Chinatown - Chinatown
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Regia: | Polanski Roman |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Roman Polanski, Robert Towne; fotografia: John A. Alonzo; musiche: Jerry Goldsmith; la canzone: "Some Day" è di Rudolf Friml e Brian Hooker; montaggio: Sam O'Steen; scenografia: Richard Sylbert; costumi: Anthea Sylbert; effetti: Logan Frazee; interpreti: Jack Nicholson (J.J. Gittes), Faye Dunaway (Evelyn Mulray), John Huston (Noah Cross), Perry Lopez (Escobar), John Hillerman (Yelburton), Dick Bakalyan (Loach), Bruce Glover (Duffy), Roy Jenson (Mulvihill), Diane Ladd (Ida Sessions), Joe Don Mantell (Walsh), Roman Polanski (uomo con coltello), Burt Young (Curly), Darrel Zwerling (Hollis Mulray); produzione: Long Road- Paramount Pictures-Penthouse; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Usa, 1974; durata: 130’. |
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Trama: | Una sedicente signora Mulray si presenta a Gittes perchè investighi sulla infedeltà coniugale del marito. Gittes lo pedina giorno e notte per colline, torrenti, in riva all'oceano, finchè un giorno riesce a fotografarlo con una giovane donna in barca, sul laghetto di un parco. Una foto della donna appare sui giornali di Los Angeles, all'insaputa di Gittes, al quale si presenta la vera signora Mulray e minaccia di denunciarlo alla polizia. La vicenda si complica ancor di più quando si trova l'ingegner Mulray annegato e Gittes viene sfregiato al naso. Inoltre avvengono misteriose dispersioni di acqua nell'oceano dai serbatoi pubblici della città . Nell'intricatissima vicenda Gittes si accorge di aver toccato degli interessi di personaggi potentissimi, che hanno comperato distese enormi di terreno, che dovranno essere in futuro irrigate dall'acqua del lago artificiale. L'organizzazione degli speculatori vuole a tutti i costi farlo costruire col concorso del pubblico denaro. A capo di questa organizzazione mafiosa c'è il vecchio potentissimo Noah Cross, che Gittes scopre essere il padre della signora Mulray; e scopre pure un doloroso segreto di famiglia: la giovane donna, fotografata sulla barca con l'ing. Mulray, è figlia e sorella della signora Mulray, violentata a 15 anni dal padre. Nel quartiere di Chinatown, mentre le due donne stanno per fuggire in auto verso il Messico, interviene la polizia, connivente con la malavita, e colpisce a morte la signora Mulray. Noah Cross si prende la figlia della sua violenza e Jack Gittes viene allontanato dalla polizia. |
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Critica (1): | (...) Chinatown traduce e approfondisce in termini cinematografici la tensione del regista ad essere « piú costruttivo anche nella negazione».
Epicentro della dissacrazione drammatica polanskiana è sempre stato uno spazio rigorosamente limitato e chiuso a un rapporto di osmosi reale con il mondo esterno, simbolo di una dimensione sociale vitale o normalizzante, in ogni caso « altra » e diversa, cui i protagonisti possono tornare solo a patto di dimenticare la nuova consapevolezza critica acquisita. Il «fuori» rappresenta soltanto ipotesi finale e nebulosa di fuga, sfondo irrilevante ed ignoto che limita ed evidenzia per contrapposizione lo spessore tragico del «dentro».
L'imbarcazione che veleggia sui laghi Masuri, l'appartamento di Carol, il castello di Northumberland isolato dalla marea, il palazzo stregato di Rosemary, la villa di Noblart di mille incanti e mille iterazioni, sono l'unico spazio reale del cinema di Polanski, che abbandona al loro destino nell'ultima sequenza i personaggi disposti a tentare il salto nel buio del mondo. Affascinato dall'idea decadente della coscienza critica come autoannientamento, il cineasta polacco presenta ogni fuga dal vortice tragico come tradimento ideale o tacita accettazione dell'appecoronamento imposto dalla società.
Nella sua ultima opera, al contrario, la sconfitta del protagonista, la sua impotenza ad agire e a spezzare la legge della violenza assurda che vige nel perimetro di Chinatown, il quartiere cinese di Los Angeles, è soltanto premessa ideale a monte del film. La fuga dallo spazio chiuso di Chinatown si configura d'altra parte come speranza di una realtà esterna diversa e perfettibile in cui ha senso lottare. I parametri cinematografici del discorso risultano invertiti rispetto alle costanti tipiche polanskiane: Chinatown sarà dunque un film decisamente proiettato sul «fuori», un film sul dopo-Chinatown. E il «fuori» si rivela subito a Gittes, ex-agente ora detective, una realtà insulsa e invertebrata, intessuta di piccole beghe familiari e di pasticciacci sentimentali borghesi. Anche l'indagine su Mulwray, dirigente della Ripartizione Acque della città, appare all'inizio come naturale corollario di una stupida manifestazione di gelosia femminile. Dopo il suo assassinio però, a poco a poco, dietro le quinte della commedia sentimentale, si comincia a intravedere la corruzione dei pubblici poteri, l'omertà colpevole della polizia, le grandi manovre antipopolari dei dirigenti d'azienda.
