Killer Joe
| | | | | | |
Regia: | Friedkin William |
|
Cast e credits: |
Soggetto: dalla pièce teatrale omonima di Tracy Letts; sceneggiatura: Tracy Letts; fotografia: Caleb Deschanel; musiche: Tyler Bates; montaggio: Darrin Navarro; scenografia: Franco-Giacomo Carbone; arredamento: Alice Baker; costumi: Peggy Schnitzer; effetti: Digital Post Services; interpreti: Matthew McConaughey ("Killer" Joe Cooper), Emile Hirsch (Chris Smith), Juno Temple (Dottie Smith), Thomas Haden Church (Ansel Smith), Gina Gershon (Sharla Smith), Marc Macaulay (Digger Soames), Graylen Banks (proprietario Pizza), Carol Sutton (commessa), Danny Epper (agente federale) Jeff Galpin (motociclista teppista) Gregory C. Bachaud (Filpatrick) Charley Vance (predicatore) Scott A. Martin (Scott Martin, gestore Pizza), Julia Adams (Adele) Sean O'Hara (Rex); produzione: Voltage Pictures/Ana Media, in associazione con Worldview Entertainment, Picture Perfect Corporation; distribuzione: Bolero Film; origine: Usa, 2011; durata: 102’. Vietato 14 |
|
Trama: | Per liberarsi della madre che gli ha causato un grave danno, e oltretutto intestataria di una polizza assicurativa sulla vita, il giovane spacciatore Chris e suo padre Ansel si rivolgono a "Killer" Joe Cooper, un assassino prezzolato, ma con maniere da gentiluomo, che si dimostra disponibile a risolvere la faccenda dietro lauto compenso anticipato. I due committenti sono a corto di denaro, ma Joe accetta come 'caparra' la compagnia di Dottie, l'innocente sorellina di Chris. Tuttavia, al momento di riscuotere il premio dell'assicurazione, Chris scoprirà che la madre gli ha giocato un brutto tiro e lo stesso Joe dovrà usare la sua abilità di investigatore per arrivare alla verità e far pagare a tutti il prezzo dovuto... |
|
Critica (1): | William Friedkin nel cinema americano ci ha dato delle soddisfazioni decisamente importanti provocandoci però anche non poche delusioni. (...) Di recente, un suo film, 'Bug', anziché in sala, dove non è mai arrivato, l'ho visto, sempre deluso, solo in homevideo e vi faccio riferimento adesso unicamente perché tratto da un testo teatrale di Tracy Letts che ha ispirato con un altro suo testo anche il film di oggi rivelando quel gusto per la violenza, per il sangue e per le più laceranti ossessioni appannaggio da anni del cinema di Friedkin. (...) Lo sfondo teatrale si sente e così lo schema dei tre atti, però proprio nell'esporci il terzo, il più statico, Friedkin ha mostrato di saper maneggiare il cinema con i suoi soliti eccessi, ma anche con impeti fortissimi. Le immagini, affidate a ritmi ossessivi e tenute sui personaggi fino quasi a soffocarli, senza riscattare una storia in alcuni momenti decisamente sgradevole, riescono comunque a proporla in cifre di buia disperazione, specie alla luce di quei degradati rapporti familiari non lontani in qualche momento da un orrore reso anche più atroce da un commento musicale esasperato fino all'incubo. Il killer Joe è Matthew McConaughy, ('Magie Mike' di Soderbergh), Chris è Emile Hirsch ('Into the Wild' di Penn), la sorella ceduta come caparra è Juno Temple (Il cavaliere oscuro di Nolan). Tutti plausibili, specie il primo.
Gian Luigi Rondi, Il Tempo Roma, 11/10/2012 |
|
Critica (2): | (...) il regista William Friedkin, lo stesso di «Il braccio violento della legge»e «L'esorcista», a 73 anni suonati è ancora in grado di mettere in scena con impeccabile coerenza un noir torbido, feroce, nichilista nonché titolare di un ventaglio di sequenze che andranno dritte nel pantheon del genere. Tanto per andare al sodo, per esempio, non è un caso che l'umiliazione sessuale inflitta in sottofinale con l'ausilio di un trancio di pollo sia diventata subito di culto grazie ai festival e ai paesi in cui Friedkin ha già divulgato il suo pulp senza via di scampo. Parafrasando un capodopera ambientato nelle stesse lande potremmo dire che «non è un film per vecchi», ma il gioco non regge perché il Texas dei Coen, al confronto, fa la figura di un allegro paese da operetta: le morbose complicità familiari, i ferini rapporti tra maschio e femmina, le giungle sociali darwiniane e le oscene dinamiche dell'odio e la vendetta trasmettono – in quest'adattamento di una pièce teatrale del premio Pulitzer Tracy Letts – un sentore di disfacimento, un incubo malsano, un'ondata di nausea che, come abbiamo premesso, elettrizzeranno tanti spettatori quanti ne offenderanno irrimediabilmente.
Che meschini farabutti si ritrovano nella roulotte in cui vegeta la pseudo-famiglia Smith... Il giovane spacciatore Chris è nei guai sin dall'inizio, ha un bisogno disperato di soldi ed è – letteralmente – disposto a uccidere la mamma per fare fronte ai criminali che lo braccano; la sorella Dottie è una ninfetta mezza scimunita; il padre Ansel è un bestione ottuso e la sua nuova convivente Sharla, una spudorata bagascia che lo domina sotto tutti gli aspetti. Uno sgangherato progetto criminoso potrà forse unirli, perché tutti i loro (meritati)guai sarebbero risolti mettendo le grinfie sudi un'assicurazione sulla vita che ai cinéfili evoca d'emblé «La fiamma del peccato». Ed ecco entrare in scena il deus ex machina, un poliziotto dai modi gentili e l'aria sinistra conosciuto come «Killer Joe» in quanto arrotonda lo stipendio eliminando persone a pagamento: il film ruota tutto attorno all'interpretazione di MatthewMcConaughey, finora idolatrato come sex symbol, ma
qui davvero straordinario per la forza luciferina che immette nelle sempre più scioccanti performance da sadico e depravato. La rappresentazione di un’ umanità stolta e degenerata promette inscindibili acini di sgomento/divertimento, precedute da dialoghi crepitanti come pallottole e svolte narrative sino a un certo punto sorprendenti, perché si percepisce subito la sensazione che tutto può succedere nei corruschi bagliori della fotografia di Caleb Deschanel, negli scatti metallici del montaggio e nella scenografia come putrefatta dal caldo e costantemente minacciata da un temporale incombente. Come succede nei film in senso ampio «sovversivi», le figure più ripugnanti diventano grandiose grazie alla dedizione pressoché spasmodica degli interpreti: a parte l'orrido sbirro, persinogli indignati non dimenticheranno facilmente la sventatezza masochista di Emile Hirsch («Into the Wild»), il grugno da bifolco faulkneriano di Thomas H. Church, le movenze inquietanti della bambina in ostaggio Juno Temple e soprattutto la presenza di Gina Gershon, che sin dal prologo si spiega a colpi di mascara disciolto e camicia da notte che arriva a stento all' ombelico.
Valerio Caprara, Il Mattino, 12/10/2012 |
|
Critica (3): | |
|
Critica (4): | |
| |
| |
|