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Intrigo a Hollywood - Sunset


Regia:Edwards Blake

Cast e credits:
Soggetto: Roid Amateau; sceneggiatura: Blake Edwards; fotografia: Anthony B. Richmond; musica: Henry Mancini; scenografia: Rodger Maus; costumi: Patricia Norris; suono: Jerry Jost, interpreti: Bruce Willis (Tom Mix), James Garner (Wyatt Earp), Malcolm McDowell (Alfie Alperìn), Mariel Hemingway (Cheryl King), Kathleen Quinlan (Nancy Shoemaker), Jennifer Edwards (Victoria Alperin), Patricia Hodge (Christina Alperin), Richard Bradford (cap. Blackworth), M. Emmet Waish (capo Dibner), Joe Dallesandro (Dutch Kíeffer), Andreas Katsulas (Arthur), Demont Mulronev (Michael Alperin); produzione: Tony Adams, per Hudson Hawk/ TriStar-ML Delphi Premier prods; distribuzione: COLUMBIA; durata: 107 ; origine: U.S.A.; anno: 1988.

Trama:Hollywood, 1929. Sul set di un Kolossal western Tom Mix incontra come consulente il famoso sceriffo Wyatt Earp, vera leggenda vivente del Far West. Tom accompagna Wyatt nell'Hollywood di notte. In un locale notturno di lusso viene trovato il cadavere di un'entraineuse. I due eroi sono coinvolti nell'omicidio. Per scagionarsi devono precipitarsi in un torbido giallo dalle tinte sempre più fosche che svela loro incresciosi retroscena dell'Hollywood business. Destreggiandosi con astuzia e un po' d'arguzia, Tom e Wyatt vengono a capo del mistero e salvano per miracolo la pelle, propria, e quella di due innocenti donne. Wyatt tornerà nel Far West e Mix continuerà ad esaltarne l'epopea.

Critica (1):Nuovo capitolo edwardsiano del cinema sul cinema, Sunset - Intrigo a Hollywood continua il discorso con Hollywood Party e S.O.B. In realtà l'essenza stessa del lavoro di Blake Edwards è sempre statometacinematografico. O metateatrale (Operazione Crépes Suzette e Victor Victoria). O più semplicemente metaprogettuale (tutta la linea della "Pantera rosa"). Un cinema esercitato come riflessione continua sulla finzione, sulle finzioni, sulle dinamiche della recitazione e sui meccanismi della rappresentazione. Una riflessione piena di ironia: la famosa ironia di Edwards che sconfina talvolta in una comicità assoluta e fortemente caustica. Ma la sua non è mai parodia o sarcasmo, è meditazione. Distacco, ma con affetto, dai generi. E' l'unico modo per poter rifare oggi i generi e il cinema classico in un'epoca che ha perso e bruciato ogni sentimento di classicità. Edwards ha attraversato e sovvertito tutti i filoni hollywoodiani (o quasi!). Il poliziesco, la commedia, l'avventuroso, il film di guerra, il western, il comico. La grande corsa è l'emblema di questo cinema che tutte le convenzioni e i codici ha percorso ed applicato con humour sensibile ed attento. Intrigo a Hollywood si rifà esplicitamente al thriller, ma con inflessioni verso il western e la commedia. La vicenda stessa lo permette: sul set di un western girato da Tom Mix arriva come consulente Wyatl Earp. Scatta l'amicizia. Ma scatta anche, parallelamente, un diabolico piano con al centro un omicidio: una prostituta di lussa fatta fuori perchè conosce troppi segreti dell'oligarchia politica ed imprenditoriale hollywoodiana. Catapultati, controvoglia, in quest'inghippo Tom e Wyatt se la cavano egregiamente dimostrando abilità, scaltrezza e sintonia.
Ne viene fuori, dell'Hollywood che conta, un quadro perverso, corrotto e depravato. Senza però infierire troppo: Edwards non è mai stato tenero con le debolezze della mecca del cinema, anzi, ma il suo odio non è acido solforico. Edwards non ama corrodere, preferisce scalfire con costanza come la goccia che cadendo ripetutamente buca anche la più resistente roccia. Questo è il suo cinema. E così è Intrigo a Hollywood: una lenta penetrazione nei meccanismi del thriller. Thriller replicato a perfezione: colpi di scena, scoperte inquietanti, ambienti torbidi, morbosi legami, motivazioni oscene. La rivisitazione è perfetta, così come nostalgica e perfetta è la ricostruzione dell'universo degli studios e della produzione cinematografica con il relativo contorno di personaggi e di figure. E' l'avventurosa storia del cinema rifatta con flagranza. La flagranza dell'immediatezza tipica delle immagini in movimento: il cinema anche quando racconta episodi del passato, è sempre al presente. Di questa presenza Edwards si avvale quasi con struggimento, ma non fa l'errore di osannare i bei tempi passati rimpiangendoli come i migliori. Anzi, pregi e difetti scaturiscono dal suo lntrigo a Hollywood: una Hollywood osservata quasi al microscopio con la lente d'ingrandimento: nulla gli sfugge. Così l'epopea e il mito sono filtrati e moderati da una coscienza adamantina. Per Edwards, è chiaro, non c'è mai stata un' epoca d'oro a Hollywood, nè Eldorado. Hollywood e il suo mondo diamantino sono stati sempre un ricettacolo di corruzione, un grande focolaio d'infezione. Ma questo è il miracolo: proprio in quest'ombelico di perversione è nato e cresciuto il cinema. Il migliore. Forse Edwards vorrebbe vedere migliore anche il sistema di lavoro e più corretti gli spazi di relazione. E' utopia. Ed è per questa speranza utopica che Edwards insiste nella critica e nella denuncia.

Carlo Scarrone, Segno Cinema n. 35 novembre 1988

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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