Deciso ad andare fino in fondo, Gittes si scontra contro un muro di menzogne, di connivenze e di incomprensioni che tendono ad isolarlo come importuno provocatore della quiete di una città niente affatto intenzionata a scuotersi di dosso il torpore imposto dalle leggi dei potenti. Parallela all'indagine politica prende corpo la progressiva scoperta del disfacimento morale di una borghesia, votata anche sul piano ideale alla legge della giungla. Il presunto adulterio di Mulwray, le avventure sentimentali gelidamente confessate da Evelyn, le spregiudicate allusioni erotiche di Noah Cross riguardo alla figlia, sottolineano e mettono di tanto in tanto in forse la spiegazione politica dell'assassinio che Gittes viene dipanando senza incontrare incongruenze logiche. La scoperta del rapporto incestuoso di Noah Cross con Evelyn dà nuova linfa all'ipotesi di un delitto compiuto per motivi extra-politici. Perché Noah Cross ha ucciso Mulwray? Per riavere la figlia nata dalla violenza incestuosa? Per avere mano libera nella costruzione della diga, che gli permetterà di impadronirsi di una vallata, ai danni di centinaia di contadini ridotti sul lastrico? Il film si chiude all'ombra di questa ambiguità irrisolta, ambiguità dialettica, come già in Rosemary's Baby, perché un'ipotesi non esclude ma include l'altra, che rifiuta però, diversamente da Rosemary's Baby, ogni diversione metaforica per farsi immediatamente politica. Quasi a giustificare la violenza dell'incesto, Noah Cross asserisce che non a tutti, come a lui, capita di avere coscienza di essere capaci di tutto, di provare un irrefrenabile bisogno di potenza spinta all'infinito e pronta a violare qualsiasi tabú pur di realizzarsi. Egli non accetta né può accettare limiti al suo potere, potere economico e ideale. Noah Cross è personaggio vivo e credibile nella sfrenata libido di potere, nel frustrato e contraddittorio bisogno d'amore, nella solitudine scontrosa e intenzionalmente iperurania, nell'angoscia di una senilità senza futuro, e al tempo stesso astrazione politica determinata. di una classe dominante, che, piú che giustificare, esige la polivalenza ambigua delle motivazioni al delitto del personaggio. Noah Cross è il Motore Immobile da cui emana la "violenza istituzionale di Los Angeles. Ai suoi ordini agiscono e al suo Ordine guardano poliziotti, dirigenti, tirapiedi, gangsters e lacché, tutti rispettosi del ruolo loro assegnato dalle regole del gioco. La verità non verrà mai fuori. A Chinatown l'unica legge è la violenza, il principio ideale imposto a ogni poliziotto, fare «il meno possibile». «Il meno possibile», ripete amareggiato Gittes dopo l'uccisione di Evelyn. Ancora Chinatown. La fuga è stata inutile. Si torna al punto di partenza. Tutta la società è dominata dalla violenza arrogante dei potenti, non esiste spazio etico fuori da questo postulato universale. La speranza di un « fuori » irraggiungibile eppure utopisticamente migliore si rivela perdente. Tutta la società è Chinatown, tutta la società un immenso interno, reso ancora piú tragico dalla fine di ogni illusione. Ancora una sconfitta per Gittes, ben piú amara però, giacché egli scopre che il «dentro» (Chinatown) e il «fuori» (Los Angeles) sono davvero identici.
La disamina critica della società non resta però ancorata all'abusato schema polanskiano di uno sviluppo drammatico circolare tutto risolto in uno spazio « chiuso » e separato dal mondo: qui l'analisi appare invece piú articolata e complessa, rimanda dal particolare al generale, dal « dentro » al «fuori» e viceversa con procedimento realmente dialettico. Come sempre per Polanski si può parlare soltanto di «dialettica al negativo», cosí che gli oppressi saranno sempre piú oppressi e gli onesti condannati alla sconfitta, mentre le forze del Male sono destinate a prevalere.
Anche se perdente la sortita dalle angustie claustrofobiche del suo cinema precedente, la riscoperta, sia pure al negativo, della società, conferiscono a Chinatown un carattere «costruttivo», che trova termini di paragone nella filmografia dell'autore soltanto se si torna alle origini prime del suo cinema, alla fortunata avventura di Due uomini e un armadio. Da Chinatown Gittes emerge e in Chinatown riaffonda nel finale, dopo avere tentato invano di smascherare la corruzione che corrode Los Angeles.
