Tutto parla di te
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Regia: | Marazzi Alina |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Alina Marazzi e Dario Zonta con la collaborazione di Daniela Persico; fotografia: Mario Masini; montaggio: Ilaria Fraioli; scenografia: Petra Barchi; costumi: Bettina Pontiggia; musiche: Dominik Scherrer e Ronin; suono: Vito Martinelli; interpreti: Charlotte Rampling (Pauline), Elena Radonicich (Emma),Valerio Binasco (Valerio), Maria Grazia Mandruzzato (Angela); produzione: Mir Cinematografica-Ventura Film con Rai Cinema-Rsi - Radiotelevisione Svizzera, con il contributo di Mibac - Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Eurimages-Repubblica e Cantone Ticino-Filmplus della Svizzera Italiana in associazione con Fip - Film Investimenti Piemonte-Intesa San Paolo-Contrasto, con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte; distribuzione: Bim; origine: Italia-Svizzera, 2012; durata: 83’. |
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Trama: | Pauline (Charlotte Rampling) torna a Torino - sua città natale - per la prima volta dopo molti anni e riprende contato con Angela (Maria Grazia Mandruzzato), conosciuta all’estero tempo prima, e che ora dirige un Centro per la maternità. Qui Pauline intraprende una ricerca sulle esperienze e i problemi delle mamme di oggi, a partire da testimonianze, video, fotografie raccolte da Angela. Tra le mamme che frequentano il Centro c’è Emma (Elena Radonicich), una giovane danzatrice, bella e sfuggente, in crisi profonda: non sa come affrontare le responsabilità cui la maternità la costringe, vede la sua vita a un punto fermo, si sente sola e incapace. Tra le due donne si sviluppa un rapporto di complicità che in un gioco di rispecchiamento porterà Pauline a fare i conti con il proprio tragico passato e permetterà a Emma di ritrovare un senso di sé anche nella sua nuova identità di madre. |
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Critica (1): | Ero con mio figlio appena nato quando una donna mi si avvicinò dicendomi con un sorriso: “Che belli i bambini quando sono in braccio agli altri”. Una frase all’apparenza banale che mi fece riflettere sulla conflittualità che può manifestarsi nel rapporto madre-figlio.
Ogni madre conosce quel sentimento in bilico tra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino. Una tensione dolorosa da vivere e difficile da confessare, perché va contro il senso comune di quel legame primordiale. Con questo film ho voluto raccontare l’ambivalenza del sentimento materno e la fatica che si fa ancora oggi ad accettarla e affrontarla. Per restituire la complessità di questo sentimento ho voluto integrare la fiction con materiali diversi: filmati d’archivio, animazioni, elementi documentari, con i quali evocare i vari livelli emotivi che questa tensione muove in chi la vive.
(Alina Marazzi dalle note di regia) |
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Critica (2): | La regista Alina Marazzi torna al cinema presentando alla settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma: "Tutto parla di te", un’opera che studia, registra ed osserva il tema della depressione post partum e del conflitto che si crea fra una madre e il proprio figlio. Un tema complesso e difficile, di cui i media parlano poco se non a causa di qualche drammatico atto di cronaca, qui è trattato con delicatezza, ma al tempo stesso utilizzando gli stilemi tipici del documentario inframezzandoli con metafore e simbolismi.
Non sempre la maternità implica un momento di gioia, molto spesso le donne sono disorientate, si sentono sole e non sono pronte ad affrontare il cambiamento di vita che comporta la presenza di un neonato, bisognoso di cure. Con occhio scevro e sincero vengono raccontate le fasi e i sintomi di questo disturbo dell’umore che colpisce quasi il 20% delle donne nelle prime settimane dopo il parto.
Il documentario, la ricerca e l’analisi sono mascherate e inframezzate qua e là durante il lungometraggio e fanno da supporto alla storia di Pauline che torna a Torino dopo aver vissuto per tanti anni all’estero. Ritorna nella vecchia casa di famiglia piena di ricordi dolorosi e di oggetti che evocano momenti difficili e nel frattempo svolge una ricerca su questo disturbo. Va a trovare la sua vecchia amica Angela che dirige un centro assistenza per la maternità che la mette in contatto con diverse neo-mamme che sembrano avere un difficile rapporto con il loro bambino, e fra tutte Emma, una giovane ballerina, sembra protendere verso l’autodistruzione. Emma in particolare è soffocata dalle responsabilità di essere madre, dai sensi di colpa per non riuscire ad amare il figlio come vorrebbe e dal fatto che è stata costretta a lasciare il corpo di ballo a causa della gravidanza. Notando lo stato di "frustrazione" della ragazza, Pauline decide di aiutarla e tenta di diventare una sorta di punto fermo nella vita di Emma, quasi un "confessore" capace di ascoltare, senza giudicare e proprio grazie a questo ruolo la stessa Pauline riuscirà a fare i conti con il proprio passato e la propria infanzia.
Attraverso una regia frammentaria costruita da narrazione, interviste e filmati in bianco e nero si sviluppa l’analisi che tenta di sensibilizzare lo spettatore a questa tematica così poco conosciuta, ma al tempo stesso cerca di coinvolgere emotivamente lo spettatore affrontando tutto con una visione oggettiva, originale che a volte acquista delle sfumature oniriche. “Tutto parla di te” è un mix di diversi generi poiché per alcuni aspetti sembra riprendere a piene mani dalle fiction e dalle tragedie, ma ha in sé diversi piani di lettura costituiti sia dai filmati in bianco e nero sia dalle interviste. Tutto viene mescolato con arte riuscendo ad incastrare e fondere insieme materiali decisamente eterogenei, ma non vi sono stacchi, ne zone d’ombra, solo sfumature di incertezza e disagio, di speranza e di luce.
Federico Di Bartolo, filmup.it |
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Critica (3): | In che modo si è confrontata su questo tema con le attrici che ha scelto?
«Charlotte Rampling è madre anche lei di due figli, ormai grandi, e dunque conosce l"'avventura" materna. Elena Radonicich, molto più giovane, non è ancora madre: mi interessava la maniera in cui avrebbe correlato lo spaesamento naturale di lavorare sul set con un bambino in grembo e il suo ruolo di fiction, quello di una madre tormentata. C'è riuscita molto bene».
Perché ha integrato la fiction cinematografica con materiali diversi come filmati d'archivio, animazioni, elementi documentari?
«Provengo da un linguaggio che conosco bene come quello del documentario e il tema del film era difficilmente spiegabile solo con la fiction. Le testimonianze dirette che ho raccolto raccontano, in una sorta di controcanto, le sensazioni in precario equilibrio di molte mamme».
Quanto è importante per una donna poter condividere il peso della responsabilità con un compagno adeguato, soprattutto in momenti di grande fragilità?
«Tantissimo. Il film è idealmente rivolto anche agli uomini che diventano padri: un figlio è una responsabilità per entrambi ed anche quello dei genitori è un ruolo che si impara strada facendo».
Livio Costarella, La Gazzetta di Bari, 8/3/2012 |
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Critica (4): | |
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