Fiori d'equinozio - Higanbana
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Regia: | Yasujirō Ozu |
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Cast e credits: |
Soggetto: Satomi Ton (poi autore di un romanzo tratto dalla sceneggiatura); sceneggiatura: Noda Kōgo, O.Y.; fotografia: Atsuta Yūharu; luci: Aomatsu Akira; montaggio: Hamamura Yoshiyasu; scenografia: Hamada Tatsuo; musica: Saitō Kōjun; interpreti: Saburi Shin (Hirayama Wataru), Tanaka Kinuyo (Hirayama Kiyoko), Arima Ineko (Hirayama Setsuko), Yamamoto Fujiko (Yukiko), Sata Keiji (Taniguchi Masahiko), Takahashi Teiji (Kōndo Shōtarō), Kuwano Miyuki (Hirayama Hisako), Ryū Chishū (Mikami Shukichi), Naniwa Chieko (signora Sasaki), Watanabe Fumio (Naganuma Ichirō), Nakamura Nobuo (Kawai Toshihiko), Kita Ryūji (Horie Heinosuke): produzione: Shōchiku; distribuzione: Tucker Film; origine: Giappone, 1958; durata: 120’. |
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Trama: | A parole il signor Hirayama è d'accordo con i giovani del dopoguerra, che non accettano più i matrimoni combinati e scelgono da soli con chi sposarsi. Quando però sua figlia Setsuko decide di sposare Taniguchi senza chiedere il suo consenso, Hirayama, offeso, pone il veto. Anche il suo amico Mikami ha problemi con la figlia, che è andata a vivere col fidanzato; Hirayama va a trovarla al bar dove lavora ed è colpito dal suo spirito indipendente. Intanto arriva la signora Sasaki, una garrula albergatrice di Kyoto, amica di famiglia, con la figlia Yukiko. Hirayama - sempre quello che predica bene e razzola male - approva la decisione di Yukiko di non sposarsi subito. Si crea una sorta di alleanza femminile fra Yukiko, Setsuko e la signora Hirayama, che senza aperte ribellioni (anzi, mantenendo l'atteggiamento apparentemente passivo della moglie giapponese tradizionale) muove le fila a favore della figlia.
Infatti Yukiko tende una trappola a Hirayama: fingendo di chiedergli consiglio per sé, lo porta a darle nuovamente ragione circa la libertà di scelta; e quando Hirayama si è incastrato con le sue stesse parole, lei salta su dicendo che telefonerà subito il suo consenso a Setsuko. Anche la signora Hirayama finge di aver creduto che il marito avesse dato il consenso. Hirayama fa il broncio e dichiara che non verrà al matrimonio. Poi però lo fa, seppur controvoglia. Dopo che gli sposi sono partiti per Hiroshima, dove lavora il marito, Hirayama annega i suoi dispiaceri in una festa coi vecchi amici e
commilitoni, ricordando i tempi di guerra. Fra loro c'è Mikami, che ha riagganciato i rapporti con la figlia. In un viaggio di lavoro a Kyoto, Hirayama va a trovare la signora Sasaki e Yukiko. Qui in un colloquio viene manovrato per fargli fare ciò che in realtà desidera: far visita alla figlia e al genero nella loro città. L'uomo prende il treno per Hiroshima, dopo aver telefonato questa decisione alla moglie Kiyoko, che ne è felice. |
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Critica (1): | Nella sua caratterizzazione "ferrea" (qui destinata ironicamente alla sconfitta) il personaggio di Hirayama, interpretato da Saburi Shin, sembra un prolungamento del giovane Toda Shōjirō di Brothers and Sisters of the Toda Family del 1941 (sempre Saburi, ovviamente). Mentre però quello diventava nel corso del film l'incarnazione delle virtù patriarcali giapponesi, questo di Fiori d'equinozio è un patriarca in declino, battuto dalla cospirazione femminile. Se osserviamo la somiglianza tra Hirayama e il giovane Toda di un film del tempo di guerra, appaiono più chiare le allusioni nostalgiche nella seconda parte. Lelemento predominante è però una sottile vena di commedia. Compare qui per la prima volta il divertente terzetto di amici di mezza età che tornerà in Tardo autunno e Il gusto del sakè.
