anche Charlotte ha imparato a guardare: "Amare è avere cura dell'altro, proteggerlo, ma anche perdonarlo".
Mauro Corso, filmUP |
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Critica (2): | Un rapporto di bizzarro vicinato esaminato al microscopio, in cinque segmenti: Charlotte, in crisi con il suo compagno, si è appena trasferita e non sa cosa vuole. Veronica in realtà è Ulrik, transessuale in (drammatica) attesa di operarsi, vive con la cagnetta Miss Daisy, si prostituisce occasionalmente e vive barricata in casa, a parte qualche rara visita della madre (il resto della famiglia ha tagliato con lei). Con una freddezza e un realismo che non rincorrono neanche per un momento la tentazione del voyeurismo, tutto si gioca in due appartamenti e quattro personaggi. Il film della danese Pernille Fisher Christensen, è fatto di sospensione. Della credulità, delle scelte sessuali, delle decisioni e della voglia stessa di prenderle. Il titolo è metadiscorsivo, rimanda al ritmo, dilatato, quasi circolare, e all'interazione emozionale che s'instaura (tra e) con i due protagonisti. Due anime fragili come lo sono quelle dei veri forti, alla ricerca, difficilissima, di ciò che le sceneggiature migliori possono solo suggerire, come in questo caso. Eccezionali i due interpreti, cui è affidato un tour de force nevrotico ad altissimo rischio. Premio della Giuria a Berlino 2006.
Raffaella Giancristoforo, Film Tv, 25 luglio 2006 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Fischer Christensen |
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