Domani accadrà
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Regia: | Luchetti Daniele |
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Cast e credits: |
Soggetto: Franco Bernini, Carlo Mazzacurati, Angelo Pasquini; sceneggiatura: Daniele Luchetti, Franco Bernini, Angelo Pasquini, Sandro Petraglia (collaborazione); fotografia: Franco Di Giacomo; musiche: Nicola Piovani; montaggio: Angelo Nicolini; scenografia: Leonardo Scarpa, Giancarlo Basili; costumi: Marina Sciarelli, Alberte Barsacq; effetti: Ottica Zed; interpreti: Paolo Hendel (Lupo), Giovanni Guidelli (Edo), Margherita Buy (Vera), Claudio Bigagli (Diego del Ghiana), Quinto Parmeggiani (Conte Enea Silvio di Lampertico), Ciccio Ingrassia (il brigante Gianloreto Bonacci), Giacomo Piperno (Cesare del Ghiana, il padre), Dario Cantarelli (Abate Flambart), Ugo Gregoretti (Marchese Lucifero Ombraviva), Nanni Moretti (Matteo, il carbonaio),
Gianfranco Barra (Brago), Angela Finocchiaro (la duchessa Lady Romena), Agnese Nano (Marchesina Allegra Ombraviva), Antonio Petrocelli (Terminio); produzione: Nanni Moretti e Angelo Barbagallo per Sacher Film, So.Fin.A., Rai-Radiotelevisione Italiana; distribuzione: Cineteca Nazionale; origine: Italia,1987; durata: 92'. |
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Trama: | Toscana 1848. Dopo aver tentanto una rapina, Edo e Lupo, due butteri, abbandonano la Maremma in fuga senza una meta precisa. La loro fuga diventa un itinerario di conoscenza e di educazione, prima divisi, poi ricongiunti, sempre braccati da Diego Del Ghiana, figlio del padrone ai danni del quale i due hanno tentato il furto e da un gruppo di disertori dell'esercito austro-ungarico trasformati in mercenari cacciatori di taglie. |
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Critica (1): | (...) Domani accadrà, a dispetto dell'enfasi della post-modernità che ha occhieggiato un po' dappertutto, dall'estetica alla politica, negli ultimi anni, è un film pienamente iscritto nella modernità. È proprio in nome del suo spirito voltairiano che esso costruisce il suo percorso simbolico in un territorio in cui si presuppone che le cose da conoscere e sperimentare siano virtualmente infinite. Lo sguardo dei Taviani, potremmo dire, è una ricaduta del moderno, spossato e interno alla rovina delle utopie, su una concezione primordiale e arcaica che considera come legittimanti e fondanti solo le origini e non la direzione della storia o la sua méta (che del resto è una invenzione ebraica e cristiana: l'avvento del regno di Dio, la cui secolarizzazione è proprio l'idea moderna di Progresso). Quello di Domani accadrà sembra invece il recupero di quello sguardo come era prima delle utopie, ma guardato da un soggetto, noi, che al di là delle utopie ci
troviamo. È insomma un Candido che giudica se stesso con la consapevolezza della maturità ma senza rinunciare a quello spirito immaginario che lo spinse al viaggio.
Sguardo impossibile o contraddittorio? È uno sguardo vergine e pieno di comprensione. Sarebbe stato facilissimo trasformare gli Ombraviva, la famiglia aristocratica e pseudovampiresca i cui componenti dormono solo pochi minuti durante la giornata, in residui emblematici di una decadenza irreversibile, sarebbe bastato attingere alla storiografia che ha dato lo spunto (le famiglie feudali del XVIII sec., in piena decadenza ma ancora pienamente immerse nella cultura e nell'economia di corte), così come sarebbe stato quasi naturale mostrare il lato folle e malato del genio che partorisce Armonia e ogni comunità perfetta: invece sotto gli occhi dei due butteri tutto ciò che la storia si affanna a trasformare in tragico e patetico, si rifonde in una capacità di gioco con il mondo, con il suo spazio cronologico (la storia) e ambientale per il quale tutto può ancora accadere.
Il primo indizio della volontà di comunicazione della bellezza dei mondi che vengono mostrati è il piacere della descrizione delle forme. Le scene del film sono costellate di carrucole e funi, citofoni d'ottone, telescopi e scrittoi portatili, alambicchi, aratri a vapore. In un'epoca in cui il cinema è soprattutto post-produzione ed effetti ottici, Domani accadrà sembra indicare un cinema diverso con i suoi effetti tutti meccanici e realizzati sul set, il gusto della composizione delle scenografie o del lessico dei dialoghi. Altro segno dell'impatto di quello sguardo è la ricchezza percettiva evocata o mostrata dal film. Come nelle favole (ma anche nei trattati scientifici e filosofici del XVIII sec.), grande importanza ha la precisione e la varietà della descrizione delle sensazioni, la pietà per la presunta morte del brigante o il disgusto per le teste d'anguilla, l'ascolto della musica, la paura e la meraviglia, l'innamoramento e i profumi dell'ambra, del muschio e delle tuberose. È un tappeto percettivo che connota il film non meno di quanto facciano la luce e il paesaggio fotografato tra Pat Garret and Billy The Kid e la tradizione figurativa dell'epoca. La scelta di muoversi dalla storiografia alla parabola fantastica riflette pienamente il movimento dello sguardo che slitta nel passato per vedere un futuro ancora indeterminato e da scoprire (la gioia del moderno) ma ritorna continuamente nel presente per descrivere la storicità di ogni utopia, la sua transizione tra il momento innovativo, sistematico, politico, e la sua ricaduta, la diaspora dei suoi protagonisti (Armonia). La scansione di favola e Storia, è in qualche modo nella Storia e nella storia del film e per questo leggerlo con l'obbligo di un discorso sul presente, senza avvertirne la mobilità prospettica, può essere deviante. Il discorso è in realtà nel metodo di quello sguardo. Un regista della fine degli anni 60 si sarebbe sentito nell'obbligo di ricostruire nel film la genealogia di un rinnovamento annunciato e incombente, uno della fine degli anni '70 non avrebbe rinunciato a popolarlo di pulsioni di morte (e chissà che avrebbe combinato la commedia con la fame e il desiderio erotico dei due protagonisti), Luchetti e gli sceneggiatori invece sospingono i due personaggi dentro una ricerca del meraviglioso nello spazio e nel tempo, dentro una pura ricerca di narrazione, che riequilibria e dimensiona regia e sceneggiatura, leggerezza e apertura della messa in scena e articolazione del racconto, lo sguardo della pietà e del dolore e quello della curiosità. Chissà cosa c'è nelle città, oltre il fiume, mentre alle loro spalle, anzi alle nostre, un secolo si spegne.
Mario Sesti, Cineforum n. 273, 4/1988 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Daniele Luchetti |
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