La moglie, interpretata con grande finezza da Tanaka Kinuyo, è un'illustrazione di come le donne giapponesi possano risultare vincenti mentre fingono di attenersi alla loro condizione di sottomissione; laddove le giovani, com'è naturale, sono molto
più dirette. È divertente il fatto che l'aspirante fidanzato di cui Hirayama non vuole sentir parlare, Taniguchi (Sata Keiji), abbia anche lui qualcosa di patriarcale; anzi, col suo viso severo ricorda proprio il giovane Saburi di Toda. Il complicato rapporto fra giovani e anziani, incarnato da Hirayama e Setsuko, viene duplicato in tono di commedia nel rapporto tra la signora Sasaki e sua figlia Yukiko. Non mancano nel film tocchi di umorismo quasi scatologico: quando parla l'inarrestabile signora Sasaki la gente scappa per andare al bagno (Hirayama) o ci va prima per essere pronta (sua moglie).
Fiori d'equinozio è il primo film a colori di Ozu; il regista non intendeva farlo a colori ma glielo chiese la casa di produzione, la Shōhiku, per sfruttare la presenza nel film della star del momento, Yamamoto Fujiko (alla quale, con scelta felice, non tocca il ruolo della figlia ma quello vivace e risolutivo di Yukiko). Ozu fu interessato e scelse l'Agfacolor perché, per citare le sue parole, "Volevo mettere in evidenza il rosso qua e là. Il rosso risulta magnificamente sulla pellicola Agfa". Un bollitore, una radio, una maglia, una borsa, i boccioli dell'amarillide (il "fiore d'equinozio" del titolo) ecc. riempiono il film di macchie rosse.
Fiori d'equinozio riprende il tema della perdita della mascolinità, ponendo il declino del suo protagonista in contrasto con la tranquilla ma indiscussa autorità del padre in Tarda primavera e del marito ne The Flavor of Green Tea over Rice. Benché ambientato in estate, questo è un film dell'autunno, il tempo in cui fiorisce l'amarillide. Caratterizzato come un padre cocciuto, spesso grettamente tirannico, Hirayama rimane privo di potere. Le sue figlie faranno come piace a loro, preferibilmente col suo consenso ma se occorre senza di esso. Sul fronte domestico, Hirayama perde ogni battaglia, salvo quella per spegnere la radio. Per giunta, la sua ostilità verso Taniguchi potrebbe avere una sfumatura di rivalità. Nelle parole di Ozu: "Quando un altro uomo gli porta via la figlia, il padre è geloso e prova qualcosa di fisico e primitivo".
David Bordwell, Ozu and the Poetics of Cinema, British Film Institute, Princeton University Press, London-Princeton, 1988 |
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Critica (2): | Il colore di Fiori d'equinozio ricorda un poco quello di certe produzioni hollywoodiane degli anni Cinquanta, come le commedie di Frank Tashlin. La gamma cromatica è neutra quanto al vestiario. Gli ambienti permangono unificati da uno stesso tono di colore: beige, ocra e marrone in casa di Hirayama, contro l'azzurro delle porte e delle persiane delle finestre nel suo ufficio. Su questo insieme Ozu e il suo operatore abituale Yūharu Atsuta (...) collocano pennellate brillanti, come la teiera rossa accanto a un tatami... Poi, quando Hirayama telefona a sua moglie per annunciarle che andrà a Hiroshima, Ozu compone un'inquadratura emozionata ed emozionante di Kiyoko che guarda verso l'esterno. Il regista poi ci mostra l'immagine dei panni appesi ad asciugarsi al sole: indumenti di colori vivi, un esultante cromatismo per l'inizio di nuovi rapporti fra padri e figli.
Quim Casas, Flores de equinoccio, in "Nosferatu", n° 25-26, diciembre 1997 |
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Critica (3): | Anche sul piano stilistico il film ricorre con frequenza a strategie testuali apertamente ironiche, espressione di un rapporto ludico con la materia. Ciò è evidente nel trattamento del colore (...) e in particolare nell'uso di punti e macchie rosse che, a partire dai titoli di testa, attraversano ostentatamente quasi tutte le scene del film, conferendogli una curiosa dimensione di artificialità. Pensiamo al gioco di spostamenti e trasformazioni a cui è costretto il bollitore rosso di casa Hirayama. Inizialmente è sempre nello stesso posto. Poi, col procedere del film è collocato in diversi punti della stanza. In questo modo si crea per lo spettatore un senso d'attesa puramente pittorico per l'apparizione di questa riconoscibile macchia rossa, che a volte è sostituita da oggetti dello stesso colore (...) o di colore diverso (come una mensolina porta spezie che tuttavia va ad occupare quello che sino a quel momento era stato il posto del bollitore). In sostanza, l'introduzione del colore permette ad Ozu di inserire un nuovo elemento all'interno del montaggio per dominanti e armonici.
Dario Tornasi, Ozu Yasujirō, Il Castoro Cinema, La Nuova Italia, Firenze, 1991 (stampa 1992) |
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Critica (4): | |
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