Casa del diavolo (La) - Devil's Rejects (The)
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Regia: | Zombie Rob |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: R. Zombie; fotografia: P. Parmet; montaggio: G. Garland; interpreti: Sid Haig (Capitano Spaulding), Bill Moseley (Otis), Sheri Moon Zombie (Baby), Ken Foree (Charlie Altamont), Matthew McGrory (Tiny), Leslie Easterbrook (Mamma Firefly), Geoffrey Lewis (Roy Sullivan), Priscilla Barnes (Gloria Sullivan), William Forsythe (Sceriffo Wydell), Kate Norby (Wendy Banjo), Lew Temple (Adam Banjo), Dave Sheridan (Agente Ray Dobson), Eg Daily (Candy), Danny Trejo (Rondo); produzione: Lion Gate Films-Entache Entertainment-Cinerenta Medienbeteiligungs-Creep Entertainment International-Devil's Rejects Inc-Firm Films; distribuzione: Eagle; origine: Usa, 2005; durata: 101'.
Vietato ai minori di 14 anni. |
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Trama: | Baby e Otis Firefly sono in trappola nella loro casa isolata, accerchiati dallo sceriffo Wydell e dai suoi uomini. I fratelli aspettano il momento buono per incontrarsi con il loro padre, captain Spaulding, e quando decidono di uscire allo scoperto uccidono chiunque si trovi sul loro cammino... |
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Critica (1): | Dopo la mattanza raccontata nel precedente La casa dei 1000 corpi, il fratello sceriffo di una delle vittime giura vendetta e sbarella la famiglia assassina. La madre viene arrestata e affidata alle cure medievali delle prigioni texane, i due figli fuggono nel grande nulla americano in attesa di ricongiungersi con papà, il clown matto Capitan Spaulding. Lo sceriffo, intanto, rimescola nel torbido delle sue conoscenze e sguinzaglia dietro ai serial killer due cacciatori di taglie che paiono usciti da un romanzo di Joe R. Lansdale. Finale col botto. Horror dal sapore squisitamente letterario e musicale, oltre che cinefilo, aspetto più scontato. Si va dai classici del caso (Non aprite quella porta, Le colline hanno gli occhi, e per quanto riguarda il rock i fratelli Allman e il clan dei Van Zant) a rimandi più sfiziosi come La fiera dei serpenti e Lucidi corpi di Harry Crews, il cantore del white trash che della famiglia demente come specchio contorto e pericoloso dell'America profonda ha fatto un leit motiv poetico e possente. Nulla di nuovo sotto il sole, dunque? Nient'affatto, perché Rob Zombie non maneggia i propri materiali né come farebbe Quentin Tarantino - interessato alla destrutturazione del mondo attraverso processi di straniamento del racconto - né come farebbero i troppi registucoli horror di oggi, interessati solo agli ammiccamenti cinéphile. In La casa del diavolo c'è qualcosa che manca a tutti loro: l'epica. Ovvero la capacità di trasfigurare i personaggi, le loro azioni e persino la loro interazione con l'ambiente in qualcosa di simbolico, addirittura di eroico se si accetta di dare all'espressione un connotato che vada al di là dell'accezione morale, positiva, che ovviamente stride con le figure in questione. E va da sé che non ci sono, in questa storia, i buoni, dato che tutti partecipano del medesimo macello. Però è epico il loro cavalcare sulle terre desolate dei James Lee Burke (filone texano) e dei Cormac McCarthy; oppure in silenzio verso la morte come in Sam Peckinpah. Con l'aggiunta di un tocco gotico-fiabesco che dal versante macabro si contrappone al western e agita i fantasmi del mondo di Oz, come dimostra quello spastico omino di latta che all'inizio si agita sotto i proiettili della cavalleria. (...)
Mauro Gervasini, Film tv |
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Critica (2): | La casa dei 1000 corpi già aveva imposto il Rob Zombie regista all'attenzione del pubblico e della critica, anche se il musicista aveva comunque diretto alcuni videoclip per i White Zombie e poi per se stesso una volta intrapresa la carriera di solista. Anche la sua musica si caratterizza per il suo forte legame con il cinema horror (...). Tanto per fare un esempio basti citare il video di Living Dead girl con riferimenti che spaziano dal Gabinetto del Dottor Caligari (1920) fino a Wes Craven (La casa sulla collina, 1972) e oltre. Ma La Casa dei 1000 corpi nella sua fantasmagoria per certi aspetti sembrava il risultato di una giustapposizione di video musicali, incubi ed impressioni da viaggio narcotico. Questo limite viene superato completamente ne La Casa del Diavolo, un film on the road, una lunga resa dei conti tra la famiglia Firefly (evidentemente ispirata alla famiglia Hewitt del Texas Chainsaw Massacre di Tobe Hooper) e lo sceriffo Wydell, in un clima che sembra evocare le atmosfere del cinema di Sam Peckinpah, ed in particolar modo Pat Garrett & Billy the Kid, film violento, sensuale e permeato da un sentore di morte che aleggia incombente su tutti i personaggi. Qui questo alone è amplificato da elementi appartenenti al mondo dell'occulto, tra cui spicca in particolare la testa di maiale in putrefazione all'entrata della fattoria dei Firefly, che ricorda la manifestazione di Belzebub nel "Signore delle mosche", il romanzo di William Golding uscito nel 1954.
La casa del diavolo a livello visuale è molto legato agli anni '70 nelle luci, nei colori, nelle transizioni secche e meccaniche nella loro essenzialità, così come pure la colonna sonora, sospesa tra impressioni country e rock anch'esso anni '70. Indimenticabile la lunga sequenza finale sulle note di "Free Bird" di Lynyrd Skynyrd, che sembra discendere come la spada di un arcangelo. E ricorda allo stesso tempo le note di Bob Dylan in Billy the Kid: "Billy, non vogliono che tu sia libero".
Ma La casa del diavolo non è soltanto un film sulla vendetta, è anche uno splatter (molto moderato per la verità) ed è comunque permeato dalla grottesca ironia che aveva caratterizzato la prima opera di Rob Zombie, con dialoghi che sono destinati a diventare memorabili nella loro allegra crudezza. (...) È perfettamente inutile affermare che come pellicola di genere La casa del diavolo è destinato a diventare un cult-movie. Lo è già.
Mauro Corso, filmup.leonardo.it |
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