Critica (1): | primo episodio – L'bêt'humaine 50'
secondo episodio - Au cœur du mal 50'
P'tit Quinquin di Bruno Dumont è al primo posto nella classifica dei "Cahiers du Cinéma" per i migliori film del 2014. Film follemente comico, noir rurale tra mucche sventrate, donne fatte a pezzi, nonni che preparano la tavola lanciando piatti e bicchieri, un capo della Gendarmerie che ragiona con le sopracciglia e il suo autista che guida la macchina a modo suo. (…) Bruno Dumont, fosco regista bressoniano di drammi sospesi tra follia e delitto, tra santità e sangue, tra povertà, odio e passione, tra la potenza della natura, la brutalità dei sensi e l'opacità degli affetti – ebbene, Bruno Dumont si lancia in un'operazione sfrenatamente comica. Non l'avrei mai detto né pensato. Un Dumont da ridere. E da ridere di gusto: tanto che dopo la prima ora e la prima puntata (il film è una serie per la tv in quattro parti) ho pensato che, se avessi continuato a ridere come avevo riso fino a quel momento, non sarei riuscito ad arrivare in fondo sano. E il bello è che, in questo film che per molti tratti è una farsa, addirittura un dramma satiresco, Dumont si porta dietro, per farsene beffe, la sua faccia cupa e quel lato oscuro che è da sempre l'intelaiatura del suo cinema. Siamo nel “plat pays” di Jacques Brel, nella Francia del Nord, nel Pas de Calais. “Avec un ciel si bas qu'un canal s'est perdu / Avec un ciel si bas qu'il fait l'humilité / Avec un ciel si gris qu'un canal s'est pendu / Avec un ciel si gris qu'il faut lui pardonner / Avec le vent du nord qui vient s'écarteler / Avec le vent du nord écoutez-le craquer / Le plat pays qui est le mien”. Con un cielo così basso che un canale s’è perduto / Con un cielo così basso da fare l’umiltà / Con un cielo così grigio che un canale s’è impiccato / Con un cielo così grigio da farsi perdonare / Con il vento del Nord che viene a smembrarsi / Con il vento del Nord ascoltatelo crepitare / Questo paese piatto che è il mio. Il paese di Dumont è un paesetto, davanti al mare grigio, con le fattorie, la terra piatta e il vento. I contadini hanno tutti facce da galera e occhi spiritati, matti, silenziosi, esagitati, balordi. I ragazzini in bicicletta sono inquietanti anche loro. Un ragazzino in particolare: il piccolo Quinquin, labbro leporino, faccia piatta, sguardo vuoto, tutto furbizia. E le mucche stavolta vengono usate per un altro scopo che non è fare il latte: qualcuno ammazza delle persone, le fa a pezzi, sventra una mucca, nella pancia ci mette i pezzi dei cadaveri e la ricuce.Della faccenda si occupa la polizia locale: che sono in due, il comandante e l'aiutante autista. Dovrebbero essere i sani e invece sembrano e sono più matti dei matti. Dico sembrano perché basta guardarli. Il solo vedere come si muovono e cosa fanno fa ridere. Il comandante ha, su tutta la faccia, una serie impressionante di tic, alza le sopracciglia, chiude apre strabuzza gli occhi, strizza ogni muscolo del viso, gira la testa in qua in là in su in giù, sgranocchia frasi incomplete e impazzite, fa commenti fuori luogo. L'autista guida in modo tutto suo, non sa usare la frizione, quando parte accelera troppo, sgasa e resta fermo, poi salta via e prima di prendere la strada che deve prendere fa uno o due giri in tondo, in più sogna di guidare la macchina su due sole ruote: e lo fa! In giro per il plat pays c'è un serial killer o, chissà, più killer. La commedia poliziesco-comico-orrorifica è uno spasso.L'umorismo, la comicità, la forza farsesca di Dumont sanno di storia del cinema comico. Scene impostate alla Tati: campo largo, gesti lenti, silenzi attendisti, rumori, borborigmi, gag minime e svuotate. Altre scene sono alla Blake Edward dell'ispettore Clouseau e di “Hollywood Party”: dialoghi assurdi alla Jonesco o patafisici alla Jarry, scene giocate sullo stiramento del tempo (la messa con i due preti scombinati!). Altre scene alla Albert Serra: sperse nel vuoto pneumatico di uno spazio-tempo inerte e imbecille. E quel parlare con la ch come parlano là al Nord. E i cadaveri che si susseguono, e un diffuso risentimento razzista, e rivalità nascoste. I quattro episodi si intitolano come si pronunciano. 1) “L'bêt'humaine”, come dice l'autista Carpentier, che cita senza saperlo Zola e Renoir, quando trovano la vacca rimpinzata di carne umana: “Du sang dans la vache. C'est l'bet'humaine, mon commandant”. Al che il comandante scuote e terremota occhi / sopracciglia / zigomi / guance / mento: “On n'est pas là pour philosopher, Carpentier!”. 2) “Au coeur du mal”. 3) “L'diable en perchonne”, con la ch scivolata del Nord. 4) “Allah akbar”. Man mano che gli episodi passano, sul film che non abbandona mai il versante beffardo si stende una patina di nero sporco dumontiano: perché al mondo si sguazza e sghignazza in mezzo al male, alle bestie umane, ai pezzi di cadaveri e alle majorettes che sculettano”.
Bruno Fornara
terzo episodio- L'diable in perchonne 52'
quarto episodio - … Allah Akbar! 50'
Ritroviamo le rocambolesche avventure di P'tit Quinquin (Alane Delhaye) e della fidanzatina Eve; dell'improbabile coppia di investigatori della polizia composta dal comandante Van der Weyden (un esilarante Bernard Pruvost), pieno di tic, e dal luogotenente Rudy Carpentie, che passerà tutto il film a fare assurde manovre da pilota di rally. "Non siamo qui per fare della filosofia", precisa subito uno dei due, mentre un secondo cadavere (una donna senza testa) fa la sua comparsa. Basato principalmente sulla ripetizione comica, l'umorismo assurdo e un gioco sul concetto del doppio, il film è particolarmente divertente e ricco di momenti di autoironia. Bruno Dumont non manca di trattare i soggetti che lo hanno sempre affascinato: l'ereditarietà e la trasmissione del male, l'ipocrisia sociale e la quotidianità delle classi popolari ("è Zola!", esclama uno dei protagonisti). E a dispetto della loro apparenza parodistica, i personaggi esprimono una grande autenticità. Quanto alla messa in scena, essa è del tutto eccezionale rispetto al livello abituale delle serie TV europee, e Dumont trae il maggior vantaggio dalle risorse delle location (piccole strade di campagna, praterie, spiaggia, ecc.) e dai volti molto espressivi del suo cast. E se il cineasta mostra una faccia nuova introducendo la risata in una filmografia da cui era finora completamente assente, non bisogna dimenticare che in un registro molto più drammatico. |