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Mio caro dottor Gräsler


Regia:Faenza Roberto

Cast e credits:
Soggetto: dal racconto di Arthur Schnitzler; sceneggiatura: Ennio De Concini, Roberto Faenza; fotografia: Giuseppe Rotunno; musica: Ennio Morricone; montaggio: Claudio Cutry; scenografia: Giantito Burchiellaro; costumi: Milena Canonero, Alberto Verso; suono: Roberto Petrozzi; interpreti: Keith Carradine (dr. Gräsler), Miranda Richardson (Friederike/ Frau Sommer), Max Von Sydow (Herr Shleheim), Kristin Scott-Thomas (Sabine), Mario Adorf (Bohlinger), Sarah-Jane Fenton (Katharina), Mari Töröcsik (Frau Schleheim); produzione: Mario Orfini, per Eidoscope International/Meidapark/Reteitalia; distribuzione: TITANUS; durata: 113; origine: Italia/Ungheria, 1990.

Trama:Il dottor Gräsler, medico termale, lavora d'estate in Europa, d'inverno a Lanzarote, un'isola di fronte al Marocco.
Ha un legame assai profondo, quasi di coppia, con la sorella maggiore, che un giorno, tornando a casa, trova morta impiccata, senza apparente motivo. Tormentato da quel mistero, smarrito senza quella presenza protettrice, preda di una indecisione continua, esita fra tre donne. Nel finale, ad impadronirsi di lui sarà una vedova, un po' sciocca un po' astuta, fisicamente somigliante alla sorella morta, forse una carceriera, forse una salvatrice.

Critica (1):Il dramma di un uomo senza qualità. Le eccitazioni improvvise, le viltà, le fantasticherie sugli incontri fuggevoli. Il dolce enigma, le sirene delle possibilità, l'insostenibile debolezza dell'essere. Un protagonista che vede sciogliersi i nodi, ma anche la compattezza della propria vita. Prima la passione, poi l'acquiescenza, nel continuo aggiustamento del tiro, nel continuo dimenticare, cinicamente, la pagina precedente del libro della vita. Nel farsi piacere il luogo verso cui il destino ci rende più facile scivolare, nella incapacità di fare propria la propria vita. E' il tema del Dottor Gräsler, medico termale, il racconto di Arthur Schnitzler - apparso nel 1917 - da cui il film è tratto. Ed è uno dei temi più frequentati dallo scrittore viennese contemporaneo di Freud, che arrivò alla psicoanalisi dalla porta di servizio della letteratura, invece che dalla ricerca medica (che, in verità, aveva non poco di letterario, di avventuroso, di romanzesco) di Freud. Ma la forza di poco edificanti pensieri sottocutanei della società borghese, il magma vorticoso, la fluidità egoista e imprevedibile dei pensieri, soprattutto di quelli sessuali, delle associazioni di idee, la giostra dei simboli che girotonda nella mente in una frazione di secondo, in una parola il pulsare dell'inconscio dietro la facciata di ogni esistenza agitano la scrittura di Schnitzler così come quella freudiana. Il regista Faenza (un po' un dott. Gräsler del cinema: nato artisticamente sotto l'ala del '68, poi variamente sospinto e frenato nel suo volo da venti contrastanti, brezze temporanee, modi e mode discutibili) rende affascinante il dramma di questa vita scritta sull'acqua. Ambientato in un inizio '900 mitteleuropeo che può apparire viscontiano al primo colpo d'occhio: operistico, termale, sussiegoso e contegnoso nei baffi di Keith Carradine e nella pieghetta alla Dirk Bogarde del suo zigomo, ma che non potrebbe essere più distante nella dinamica psicologica.
Là travolgenti passioni, qui passioni immaginate, frenate, lasciate franare e cadere.
Non più giovane, ma bello, dai modi delicati e gentili, Gräsler vive come una iniziazione all'età adulta il suicidio della sorella, con la quale viveva in una sorta di simbiosi. Adesso, attraversa ogni mattino le sue Terme iridescenti di smeraldini riflessi, grotta illusoria di presenze femminili nude e grondanti, di Sirene, come se la vita gli spalancasse davanti il menù. Dopo, però, dovrà bere tutto il calice della propria abiezione, e di quella altrui. Vedrà donne chiamarlo, annaspando nella loro solitudine, non saprà distinguere le migliori dai vuoti a perdere. E andrà a tentoni dimenticando ad ogni passo l'istante precedente, come molti dei personaggi morbidamente cinici di Schnitzler.
Personaggi qui magnificamente interpretato da Keith Carradine affascinante e distratto turista dell'esistenza, nella sua incoscienza docile, a Max von Sydow, infantilmente vitale da vecchio quanto, da giovane, era stato remoto e senza età. E che tocco ha Faenza nel disegnare gli imbarazzi, le indecisioni, i fuochi delle cose nate morte: come nella improponibile luna di miele in casa, fra Carradine e la popolana Sarah-Jane Fenton, che interpreta con consapevole trasporto e malinconia il personaggio del süssel Mädel, della dolce fanciulla del popolo, vitale, istintiva e pronta al sacrificio. E Carradine/Gräsler l'ama, o forse la sopporta, e ne desidera le carezze, con quella tenerezza e quella generosità non del tutto sincere, né del tutto insincere che colorano i nostri rapporti quasi d'amore.
E che senso dell'indiavolato valzer delle cose, che rende superfluo ciò che ieri sembrava indispensabile, come se gli entusiasmi avessero sempre impressa la data di scadenza; e rende sbagliate, al momento sbagliato, le migliori persone, per un lievissimo scarto di ritmi e tempi del destino. Mio caro dottor Gräsler é un film adulto sui capricci dell'uomo e su quelli del destino. Sugli inattesi regali delle seduzioni improvvise, su quegli incontri in cui, mille volte al giorno, la nostra vita potrebbe cambiare direzione come una bandiera al vento. E' un film sull'incoerenza, sul nostro continuo fare un fagotto di quello che abbiamo desiderato e pensato fino ad un istante prima, per fare posto al momento futuro. S u quella follia dannatamente "normale", su quei rivolgimenti sottocutanei che lasciano spesso tracce assai lievi sul volto di quella società borghese che veniva analizzata negli stessi anni, un modi diversi, negli studi di Freud e nelle pagine di Schnitzler. E che, poi é la nostra.
Giovanni Bogani, SEGNO CINEMA n, 45 settembre ottobre 1990

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Critica (4):
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