Killer Inside Me (The) - Killer Inside Me (The)
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Regia: | Winterbottom Michael |
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Cast e credits: |
Soggetto: dal romanzo di Jim Thompson; sceneggiatura: John Curran; fotografia: Marcel Zyskind; musiche: Melissa Parmenter, Joel Cadbury; montaggio: Mags Arnold; scenografia: Rob Simons, Mark Tildesley; arredamento: Jeanette Scott; costumi: Lynette Meyer; effetti: Andrew Newton; interpreti: Casey Affleck (Lou Ford), Jessica Alba (Joyce Lakeland), Kate Hudson (Amy Stanton), Ned Beatty (Chester Conway), Elias Koteas (Joe Rothman), Tom Bower (Sceriffo Bob Maples), Simon Baker (Howard Hendricks), Bill Pullman (Billy Boy Walker), Matthew Maher (Vice Jeff Plummer), Liam Aiken (Johnnie Pappas), Jay R. Ferguson (Elmer Conway), Ali Nazary (Max Pappas), Noah Crawford (Mike); produzione: Chris Hanley, Andrew Eaton, Bradford L. Schlei E Susan Kir per Stone Canyon, Muse, Revolution Production in associazione con Wild Bunch-Curiously Bright Entertainment & Indion Entertainment Group-Bob Film & Film I Vast; distribuzione: Bim; origine: Usa, 2010; durata: 120’. |
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Trama: | Lou ha una serie di problemi. Problemi con le donne, problemi a far rispettare la legge, un numero sempre crescente di vittime di omicidio nella sua giurisdizione nel Texas occidentale. E il fatto che è lui stesso un sadico, uno psicopatico e un assassino. I sospetti iniziano a ricadere su di lui e nel giro di poco tempo resterà a corto di alibi. Ma nel selvaggio, feroce e tetro universo di Thompson, che è più nero di un noir, nulla è mai come sembra e gli investigatori che gli stanno dando la caccia potrebbero anch'essi nascondere un segreto. |
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Critica (1): | Texas, primi anni '50. Lou Ford è il giovane sceriffo di una sperduta contea e, nonostante il salario basso e la prospettiva di una carriera non esaltante davanti a sé, non si risparmia in favori per la sua comunità. Quando su esplicita richiesta del più importante affarista della zona, Chester Conway, viene incaricato di sfrattare Joyce Lakeland, una prostituta che si intrattiene con il figlio del magnate, Lou si reca a casa della ragazza. Gli schiaffi e gli insulti con cui Joyce accoglie l'ingresso dello sceriffo, risvegliano in lui un'indole aggressiva da tempo sopita che lo porta a percuoterla e possederla brutalmente. Da quel momento, i due intraprendono una relazione a base di sesso e violenza sadomaso, finché Joyce non propone a Lou di ricattare il figlio di Conway. Ma Lou decide di modificare il progetto a suo piacimento.
Il vero American psycho non è uno yuppie dei rampanti anni Ottanta che abita in un attico dell'Upper East Side, ma uno sceriffo che amministra la legge nel profondo Texas dei prosperosi Fifties. Come Patrick Bateman, Lou Ford è una scheggia impazzita nella voluttà dei suoi tempi, che reagisce alla noia e alla frustrazione con la violenza più estrema e le più turpi perversioni. La somiglianza tra i due termina qui, perché se il romanzo di Bret Easton Ellis tende a dare una visione mostruosa ed esasperata della superficialità e del vacuo narcisismo dei nuovi ricchi, nel racconto originale “The Killer Inside Me” scritto da Jim Thompson nel 1952 (quindi antecedente di ben quarant'anni il romanzo di Easton Ellis) non c'è alcuna traccia di possibile speculazione pseudo-sociologica. È puro pulp. Come puramente pulp è anche la trasposizione di Michael Winterbottom, che, dopo essere divenuto uno dei registi più quotati nei festival internazionali con un cinema di denuncia sociale, fatto di una cruda ricerca del realismo, nella sua prima incursione americana mette da parte ogni presupposto ideologico e si concentra realmente sulla “polpa”, sulla matericità della sua matrice letteraria.
Dal reale all'iperreale, il regista britannico si conferma un metteur en scène eclettico, ma anche cinico e talentuoso quanto basta per dare al suo film la patina vivida e i colori saturi della grafica dei Fifties. Il suo approccio alla sorgente letteraria è talmente filologico, che il suo film diviene una perfetta sintesi per immagini del romanzo di Jim Thompson, con tanto di titoli di testa fumettistici e colonna sonora a base di pezzi country-jazz. Si immerge talmente tanto nella mente contorta del suo protagonista, da costruire scene di violenza spietata e dirompente, tanto più insostenibili perché perpetrate sul corpo perfetto di Jessica Alba e su quello morbido e dolce di Kate Hudson. The Killer Inside Me non si propone né come un nuovo capitolo del pulp citazionista e “tarantinato”, né come una cavalcata nel neo-noir colto dei Coen. Winterbottom costruisce un universo letterario dove conta solo il piacere del racconto, e dove la violenza, non più finalizzata ad un progetto di ricerca sulle iniquità sociali o le violazioni dei diritti umani, viene utilizzata, piaccia o non piaccia, come forma e contenuto della cultura popolare. E la sua personale “operazione Grindhouse” affascina, turba e coinvolge come solo i grandi racconti sanno fare.
Edoardo Becattini, mymovies |
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Critica (2): | The Killer Inside Me è l’adattamento cinematografico dello splendido romanzo di Jim Thompson. Nel 1955, Stanley Kubrick, che aveva letto L'assassino che è in me lo considera “il piú grande romanzo su una mente criminale che sia mai stato scritto”.
A sette anni di distanza da Cose di questo mondo, l’inglese Michael Winterbottom si dedica alla letteratura americana e cesella un personaggio, preso pari pari dalla pagina scritta, uno psicopatico, una creatura malvagia che a tratti suscita compassione e che in seguito ad un incontro con una donna di cui inizia ad innamorarsi diventa protagonista di una tragedia shakesperiana piena di sangue e di passioni. Il punto di forza di questa pellicola che in alcune atmosfere ricorda i grandi classici dell’hard-boiled e che si affida a lunghi dialoghi sta nell’interpretazione di Casey Affleck, sempre misurato anche quando il suo sceriffo Lou si lascia andare alla violenza. Con un gesto e con un semplice sguardo l’attore riesce ad esprimere a meraviglia il mondo interiore di un uomo che non è ciò che sembra. “Ho letto The Killer Inside Me e quella è stata l’ispirazione, ho pensato che fosse un libro fantastico” – ha affermato il regista – “Mi ha fatto riflettere a lungo su come l’essere umano si comporta e quello che mi ha fulminato è che l’ho trovato in un libro che non aveva bisogno di nessun adattamento. Era già un film, lo dovevo solo trasformare in immagini".
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