Se la struttura narrativa rimanda istintivamente a quella di Due uomini e un armadio, lo stile, niente affatto affabulante e metaforico, connota i personaggi in un'accezione piú decisamente politica. Gli uomini che si muovono sullo sfondo della vicenda non sono, come in Due uomini e un armadio, generici membri di una società alienata e sottomessa, ma squallidi «animali domestici» del padrone. Polanski sbozza questi inerti esemplari subumani con sottile ironia: il gorilla di Noah Cross, tutto grugniti e minacce, il tirapiedi del tenente Escobar, Sancho Panza frustrato e ottuso, l'inacidita segretaria di Mulwray, l'isterico archivista del catasto, il grassone dell'obitorio, filosofo-becchino di shakespeariana memoria, balenano all'improvviso in una suggestiva galleria degli orrori. In Chinatown d'altra parte riaffiorano tematiche presenti nel miglior cinema polanskiano, qui finalmente esplicitate in termini politici non piú mascherati da metafore. La dissacrazione di valori etici inamovibili e di comportamenti sessuali ortodossi, sempre determinante nel cinema di Polanski, rimanda in modo allusivo o analogico ad una critica sociale: si pensi a quanto è stato qui detto a proposito della frustrazione sessuale di Carol in Repulsion, all'impotenza di George in Cul de sac, al rapporto extraconiugale di Cristina in Il coltello nell'acqua, che scopre l'ipocrisia morale dell'huligano.
Il sottile rapporto analogico appare con Chinatown chiaramente estrinsecato in due diversi livelli di lettura, paralleli e l'un l'altro complementari, della corruzione e della violenza che implica il potere. E il potere è senza equivoci il protagonista assoluto del film, nella suggestiva trascrizione figurativa dell'acqua. Su di essa si fonda la fortuna di Cross e Mulwray, sul modo di gestirla il loro radicale contrasto. Noah vuole strumentalizzare l'acqua per scopi personali, Mulwray sogna riformisticamente di conciliare gli interessi della ditta con quelli della comunità. Mulwray, dopo aver sempre affermato che «nei ristagni d'acqua salata nascono i primi germi dell'esistenza», troverà la morte proprio in uno di questi. Anche Gittes rischia per due volte di rimanere travolto dall'acqua, poiché si pro pone di denunciarne gli sperperi all'apparenza folli, in realtà funzionali al potere che essa determina. Acqua come fonte di vita, acqua come destino di morte. Si tratta di un tema ricorrente del cinema di Polanski. Appare superfluo in questo senso ricordare la funzione del lago in Il coltello nell'acqua, o il rilievo drammatico della marea che isola Northumberland dal mondo in Cul de sac.
In Chinatown però l'elemento narrativo dell'acqua non presenta soltanto la connotazione esistenziale dell'illusione di serenità tramutata in tragedia ma anche quella politica di mito sociale del benessere che si risolve invece in strumento di potere e di oppressione. Il ribaltamento dialettico svela in termini concretamente cinematografici l'ambiguità di fondo del capitale, potenziale forza di progresso sociale e strumento di sfruttamento storicamente determinato dalla classe dominante. Con procedimento analogo anche i personaggi trasformano progressivamente il loro ruolo iniziale: Noah Cross e Evelyn, i committenti dell'indagine di Gittes, si rivelano a poco a poco i principali indiziati, la falsa signora Mulwray minuscola pedina manovrata da pescecani altolocati, i proprietari delle terre della vallata patetici vecchietti di un ospizio, il tenente Escobar, a suo tempo feroce poliziotto di Chinatown, pavido servo di Cross, Cristine, prima considerata l'amante corrotta di Mulwray, vittima principale della dissoluzione morale di Noah Cross. Se in Repulsion, Il coltello nell'acqua, Cul de sac, Rosemary's Baby, il pretesto narrativo accelera vertiginosamente la dinamica psicologica dei personaggi cosí che essi trasformano se stessi per scoprire il vero volto della propria soggettività, qui il processo di disvelamento critico risulta tutto esterno a loro. Filtrato attraverso l'ottica soggettiva di Gittes, esso si traduce in oggettiva demistificazione di falsi ruoli imposti ad ognuno dalla società, che vuole difendere il proprio establishment dall'aggressione di corpi estranei. Una società retta dalle leggi perscrutabili ma immutabili dell'Assurdo, considerato non piú potenza metafisica e demoniaca, come in Cul de sac e Rosemary's Baby, ma piuttosto diretta espressione del Potere politico. (…)
Stefano Rulli, Roman Polanski, Il Castoro cinema, 3/1975 |
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