Scafandro e la farfalla (Lo) - Scaphandre et le papillon (Le)
| | | | | | |
Regia: | Schnabel Julian |
|
Cast e credits: |
Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Jean-Dominique Bauby; sceneggiatura: Ronald Harwood; fotografia: Janusz Kaminski; montaggio: Juliette Welfling; scenografia: Laurent Ott, Michel Eric; costumi: Olivier Bériot; interpreti: Mathieu Amalric (Jean-Dominique Bauby), Emmanuelle Seigner (Céline Desmoulins), Marie-Josée Croze (Henriette Durand), Anne Consigny (Claude), Patrick Chesnais (Dott. Lepage), Niels Arestrup (Roussin), Olatz Lopez Garmendia (Marie Lopez ),Jean-Pierre Cassel (Padre Lucien), Marina Hands (Joséphine), Max von Sydow (Papinou), Emma de Caunes (Impeatrice Eugénie), Hiam Abbass (Betty), Franck Victor (Paul), Théo Sampaio (Théophile), Fiorella Campanella (Celeste), Agathe de la Fontaine (Inès), Isaach De Bankolé (Laurent), Zinedine Soualem (Joubert), Jean-Philippe Écoffey (Dott. Mercier), Françoise Lebrun (Sig.ra Bauby); produzione: Pathé Renn Productions-France 3 Cinéma-The Kennedy/Marshall Company; origine: Francia-Usa, 2007; durata: 112'. |
|
Trama: | Il film è ispirato al romanzo omonimo ed autobiografico di Jean-Dominique Bauby, giornalista e capo redattore della rivista francese Elle, divenuto improvvisamente disabile a causa di un ictus.
Nel 1995 Bauby fu colpito da ictus con una sindrome rara che prima lo gettò in un coma profondo e poi lo rese immobile, lasciando lucida e perfettamente consapevole la sua mente.
Immobile e incapace di parlare, il giornalista non si perse d'animo, decidendo di dettare lettera per lettera, con uno stratagemma, la storia custodita nel suo corpo. |
|
Critica (1): | Dopo avere vinto il premio per la miglior regia a Cannes ed avere consentito al suo autore Julian Schnabel di essere nominato al premio Oscar, esce anche in Italia Lo scafandro e la farfalla.
Un gioiello prezioso per il cinema moderno in cui la macchina da presa del regista si sostituisce all'anima del protagonista per raccontare il suo lento, ma non del tutto inesorabile affondare nella malattia, senza, però, toccare mai la disperazione.
Una pellicola stilisticamente elegante e visivamente ineccepibile in cui il pubblico si trova al posto del protagonista, di cui percepisce pensieri ed emozioni, e di cui arriva idealmente a percorrere il viaggio emotivo e spirituale fino alla fine.
A differenza del tanto cinema, pur rispettabile, legato al tema della malattia, Lo scafandro e la farfalla non è, però, il racconto agiografico o semplicistico di una guarigione o di una battaglia persa, bensì una riflessione esistenzialista e visionaria sulla joie de vivre condita dall'umorismo e dalla determinazione di un uomo pronto, forse, per la prima volta nella sua vita, a restare in compagnia di se stesso.
Un film che, idealmente, riprende il lavoro che Schnabel aveva portato avanti con lo straordinario Prima che sia notte in cui la vita del poeta cubano Reinaldo Reinas, prendeva un'altra dimensione, scontrandosi con la tirannia castrista e la repressione dell'identità e dell'omosessualità dell'artista.
Simile nel suo desiderio continuo di libertà, ma - paradossalmente - più leggero ed estremamente sensuale, Lo scafandro e la farfalla è tratto dal libro di Jean Dominique Bauby, giornalista e redattore capo di Elle, che, dall'8 dicembre 1995 ha condotto un'esistenza di grande disabile; di "vegetale", come dicevano alcuni, o di "mutante", come a lui piaceva definire se stesso. È morto in seguito a un arresto cardiaco il 9 marzo 1997, all'età di 45 anni, pochi giorni dopo aver visto pubblicato il suo racconto che, in un certo senso, è una autobiografia poetica dalla forte vocazione psicologica e filosofica. "La sua immaginazione" spiega Julian Schnabel "è diventata il suo corpo anche quando era costretto a letto. Lui non era realmente lì, perché il suo corpo spirituale e la sua mente erano altrove."
