Metro Manila
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Regia: | Ellis Sean |
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Cast e credits: |
Soggetto: Sean Ellis; sceneggiatura: Frank E. Flowers, Sean Ellis; fotografia: Sean Ellis; musiche: Robin Foster; montaggio: Richard Mettler; costumi: Ian Traifalgar; interpreti: Jake Macapagal (Oscar Ramirez), Althea Vega (Mai Ramirez), John Arcilla (Ong), Ana Abad-Santos (Dora Ong), Mailes Canapi (Charlie), Moises Magisa (Buddha), Erin Panlilio (Angel Ramirez), JM Rodriguez (Alfred Santos), Reuben Uy (J.J.); produzione: Sean Ellis, Mathilde Charpentier per Chocolate Frog Films; origine: Gran Bretagna-Filippine, 2013, durata: 115'. |
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Trama: | Oscar Ramirez conduce una misera esistenza con la sua famiglia nelle risaie del nord delle Filippine. In cerca di un futuro migliore, i Ramirez si trasferiscono quindi a Manila. Sulle prime non è facile districarsi nel caos della giungla metropolitana, ma poi Oscar ottiene un impiego come autista di camion blindati, riuscendo anche a conquistare la fiducia e l'amicizia del suo responsabile, Ong. Tutto sembra andare per il meglio fino a quando Oscar scopre di essere coinvolto in una situazione piuttosto pericolosa... |
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Critica (1): | (...) Il film è la storia di una coppia, Oscar e Mai Ramirez, che si vedono costretti ad abbandonare il nord delle Filippine, dove il lavoro nelle risaie scarseggia, per cercare un futuro migliore a Manila. La capitale, però, si mostra subito insidiosa e soffocante, li travolge, rendendoli facili prede di manipolazioni. Incinta e con due bimbe da accudire, Mai diviene ballerina in un bar di striptease, mentre Oscar trova un’occupazione come portavalori presso una società che registra un alto tasso di mortalità.
Il film è divisibile in due tronconi: una prima parte sociologica, girata a Nord del Paese, in cui Ellis si concentra sui legami familiari, sull’intesa tra Oscar e Mai, sul sacrificio richiesto quotidianamente dal menage domestico, e una seconda parte, tutt’altro che bucolica, ambientata nella selva urbana: il vero e proprio thriller. In effetti, Metro Manila si presenta come un thriller, con delle svolte narrative, un intrigo, una valigetta scomparsa, dello spionaggio, eppure la storia è lenta a decollare. Forse sarebbe stata utile un’ulteriore revisione della sceneggiatura, per rendere più fluido il passaggio tra la prima e la seconda parte e snellire quest’ultima, in alcuni punti eccessivamente didascalica.
Per la sua prima opera girata all’Estero, Ellis confeziona un ritratto di Manila teso e opprimente, o meglio, fotografa l’imperialismo immorale del capitalismo, in grande e piccola scala.
La capitale è brulicante, le facciate grigie dei palazzi sono state ingiallite da filtri, i personaggi sono madidi di sudore e ripresi da una telecamera pesante. La miseria della coppia contadina porta i Ramirez nella bidonville di Quezon City, nella zona nord-est della città, dove i due si fanno truffare dagli scaltri residenti, che sanno gestire il denaro molto meglio di loro. Manila è una darwiniana selezione naturale: gli ingenui sono destinati a soccombere, sebbene la coppia cerchi di non perdere mai la fiducia riposta in Dio.
Girato in tagalog, una delle centosettanta lingue parlate nelle Filippine, il film è quasi privo di accompagnamento musicale. I sottotitoli sono d’obbligo e l’audio originale, funzionale all’obiettivo del regista, ci riporta ad un altro aspetto del capitalismo, il colonialismo. Se è vero che il tagalog registra fortissime influenze dal francese e dallo spagnolo, allora il flusso linguistico ipnotico del film viene interrotto da parole a noi comprensibilissime, come bicicletta, libro, agosto. Sean Ellis fa sentire lo spettatore ricco e sporco, nel suo confortevole quotidiano.
Close-up.it |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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