They
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Regia: | Ghazvinizadeh Anahita |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Anahita Ghazvinizadeh; fotografia: Carolina Costa; musiche: Vincent Gillioz; montaggio: Anahita Ghazvinizadeh, Dean Gonzalez; scenografia: Yong Ok Lee; interpreti: Rhys Fehrenbacher (J), Koohyar Hosseini (Araz), Nicole Coffineau (Lauren), Norma Moruzzi (madre), Diana Torres (Diana), Mohammad Aghebati (Behrouz), Alma Sinai (Alma), Arian Naghshineh (Kian), Ava Naghshineh (Kimia), Aerik Jahangiri (Robert), Farid Kossari (Nima), Kaveh Ehsani (Sirooz), Robert Garofalo (Dott. Garofalo); produzione: Mass Ornament Film; distribuzione: Lab80; origine: Usa-Qatar, 2017; durata: 80’. |
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Trama: | J ha 14 anni, si fa chiamare "They" e vive con i suoi genitori nella periferia di Chicago. J sta ancora esplorando la propria sessualità e sta seguendo una cura ormonale per ritardare la pubertà. Dopo due anni di monitoraggio medico e terapeutico, per J è arrivato il momento di scegliere la propria identità sessuale. Durante un fine settimana in cui i genitori sono via, sua sorella Lauren e il compagno iraniano Araz si prenderanno cura di J, che sta per affrontare il più grande cambiamento della sua vita. |
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Critica (1): | They è un film sulla transizione o meglio sullo scivolamento da una condizione all’altra (bambino/adulto, straniero/local, maschio/femmina). Stabilire chi si è, quale tra i molti che si può essere e, definendosi, decidere la propria posizione nel mondo, come abitarlo. They, loro, è infatti il nome con cui ha scelto di farsi chiamare J che ha quattordici anni e sta affrontando la sua adolescenza confrontandosi con un’identità di genere che non gli è chiara. Per questo J e la sua famiglia stanno cercando di rallentare la pubertà con un trattamento ormonale che gli possa dare un po’ più di tempo per pensare a come costruire la sua identità futura.
Ma They non è un semplice coming of age a tematica gender in cui un ragazzino in conflitto con se stesso e con gli altri deve trovare il suo posto e il suo modo per affrontare la vita; quello che l’esordiente regista iraniana (ma il film è americano che più americano non si può) riesce a fare è spostare completamente il piano del discorso.
Con uno stile impalpabile, minimalista ma mai approssimativo, Anahita Ghazvinizadeh riesce a spogliare l’immagine di ogni forma di simbolismo consegnando allo spettatore un film leggerissimo ma di forza impressionante. Mentre la forma pacifica infatti lo sguardo con una serenità e una leggerezza confermate a ogni inquadratura, la narrazione procede invece con una strana tensione che serpeggia nel profondo, un’inquietudine sotterranea che sembra sempre essere sul punto di affiorare e che invece, a ogni volta, si spegne improvvisamente.
In questo modo la giovanissima regista riesce in un’impresa sorprendente che rende il suo film un tassello importante del mosaico dell'immaginario queer; tutta la conflittualità connaturata al soggetto viene infatti completamente affidata al personaggio di J, alla sua interiorità, mentre dal punto di vista sociale la questione viene completamente de-problematizzata.
Tutte le piccole situazioni quotidiane sono infatti costruite come occasioni per compiere, uno dopo l'altro, dei piccoli fondamentali gesti in direzione di uno smantellamento di ogni conformismo, dello sguardo, dei ruoli, della società.
Un mattino J si alza e indossa, pizzicandosi appena la pelle con la zip, un abitino corto azzurro con dei piccoli fiori; ai piedi le sue solite scarpe da ginnastica. Quando incrocia sulla strada di ritorno due compagni in bici ci si aspetterebbe uno sfottò, un litigio e invece… niente. J li aiuta a rimettere a posto la catena della bici e quando uno dei due gli dice: “il tuo vestito…” lui ripete “dopo devo andare a una festa”; ma l’altro risponde: “no, intendevo… te lo sei macchiato!”. Questo è They. Un piccolo film coraggioso che dimostra la possibilità di andare oltre il problema, oltre la sua tematizzazione come questione sociale, anche oltre la sua teorizzazione politica per lasciare che l’identità di genere possa essere, semplicemente, una questione privata.
Chiara Borroni, cineforum.it, 14/5/2018 |
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