Bauby è stato colpito improvvisamente da una particolare forma di ictus che immobilizza il corpo lasciando lucida e perfettamente consapevole la mente: una sindrome rara ed estremamente grave che lo getta in un coma profondo da cui esce dopo molti giorni completamente paralizzato. Dopo l'impatto traumatico iniziale con questa nuova realtà, Bauby ha ripreso con gran fatica le comunicazioni con il mondo esterno. Lo scafandro non ha impedito alla farfalla di uscire, di comunicare, di ricordare la vita vissuta (sempre più lontana e indistinta, quasi come un sogno) e di raccontare le sue sensazioni, le sue disperazioni ma anche le aspettative, le speranze e i rari momenti di felicità. "Penso che l'unica maniera per fare un film, dipingere un quadro, scrivere un libro sia quella di essere molto personali. Jean-Dominique Bauby è stato in grado di creare un corpo al di fuori del suo lavoro, dei suoi dolori, dei suoi pensieri. Ha trasformato se stesso e tutto ciò che lo circondava in un libro." Continua Julian Schnabel che oltre ad essere un importante cineasta è anche uno degli artisti moderni più affermati. Commovente e profondamente toccante sul piano umano e spirituale, Lo scafandro e la farfalla è un film fedele allo spirito del libro, di cui celebra in termini visivi, l'ironia e - al tempo stesso - la lucidità analitica.
Bauby, infatti, uomo perfettamente inserito nel jet set e nella moda parigina, da un giorno all'altro, si è trovato costretto a vivere in un letto. Senza, sostanzialmente, potere fare nulla, il suo corpo era diventato la prigione del suo spirito. Immobile, paralizzato, bloccato, Bauby poteva soltanto ricordare e meditare. L'unica parte del suo corpo ancora "dominabile" era una palpebra, quella dell'occhio sinistro. E con quella, grazie alla collaborazione di due avvenenti dottoresse, 'dedicate' e affascinanti, riesce a stabilire un faticoso, ma 'funzionale' sistema di comunicazione. Attraverso un codice alfabetico semplificato, Bauby, di cui lo spettatore ascolta sempre la voce off in grado di comunicare pensieri ed emozioni, è riuscito non solo a parlare, in un certo senso, di nuovo, ma - soprattutto - a raccontare (come un palombaro, da qui l'allusione allo scafandro...) la sua esperienza e le sue riflessioni sull'esistenza. Quindici mesi o poco più descritti attraverso il battito del ciglio: interessanti e commoventi 'riflessioni dal profondo' che Schnabel sfrutta per raccontare un punto diverso di riflessione sull'esistenza. Ogni sbattimento della palpebra, una lettera dell'alfabeto fino ad arrivare a quella giusta, annotata su carta da una delle donne che lo hanno 'salvato' . Se non lui in carne e ossa, il suo spirito, la sua anima, raccontata come mai prima in un contatto solitario, silenzioso, unico: tra sogno e ambizione, tra speranza e joie de vivre. Come un battito d'ali di farfalla, Bauby ha contato ogni singola lettera del suo libro, descrivendo i moti della sua anima, ma - soprattutto - la sua voglia di vivere, di amare, di mettere ancora una volta la bellezza al di sopra del buio. Tutt'altro che deprimente o drammatico in senso melanconico, Lo scafandro e la farfalla è un film in cui non manca l'umorismo, necessario secondo Schnabel, a rendere fino in fondo lo spirito non solo dei grandi artisti, ma di tutti gli esseri umani che si confrontano con i grandi quesiti 'irrisolti' dell'esistenza: "È un soggetto importante da raccontare e da mostrare alla gente. Ho ritenuto di molto valore combinare una grande profondità espressiva e senso dell'umorismo. "Aggiunge Schnabel "L'umorismo, l'ottimismo con cui intrattengo il pubblico nel mio film sono quelli che hanno consentito a Bauby di sopravvivere alla disperazione e di lasciarsi andare allo sconforto. Del resto se tu non hai il senso dello humour in situazioni del genere sei davvero finito."
Marco Spagnoli, Primissima |
|
Critica (2): | |
|
Critica (3): | |
|
Critica (4): | |
| Julian Schnabel |
| |
|